Tematiche etico-sociali

SICUREZZA E PREVIDENZA SOCIALE

Nel periodo corporativo, all’originaria concezione del rischio professionale che ispirò e giustificò i primi interventi legislativi, si venne affiancando una concezione più ampia, basata sulla solidarietà corporativa tra datori di lavoro e prestatori di lavoro, che consentì l’estensione o il completamento della tutela previdenziale, allargandola anche a rischi che, o non sono connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa, come l’invalidità o le malattie comuni, oppure sono inevitabili, come la morte.
 

In tale periodo nulla cambiò, tuttavia, in ordine all’atteggiamento dello Stato di fronte al problema della liberazione dal bisogno. Significativa al riguardo è la disposizione XXVI della Carta del Lavoro: “La previdenza è un’alta manifestazione del principio di collaborazione.
Il datore di lavoro e il prestatore d’opera devono concorrere proporzionalmente agli oneri di essa. Lo Stato, mediante gli organi corporativi e le associazioni professionali, procurerà di coordinare e di unificare, quanto più è possibile, il sistema e gli istituti di previdenza”.
Il fine pubblico posto a fondamento delle assicurazioni sociali nell’ordinamento corporativo continuò ad avere ad oggetto il mantenimento dell’ordine pubblico, al quale si aggiunsero la sanità della razza e la potenza nazionale, ma non la liberazione dal bisogno di chi vive del proprio lavoro.
L’ulteriore evoluzione della previdenza sociale, nell’immediato secondo dopoguerra, fu caratterizzata dall’affermarsi dell’idea della sicurezza sociale, già enunciata nel programma politico della Carta Atlantica (1941), espressione dell’esigenza che sia garantita a tutti, da parte dello Stato, la libertà dal bisogno, condizione indispensabile per l’effettivo godimento dei diritti civili e politici.
Questa concezione ha influenzato l’ordinamento giuridico di molti Paesi, alcuni dei quali hanno attuato significative riforme della loro legislazione previdenziale.
Particolare menzione merita la riforma inglese del 1948, che va sotto il nome di Piano Beveridge per la teorizzazione che ne aveva fatto sei anni prima Lord Beveridge nel suo famoso rapporto.
 
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