Spettacolo

LA VITA VA COSÌ

Riflessioni sui film di Riccardo Milani

Roma, 26 ottobre 2025 – Nelle sale in questo periodo si proietta “La vita va così, sedicesima opera cinematografica del regista Riccardo Milani.

La pellicola è stata presentata in anteprima all’inaugurazione della 20a edizione della Festa del Cinema di Roma lo scorso 15 ottobre.

Questo breve articolo, pur volendo essere invito alla visione, non ha pretesa di essere una recensione del film, superflua proprio nel momento in cui è alla ribalta.

Lo spettacolo offre lo stimolo ad alcune riflessioni sulla produzione del regista romano, classe 1958.

Sin dall’opera di esordio del 1997, “Auguri professore” con Silvio Orlando protagonista, Milani si è proposto con garbo come ‘cantore’ dei legami con il territorio.

Una visione local del mondo apparentemente in controtendenza, sviluppata nella fase storica che, sul finire del XX secolo, ci ha transitato nell’era della globalizzazione.

La serie di posti dell’anima del regista, per strane coincidenze, risultano luoghi del cuore anche per chi scrive, stimolando perciò la stesura di queste righe.

Una profonda connessione c’è con l’Abruzzo, figlia di una frequentazione che Milani ha avuto con la regione sin dall’infanzia.

La Marsica è scenario ricorrente, come nel primo film già citato.

Passando a “Scusate se esisto” (2014), protagonista Paola Cortellesi – che con Milani è sposata – nel ruolo dell’architetta nativa di Anversa (non delle Fiandre, ovviamente, ma degli Abruzzi).

E poi il più recente “Un mondo a parte” (2024), con Antonio Albanese e Virginia Raffaele, ambientato nel borgo marsicano di Opi.

Oltre al bianco delle montagne innevate e al verde del pascolo dei monti, nella filmografia di Milani si vede anche il terzo colore che compare, a bande diagonali, nello stemma regionale abruzzese.

È l’azzurro dell’Adriatico selvaggio, che per il Vate D’Annunzio, come noto, virava però al verde montano.

In riva alla costa abruzzese sono infatti girate la seconda e terza opera del regista.

Prima la sgangherata storia dei quattro punk di nome Antonio (“La guerra degli Antò”, 1999), ambientata sul litorale a nord di Pescara.

Memorabile la battuta sul binario della stazione ferroviaria, alla partenza del protagonista Antò Lu Purk (interpretato dal pescasserolese Flavio Pistilli), che va ad Amsterdam alla ricerca di una dimensione idonea.

Tra i tre Antò rimasti stanziali, questo il botta e risposta di commenti: “Ci vuo’ coraggio pe’ andà a Amsterdam!”, a cui fa subito seguito “Sì, ma ci vuo’ coraggio pure a restà a Montesilvano!”.

Per il terzo film “Il posto dell’anima” (2003) Milani scelse di spostarsi a sud, sulla costa teatina, oggi molto apprezzata per i suoi trabocchi, ma all’epoca poco gettonata.

È il borgo di Puntapenna, sul pianoro da cui il faro domina il porto di Vasto, a far da teatro di un dramma della classe operaia, dopo la chiusura di una fabbrica di pneumatici di proprietà di una multinazionale.

Una storia che oscilla tra la resa al destino avverso e la resilienza rispetto alle difficoltà.

Veniamo ora ad un’altra terra che è divenuta posto dell’anima per Riccardo Milani: la Sardegna.

Nel 2022 il pregevole documentario “Nel nostro cielo un rombo di tuono”, dedicato a Gigi Riva, monumento del calcio italiano e cagliaritano, un “outlander” divenuto senza dubbio più sardo dei nativi.

Il viaggio in Sardegna sulle orme di “Rombo di Tuono”, che nel documentario si limitava comparire silente in poltrona, avvolto dal fumo della sigaretta, o sulla spiaggia del Poetto, o sfuggente, alla guida della Fiat Dino Spider sulle meravigliose strade dell’isola.

Tra le strade sarde percorse da “Gigirrivva” ci sta anche la spettacolare S.S. 195 Sulcitana, che è a pieno titolo una dei protagonisti de “La vita va così.

Il film è ambientato attorno alla celeberrima spiaggia di Sa Tuerredda, incastonata nel roccioso litorale sud-ovest dell’isola, tra Capo Malfatano e Capo Spartivento.

Non ci addentriamo, come detto in apertura di questo articolo, nella trama del film, né nella storia vera a cui la finzione scenica si è ispirata.

Basti dire che è una storia di un altro “hombre vertical”, l’anziano vaccaro Efisio, un coraggioso (balente, si dice in limba sarda) che si oppone, inizialmente da solo, alla tracotanza del potere economico che arriva dal continente.

Un po’ come Riva – scomparso nel 2024, il cui spirito aleggia costante nel film, sino all’espressa dedica finale – che oppose, per balentìa e senso di appartenenza alla sua patria d’adozione, il gran rifiuto all’Avvocato Agnelli.

Ottimi tutti gli interpreti de “La vita va così, principali e secondari, che sarebbe lungo enumerare.

Chi vorrà veda il film, acquisendo al prezzo del biglietto il sacrosanto diritto dello spettatore di essere temporaneamente un critico cinematografico.

Con questo spirito, diciamo che, sotto il velo dei buoni sentimenti, del Davide contro Golia, della tutela del territorio contro la speculazione edilizia, c’è molto altro.

Da sottolineare una chicca per i calciofili: l’impresa immobiliare si chiama Greatti, come il centrocampista friulano di nome Ricciotti campione d’Italia con il Cagliari nel 1970.

C’è poi il tema del radicamento al territorio, un valore ma anche un ostacolo alla crescita e al cambiamento.

Si può essere un riccio ancorato a vita sui meravigliosi fondali delle rocce paleozoiche della costa sulcitana, al prezzo di rinunciare ai salti da delfino nelle cristalline acque del canale di Sardegna. O viceversa.

Dice il pastore/attore terralbese Giuseppe Ignazio Loi, nel ruolo del protagonista Efisio, che ogni scelta ha le sue conseguenze.

Aicci anda sa vida.

(fonte immagine: https://www.medusa.it)

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