Sulla tua soglia



Sulla tua soglia
(a mio Padre)
Sono ad un passo dall’assaporare
 il nero del tuo buio,
 un antico tormento
 che mi strappa dolore,
 dove il cuore batte
 e temo ogni volta
 il perpetuo distacco da te.
Sono qui
 e mi accenni dolce
 un mesto sorriso,
 mi guardi,
 ma non mi vedi più.
Il tuo sguardo è stanco,
 smarrito in un tempo
 non tempo,
 che si beffa di me,
 ma senza ironia.
Non riconosci più il sole,
 per te il suo ardore
 che trasuda vita
 è calore di fiamma lontana.
Dimmi dove sono andati
 i tuoi veri sorrisi,
 le nostre risate, le tue carezze,
 i tuoi brontolii, i nostri discorsi.
Sei lì seduto prigioniero
 di infinite ore consumate
 ad ascoltare la voce delle ombre,
 aspettando che lei,
 l’algida eterna tenebra,
 ti prenda per mano.
E mi si stringe il petto
 quando davanti a me
 piangi come un fanciullo,
 senza più udire altro
 che fuori dalla finestra ogni rumore,
 mentre anch’io qui sono vita.
E non vuoi ricordare
 neanche il blu del mare,
 le onde, le reti, i pescherecci,
 le cose che amavi tanto.
 Non c’è più il risveglio di primavera
 né il calore dell’estate.
 Resta solo l’autunno,
 tra le foglie che cadono,
 e l’inverno dei ricordi
 di ferite mai chiuse.
Non c’è pace né saggezza
 nel tuo dolore,
 ma monito per me a vivere
 il resto dei miei giorni con amore,
 come se oggi fosse sempre l’ultimo.
GabriellaTomasino@DirittiRiservati
 
				


