Politica

IL GIORNALISMO E LA POLITICA

Giornalismo e politica: Gaetano Salvemini aveva previsto che, con il nascere dei grandi gruppi editoriali, il giornalismo avrebbe subito un inevitabile, pesante condizionamento di natura economica e politica.


Ben conoscendo la natura umana, il grande storico aveva messo in conto le debolezze responsabili della fine di un giornalismo sganciato da interessi di parte e in quanto tale indipendente. Ebbene, considerato quello che si è verificato in questi mesi nell’ambito mediatico, c’è da chiedersi se l’asservimento ad un grande gruppo editoriale, l’ambizione professionale, la passione politica possano, di per sé, motivare certe forme paranoiche di violenza accusatoria. Di fatto, bisognerebbe ricorrere alla psicoanalisi per spiegare come si possa arrivare a tanto. Si è trattato di un crescendo rossiniano di attacchi acrimoniosi che, travalicando i confini nazionali, hanno offerto dell’Italia uno spettacolo deprimente e umiliante. La deformazione della realtà, operata dai fiancheggiatori delle lobby, viene data in pasto all’opinione pubblica come realtà di fatto. Dalle colonne de “L’Attualità” abbiamo segnalato più volte, e da tempo, i pericoli e le contraddizioni di un moralismo imperniato sulle dicerie teso a fiaccare l’avversario con i veleni di una ininterrotta campagna d’odio. Viceversa, i media, nella loro generalità, hanno considerato il gioco al massacro come espressione della libertà di stampa o, quantomeno, hanno optato per il silenzio. Soltanto quando è partito il contrattacco con querele e accuse dirette alle persone, opinionisti, politologi e politici si sono interessati agli scontri feroci all’interno del IV° potere, definendo le acrimoniose aggressioni “ad personam”, killeraggio, imbarbarimento, ordalia, senza, tuttavia, prestare attenzione alla sequenza cronologica dell’attacco e del contrattacco. Ma, proprio in questo sta la differenza che non sfugge a chi non ha la memoria corta. In questo caso si ricorre alla solita argomentazione che tutto giustifica: la metà della proprietà televisiva italiana appartiene al Presidente del Consiglio. Si tratta, tuttavia, di un arma a doppio taglio perché l’altra metà attacca il leader del Popolo della Libertà con una violenza tale da non trovare compensazione negli encomi di Mediaset. E, in fatto di attacco, nei confronti di colui che è indicato come il pericolo numero uno, chi “dice” non è da meno di chi “scrive”. Fra l’altro, nell’ambito mediatico chi scrive può contare solo su una percentuale del 20% di lettori a fronte dell’80% di ascoltatori. E c’è da dire, che le trasmissioni-denuncia,le tavole rotonde, le interviste televisive, nonostante le rivendicazioni di obiettività dei moderatori di turno dei canali di Stato e di alcune televisioni private, si risolvono in vere e proprie forme di cannibalismo mediatico. Non a caso gli ospiti fissi sono scelti dai partiti come portavoce per il virtuosismo verbale, fatto di astuzie, che non conosce pudori nell’elogiare sé stessi o la propria parte e non conosce limiti nel demolire l’avversario. Questo è il denominatore comune degli ospiti televisivi che, peraltro, appartengono a variegate tipologie.

Fra questi il “filosofo” che si atteggia a “super-partes”, che sembra snobbare gli argomenti trattati e che, tuttavia, inserisce abilmente valutazioni non esenti da una partigianeria mascherata ma non troppo ove si ricostruiscano i fatti alla luce di una logica obiettiva e disinteressata.

Altra figura sempre presente è quella del capo-parte, abituato a giudicare ma non ad essere giudicato, che esercita il più vieto dei moralismi con un’irruenza che può far presa sul semplicismo degli spettatori più emotivi.

Non mancano poi le virago la cui spocchia non lascia spazio al contraddittorio.

E ancora, i politici di lungo corso che predicano la necessità di un riformismo senza tuttavia precisare quali riforme intendano realizzare né spiegare perché quelle realizzate siano miseramente naufragate. Di fatto, è incredibile la supponenza di quei politici, emersi dai partiti e dalle correnti partitiche che sono sempre pronti ad attribuire ad altri le proprie colpe o fallimenti. Si distingue, infine, la giornalista di sinistra che si duole per essere stata derisa all’estero in quanto italiana e si preoccupa per il “sistema nervoso” del presidente del consiglio che dimostra di avere risentito della tensione cui è stato sottoposto.

Fra l’altro, lo scenario politico non presenta persone in grado di sostituirlo.

In altri termini, non ci sono alternative per il centro-destra. Così come non ci sono figure di rilievo nell’opposizione in letargo da molto tempo. E allora? In mancanza di alternative, riflette il cittadino pensante, speriamo che l’unica persona capace di realizzare un amalgama popolare superi la “crisi di nervi” e si riprenda dalla “depressione” determinata dalle caterve di fango con cui hanno tentato di seppellirlo. Altro sintomo di depressione sarebbero le querele con cui sembra aver seguito le orme dipietriste, querele che molti considerano un attentato alla libertà di stampa. Già, la libertà di stampa. Sembra che tutto ciò che si scrive o si dice debba rientrare in questo valore fondante della democrazia, che non ci sia un discrimine tra il coraggio di una denuncia in difesa della libertà e della giustizia e il “codardo oltraggio” teso alla distruzione della persona.

Senza dubbio ancora più pericolosi dei nemici, per chi si pone alla guida di un popolo, sono le scelte amicali, collaborative, coniugali. La storia insegna che colui che non sia fornito di intuito infallibile in queste scelte incontra difficoltà più gravose e pericolose degli attacchi degli avversari dichiarati. In altri termini, il servile encomio o le frequentazioni appaganti nell’immediato, rappresentano una ragione di latente debolezza più pericolosa dei giochi, pur se spietati, dei nemici.

Comunque, nonostante gli sforzi diretti ad eliminare quello che l’opposizione considera il maggior ostacolo alla propria ascesa al potere non è facile che l’operazione riesca e questo perché la maggioranza degli italiani non si rispecchia più nella cultura e nell’ideologia imposte dalla sinistra negli ultimi decenni. Si è verificata una svolta di cui i politici del centro-sinistra non hanno avvertito la portata. Persino in questo mesi di imbarbarimento politico e giornalistico, il popolo italiano ha reagito con equilibrio, maturità e dignità. E questo è avvertito anche all’estero, quantomeno da quanti non attingono le notizie da certa stampa italiana e straniera. Non è avvertito, invece, dai politici italiani che non si rendono conto che la condizione per tornare al potere è il rispetto delle istanze del cittadino. E il cittadino sente fortemente il bisogno di sicurezza e di libertà. La libertà, quella vera, deve coincidere con la sicurezza e questa identificazione si realizza solo attraverso la certezza del diritto e la certezza della comune identità espressa da condivise radici, tradizioni, cultura che un popolo riconosce come sue proprie.

 

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