Politica

La ‘Ndrangheta ha mezza Taranto….

TarantoRoma, 27 febbraio – Su “Il Fatto Quotidiano” del 24 febbraio l’articolo di Tiziana Colluto dal titolo: “La ‘Ndrangheta ha mezza Taranto, Scu nuovo welfare del Salento” nel quale si scrive che la Commissione Parlamentare Antimafia, dopo tre giorni a Lecce, rivela gli interessi della mafia calabrese nel Tarantino e il salto di qualità che la Scu è pronta a fare, ora che è diventata il nuovo welfare del Salento.  La ‘Ndrangheta ha messo gli occhi su Taranto e sotto la sua influenza c’è già metà provincia. La rivelazione inedita è stata fatta direttamente dalla Commissione Parlamentare, a conclusione della tre giorni di visita istituzionale a Lecce. Dopo gli ascolti dei Magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia e dei Prefetti, la fotografia è chiara: quello ionico (tarantino n.d.a.) è un territorio a sé rispetto al resto del Salento, dove la  “Sacra corona unita sta diventando un sistema alternativo allo Stato, il nuovo Welfare”, ha detto la Presidente Rosy Bindi. Ad accomunare la mafia calabrese che sguazza nel Tarantino a quella leccese e brindisina è il core business degli affari: la droga. “Paradossalmente – è stato spiegato – la forza della Scu sta nella sua configurazione reticolare, senza vertice, con famiglie che si spartiscono pacificamente il Salento. E se questo rende possibili operazioni di smantellamento delle singole realtà, ciò però complica la completa bonifica del territorio”. A Taranto, dopo la decapitazione del clan Modeo,  le ‘ndrine (calabresi) hanno pian piano penetrato la piazza. E il passo dal mercato degli stupefacenti agli appetiti nel resto dell’economia, anche quella legale, pare essere breve. 
È il dettaglio più importante emerso, assieme ad un altro: la Sacra corona unita è pronta a fare il salto di qualità. Non è ancora mafia imprenditrice, al pari delle altre, e il suo terreno è tuttora quello classico di droga, estorsioni, usura, oltre ai traffici di armi, sigarette e persone sulle rotte di collegamento mai abbandonate con l’altra sponda dell’Adriatico. “Per esempio – ha spiegato Bindi – il recupero crediti sembra sia quasi totalmente affidato agli esponenti dei clan. I pentiti hanno riferito che i cittadini si rivolgono a loro per avere, in questo periodo di crisi, ciò che non viene concesso dalle istituzioni. Così chi presta soldi rischia di essere visto non come un usuraio, ma come colui che dà credito”.
A questo punto affermiamo che non è certamente, questa, storia nuova che dovrebbe allarmare oltremodo, anche perché dal quadro delle condizioni della sicurezza nel Salento, già nei primi anni novanta, si ravvisava un incremento del totale generale dei delitti rispetto agli anni precedenti.  La nota “Quarta Mafia”, intesa come l’organizzazione criminale “Nuova Sacra Corona Unita”, era attiva, principalmente, nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto, con caratteristiche a “macchia di leopardo”. La N.S.C.U. aveva, allora, al suo interno, una nuova leadership costituita da un “triumvirato” di emergenti di Mesagne (Br) (“Sacra Corona Libera”), che aveva stretto contatti con malavitosi tarantini del gruppo “Cinieri” (inserito nella S.C.U.) di Manduria, e con soggetti criminosi della zona sud della provincia leccese.
Già in quel periodo furono accertati rapporti illeciti di gruppi criminali pugliesi con centrali malavitose siciliane, calabresi (un sequestro di persona nel tarantino) e campane, sia nel meridione, sia nelle loro proiezioni extraregionali (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana). Erano inoltre attivi contatti con elementi della malavita albanese e della ex Jugoslavia (specificatamente del Montenegro) che continuavano ad essere i traffici di sostanze stupefacenti, di armi ed il contrabbando di sigarette.  Tale attività era svolta da “squadre contrabbandiere”, sia autonome che “sottomesse” ad organizzazioni di tipo mafioso. I contrabbandieri si avvalevano di un sistema che riguardava l’immigrazione clandestina, il trasporto di droga e talvolta di armi, provenienti principalmente dalla ex Jugoslavia e dall’Albania.
Ricordo, in proposito, l’ “Operazione Tarentum”, del Comando Provinciale Carabinieri di Taranto,  che portò all’emissione (27.3.99) di 20 provvedimenti restrittivi per associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico di stupefacenti, contrabbando di sigarette, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed altro, a carico di gruppi malavitosi operanti nel tarantino e brindisino. 
In periodo successivo, si procedette anche al sequestro dei beni, applicando la Legislatura Antimafia, nei confronti del boss Cinieri e altri, giungendo alla confisca dei beni.
In molti ancora ipotizzano che la questione mafiosa, in Puglia, sia sinonimo di un “unicum”, cioè la Sacra Corona Unita.
Niente di più fuorviante e riduttivo; la SCU, infatti, si è frammentata ed oggi è suddivisa in vari gruppi (sull’argomento articolo:La mafia sociale di Pugliadel 14 Marzo 2014).
Comunque stiano le cose, al di là di organigrammi e sigle, anche in quella Regione l’assalto al potere e all’economia è guidato dalle mafie, probabilmente anche da quelle dai colletti bianchi e, perchè no, finanche inamidati…… 
Quindi, allarmarsi oggi per quel che succede nella provincia di Taranto è assimilabile a quel che è accaduto con i quartieri di Napoli Secondigliano e Scampia, il cui abnorme allarme è stato la prima volta lanciato dopo la pubblicazione del libro “Gomorra” di Roberto Saviano, nel 2006, che ha poi ispirato il noto film, in quanto quei quartieri, sin dai primi anni ottanta, secondo relazioni accreditate per serietà, erano ritenuti  l’ area più criminogena non solo d’Italia, ma addirittura d’Europa!
Che lo Stato, quindi, faccia la sua parte una volta per tutte, sia dotando le Forze dell’Ordine di quanto necessario, sia non depotenziando le leggi anticrimine come avviene, purtroppo, da anni, sia infine costruendo nuove carceri. Soprattutto, come in altri Stati civili,
Leggi molto severe per applicare l’ elementare fattore della deterrenza!

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