Spettacolo

La cultura è ossigeno per l’economia dell’Italia

rosa_in_bronzo_assen_peikovSono molti i motivi che hanno indotto l’Agis Lazio ad indire ed organizzare un interessante e vivace convegno sulla Cultura, ma uno prevale su tutti, la volontà di tutelare il settore dello Spettacolo dal Vivo nel Lazio, in cui operano oltre 1800 imprese che danno lavoro, direttamente o indirettamente, ad almeno 27 mila persone, coinvolgendo quasi 6 milioni di spettatori per un volume di affari di oltre 140 milioni di euro.

Questo anche per ribadire la necessità che la “Cultura” venga posta al centro delle nuove strategie economico politiche nazionale e locali. Non è un caso che molti osservatori stranieri si meraviglino del fatto che proprio noi “italiani” teniamo in così poco conto la cultura come fattore di sviluppo. Eppure il nostro paese è strangolato da una crisi economica devastante, dove regna sovrana la cassa integrazione e la disoccupazione. Il settore industriale dell’auto ha visto ridursi, nel primo trimestre 2012 il 30% delle immatricolazioni automobilistiche, il settore manifatturiero è in forte calo. In tutto il mondo  si inizia a guardare alle industrie culturali e creative come a uno dei settori che potranno esercitare nei prossimi anni una spinta trainante sul sistema economico.

Solo l’Italia fa eccezione. Da noi la cultura è sempre e soltanto un settore marginale, da tagliare, privo di qualunque interesse strategico. Bene che va, la cultura serve a fare qualche esercizio di retorica a buon mercato, in occasioni in cui c’è da celebrare il nostro orgoglio nazionale. Ma quando si tratta di pensare alle politiche economiche “VERE” la cultura non è mai invitata al tavolo delle decisioni. Eppure i numeri smentiscono queste leggende vecchie e stantie. L’Italia nel 2010 con un investimento pubblico in cultura pari a 1,8 miliardi di euro ha ottenuto un contributo al PIL pari 39,7 miliardi evidenziando, quindi, un “moltiplicatore dell’investimento” pari a 21,3, il secondo migliore nell’ambito dell’Unione Europea. Se l’Italia investisse una somma pari alla media di quanto messo a disposizione da parte di Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna (6,65 miliardi di euro) il contributo al PIL, a parità di “moltiplicatore dell’investimento”, schizzerebbe a 140 miliardi di euro. Altro che manovra economica.

Quindi, ignorare la Cultura significa trascurare dati fondamentali del nostro bilancio e soprattutto rendere un pessimo servizio al nostro Paese. Basti pensare che nel 2010 i posti di lavoro direttamente collegabili al settore cultura erano 550.000, di cui 158.326 nello spettacolo dal vivo con un volume di affari complessivo di 1.241.781.191,00 €. Ma nonostante questi dati la spesa centrale dello Stato per la cultura è 3 volte inferiore a quella dei principali paesi europei e risulta in costante flessione sia in valore assoluto, sia in quota percentuale sulla spesa complessiva. Solo una politica miope può continuare a considerare la Cultura un lusso e non una importante  occasione di rilancio, di crescita e sviluppo della nostra economia. Ma per farlo occorrono politici che comprendano i nuovi scenari e le nuove opportunità, ma i nostri politici si sono formati in un mondo molto diverso, centrato appunto sul primato strategico di altri settori al quale continuano a fare riferimento. Sembra che l’arena della competitività economica sia quella di venti anni fa.

Del resto, non è la nostra classe dirigente quella di venti anni fa? Ma il problema non è solo a livello nazionale, ma anche e ovviamente a livello territoriale. È atavica la difficoltà delle Amministrazioni Locali del Lazio nel garantire oculatezza nella gestione delle risorse pubbliche destinate alla cultura. Per questo, in un momento di crisi per tutti, non chiediamo, almeno in questo momento, più soldi, ma almeno la disponibilità ad assegnare quelli già stanziati attraverso criteri certi e trasparenti, provvedendo anche a sanare il blocco dei pagamenti da parte della Regione Lazio per attività in alcuni casi svolte nel 2008. Un ritardo colpevole  che sta mettendo in ginocchio moltissime realtà imprenditoriali dello spettacolo che oggi rischiano la chiusura lasciando disoccupati molti lavoratori del settore.

