Racconti di sport

Cecconetzer.

Luciano Re Cecconi, l'Angelo biondo.

Roma, 23 marzo 2020. Prendo spunto dall’articolo del 12 marzo scorso dell’amico Franco Bovaio  per rimpolpare il ricordo di un grande centrocampista degli anni ’70: Luciano Re Cecconi.

Il pezzo di Bovaio è incentrato su Johan Neeskens e Gunter Netzer, due grandi protagonisti del calcio olandese e tedesco, il mio ricordo è sull’Angelo biondo italico, mezz’ala destra col numero 8, appunto Luciano Re Cecconi.

Cecco o Cecconetzer, come fu soprannominato dal giornalista Franco Melli per la somiglianza fisica specialmente col tedesco, era effettivamente una simbiosi tra i due citati in precedenza; Netzer era più compassato, era più costruttore di gioco, essenzialmente destro, mentre Neeskens era molto dinamico, un moto-perpetuo, senza un ruolo definito, con uno spiccato senso per gli inserimenti offensivi.

Re Cecconi era un’esatta sintesi tra i due perché univa un eccellente dinamismo ad un senso tattico notevole, pur non essendo un regista, dotato di buona tecnica individuale con entrambi i piedi e di tempismo nel colpo di testa specie nella fase difensiva.

L’arrivo alla Lazio nell’estate del ’72, fortemente voluto dall’allenatore Tommaso Maestrelli che lo aveva avuto nel Foggia due anni prima, fu la sua consacrazione parallelamente alle crescita della squadra biancoceleste con cui vinse nel ’74 lo scudetto.

Un centrocampista moderno nell’epoca in cui esplose il calcio totale di matrice olandese ma che molto modestamente, senza tanti strombazzamenti da parte della stampa sportiva nazionale, Re Cecconi insieme alla sua Lazio praticava appunto già dal 1972. E’ mancata indubbiamente a Re Cecconi una ribalta internazionale, un po’ per una squalifica che subì la Lazio in Europa che gli costò la NON partecipazione all’allora Coppa dei Campioni e un po’ per l’alto livello tecnico della nostra squadra Nazionale che in quel periodo poteva contare su pezzi da 90 quali Benetti, Tardelli, Zaccarelli, Antognoni, Pecci, Capello, tanto per citarne alcuni. L’Angelo biondo era un giocatore molto corretto, determinato, che dava tutto per la squadra profondendo grande senso d’appartenenza.

Il ricordo più bello è senza dubbio legato ad un goal che realizzò all’ultimo minuto in un Lazio-Milan del 30 dicembre del 1973, dove si sentì un boato incredibile dei circa 80.000 spettatori presenti e che lanciò la Lazio verso la conquista del suo primo titolo italiano; tuttavia ci fu un’altra circostanza che lo pose all’attenzione e ne consacrò lo spessore sia tecnico che umano e mi riferisco all’ultima giornata del travagliato campionato ‘75/’76 quando la Lazio si salvò a Como dalla retrocessione in serie B. I biancocelesti ad un certo punto della gara erano sotto di due reti con un piede e mezzo nel baratro quando Re Cecconi, sbuffando come una locomotiva in corsa, prese letteralmente per mano la squadra trascinando i suoi compagni come mai aveva fatto e favorì un’incredibile rimonta che portò la Lazio alla sospirata salvezza. A fine gara si fece carico di portare sotto la gradinata che ospitava noi tifosi, in festa per lo scampato pericolo, tutta la squadra come ringraziamento per il sostegno ricevuto.

Un vero Angelo biondo.

 

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