Forse è giunto il momento che la Regione Lazio, la Provincia di Roma e il Comune di Roma mettano in atto politiche di settore capaci di valorizzare e sostenere realmente il lavoro di questi operatori, invece di applicare solo tagli devastanti e indiscriminati alle poche risorse esistenti.

E passiamo agli spettacoli a Roma: al Teatro Studio Eleonora Duse in scena Napoli milionaria! Di Eduardo De Filippo, ovvero il tradizionale saggio degli allievi del III anno del corso di recitazione, con la regia di Arturo Cirillo, e con la ottima interpretazione dei giovani e bravi Massimiliano Aceti,  Roberta Azzarone,  Beatrice Bassoli,  Karoline Comarella, Alessandro Cosentini,  Aurelio D’Amore,  Vittoria Faro,  Marco Feroci, Federico Horaldo Lima Roque,  Michele Lisi,  Chiara Mancuso, Carlotta Mangione,  Valeria Moccia,  Salvatore Moricca,  Cristina Mugnaini,  Francesco Petruzzelli,  Fausto Romano,  Malvina Ruggiano, Francesco Sferrazza Papa, Giulia Tomaselli. La parola ad Arturo Cirillo : E’ forse un’idea bizzarra quella di far recitare ad un gruppo di diplomandi attori dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico “Napoli milionaria” di Eduardo De Filippo. Considero il teatro in “lingua” napoletana come una delle grandi ricchezze drammaturgiche del nostro Paese (penso, oltre che a De Filippo, a Petito, Scarpetta, Viviani fino ad arrivare a Ruccello e Moscato). Considero la lingua di questi autori, come una delle possibili lingue del teatro in Italia, una lingua che ha una storia scenica e  una notevole musicalità. Dovendo lavorare con ragazzi originari di varie parti d’Italia ho pensato che la lingua di Eduardo fosse, tra tutte quelle che conosco della drammaturgia napoletana, la più possibile, sia per la sua origine borghese, sia per la sua connotazione tutta teatrale, ed inoltre lingua di un teatro che voleva essere, ed è stato, nazionale. Attraversare un testo, percorrendo i suoi tre atti, attraverso i quali i personaggi mutano condizione sociale e storica, oltre che esistenziale, vuol dire credo fare anche esperienza di cosa sia la narrazione a teatro, il raccontare, attraverso i corpi e le parole, le mutazioni e le contraddizioni dei personaggi. Eduardo aveva una somma sapienza nell’arte del narrare, lo faceva attraverso rapidi passaggi, con la ricchezza delle sue didascalie, con la sapienza di far convivere l’umoristico ed il sentimentale, e riuscendo ad attraversare molteplici convenzioni teatrali, e tipologie attoriali. Anche ricordandomi della mia esperienza di allievo dell’Accademia, avvenuta molti anni fa, ho pensato che fosse utile uscire da tre anni di studi teatrali cercando di abitare una delle grandi tradizioni del teatro, confrontandosi con un  uomo di scena totale, non avendo paura di non essere napoletani ma di affrontarlo come una attore credo debba sempre fare: con una buona dose di sensibilità, sentimento ed immaginazione, inventando una propria lingua, scoprendo una propria tradizione. Da anni pratico un’idea del teatro napoletano che non sia retaggio solo degli artisti di Napoli, ma possa divenire repertorio per molti, attraverso un osservazione anche da lontano, partendo anche da un sentimento di estraneità. Tra i tanti testi di De Filippo ho scelto questo perché dovendo, per obbligo didattico direi, dare spazio a venti attori mi permetteva, lavorando su due cast, di dare ad ognuno la possibilità di sentirsi parte di una narrazione collettiva. La parte enorme di Amalia è l’unica che viene recitata ogni sera da due allieve attrici differenti, una sorta di doppio personaggio, quello del primo atto, e quello del secondo, che alla fine, nel pianto riparatore e riconciliante si ritrovano in scena entrambe. La parte che è stata di Eduardo (Don Gennaro) ha subito vari tagli, sia perché mi sembrava giusto lavorare il più possibile su un senso di coralità, e di famiglia allargata, il vicolo e i suoi abitanti, e sia perché fatto oggi da dei ragazzi credo che il piano morale della vicenda si possa lasciare ancor più in sospeso, così come è totalmente in sospeso il suo finale, in levare, in attesa, che parla di qualcosa che dovrà passare ma che per ora è ancora lì, come una ferita aperta, come un male non dimenticato. Mi pareva inoltre interessante portare il testo verso una messa in scena meno naturalistica, sia per gusto personale e sia perché ritengo che Eduardo possa ormai anche essere letto così, essendo un classico, e “Napoli milionaria” lo è sicuramente. In questo lavoro il rapporto tra il dentro e il fuori, tra il “vascio” e il vicolo, è stato sventrato, vi è una soglia a dividere i due luoghi, in modo che vi possa essere una contemporaneità tra di loro. Anche le altre due stanze della famiglia Jovine sono divenuti luoghi abitati, volevo abolire l’idea di “quinta”, di “fuori scena”, ma lavorare anche su quegli spazi, fisici e temporali, in cui l’attore è nello spettacolo pur non essendo nell’azione, edificare dei luoghi di ascolto e di ricerca di un proprio stare, sia fisico che emotivo. Ecco dove si gioca, e con che cosa, questa “Napoli milionaria”.

La bellissima rosa in bronzo, opera dello scultore Assen Peikov e simbolo del premio, è stata consegnata nella prestigiosa Sala della Protomoteca al Campidoglio alle eccellenze 2012  dell’arte e dello spettacolo. Assieme a queste, premiate anche tante altre eccellenze cittadine ma soprattutto i talenti sommersi e le storie umane che rappresentano il silenzioso cardine, spesso dimenticato, del vivere quotidiano. Il prestigioso premio, diventato oramai uno dei simboli della Città Eterna – ideato dal celebre studioso della romanità Domenico Pertica – anche quest’anno ha ricevuto un Premio di Rappresentanza dal Presidente della Repubblica e presieduto dal Sindaco di Roma Gianni Alemanno e dall’Assessore Capitolino alla Cultura e Centro Storico Dino Gasperini. Ricca e articolata la rosa dei trentasette premiati che affollano le diverse categorie selezionate da famosissimi giurati come Carlo Verdone, Christian De Sica, Cesare Andrea Bixio, Pippo Baudo, Giorgio Assumma, Alessandro Nicosia, Carlo Gianni, Gigi Magni, Simona Marchini, Marisela Federici, Renzo Gattegna, Bruno Piattelli, Athos De Luca, Gigi Proietti, e Micol Fontana. L’evento, presentato da Paola Saluzzi e Pino Strabioli, premia, per il governo, Paolo Peluffo, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e quindi l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile e tutte le Forze dell’Ordine. Per la ricerca, il professor Vito Pansadoro, per letteratura e storia lo scrittore e critico Giordano Bruno Guerri.  Innanzitutto il riconoscimento a Gianna Nannini per il suo impegno civile. Inoltre premio a Pierfrancesco Favino, ovvero l’indimenticabile “Libanese” della Banda della Magliana in “Romanzo Criminale”, di Michele Placido, che proprio di recente ha conquistato il David di Donatello per la sua interpretazione in “Romanzo di una strage”, di Marco Tullio Giordana. E ancora premi a Stefania Rocca, Carolina Crescentini, Milena Vukotic, Ricky Memphis, Marco Giallini, Enzo Decaro, Antonello Fassari, Brenno Placido, per la regia Dario Argento, allo studio Lucherini – Pignatelli, Franco Mariotti (Cinecittà), per il teatro Alberto Macario e “La compagnia degli ex giovani“ dell’Associazione Alberto Sordi. Per l’arte Federica Galloni, direttore  Beni Culturali e paesaggisti del Lazio, Marcello Pezzetti, direttore Museo della Shoah, Maurizio Varamo, direttore delle scenografie del Teatro dell’Opera, e Santo Versace, presidente “Operation Smile”. Riconoscimento al “Simpatico d’Italia” Sergio Agnoli, maratoneta classe 1926. E per le storie  premio ad Alfredo Tonelli per il recupero dei ragazzi del Laurentino 38 e poi a Giancarlo Proietti, direttore del giornale “Cara Garbatella”, e allo storico guardaportone del Campidoglio Edo Citti. Per la solidarietà, premio speciale agli abitanti de L’Isola del Giglio. Per le tradizioni romane, la Storica Bottega Colletti. Per lo sport il “Progetto Filippide”, dedicato ai ragazzi autistici, e per l’imprenditoria Eugenio Batelli, presidente  dell’Acer. La manifestazione, aperta e chiusa dal Gruppo Rinascimentale “Tres Lusores” di Cori, è stata realizzata con il sostegno dell’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale e della Provincia di Roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

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