
C’è una voce che attraversa il tempo, una presenza che non si vede ma si sente, capace di unire generazioni, luoghi e destini. È la radio: la più immateriale delle presenze, la più umana delle invenzioni.
A un anno di distanza dalla grande mostra “100 anni vicini e lontani”, la Fondazione Varrone riaccende il racconto del secolo radiofonico con una nuova vita online.
Sul sito 100anni.fondazionevarrone.it, è possibile visitare il virtual tour dell’esposizione allestita nel 2024 a Palazzo Dosi Delfini, un viaggio nel tempo e nella memoria che restituisce suoni, immagini e suggestioni del primo secolo di radio.
“Bella la mostra ma finisce, bello il libro ma per sfogliarlo bisogna averlo: col web manteniamo accesa l’attenzione sulla radio e rilanciamo il gran lavoro fatto lo scorso anno dai curatori”, ha detto Mauro Trilli, Presidente della Fondazione, aprendo la presentazione del tour virtuale a Palazzo Potenziani.
Sul rapporto tra materiale e immateriale ha insistito anche il professor Enrico Menduni, Presidente del Comitato scientifico della mostra: “La radio è il medium più immateriale che ci sia, il primo medium domestico e molto prima del web: questa commistione col virtuale le è più congeniale di quanto non si pensi”.
Per il curatore della mostra, Stefano Pozzovivo, voce storica di Radio Subasio: “Quella mostra e oggi il virtual tour dimostrano la capacità della Fondazione di misurarsi con eventi di caratura nazionale come il centenario della radio apportando un contributo ricco e originale”. Ha sottolineato come la mostra abbia saputo riunire per la prima volta così tanti e diversi apparecchi radiofonici, fino all’iconica Brionvega gigante esposta nella Sala Rossa del piano nobile di Palazzo Dosi e ora su molte riviste di architettura, radio diventata simbolo visivo di un’epoca in cui ascoltare significava immaginare.
Oggi, quella stessa immaginazione trova nel web una nuova casa, un modo per “sentire” anche ciò che non si vede.
Il libro: la Fondazione Varrone racconta un secolo di radio
Pubblicato dalla Fondazione Varrone, il volume “100 anni vicini e lontani. Dalle onde medie al DAB, un secolo di radio e di protagonisti della storia d’Italia” è il naturale completamento della mostra, ma anche qualcosa di più: un atto d’amore verso la memoria collettiva.
Nella prefazione del Presidente Mauro Trilli, la radio viene raccontata come un’occasione di riflessione e rinascita culturale per il territorio.
“L’anniversario della prima trasmissione radiofonica in Italia da parte dell’URI, il 6 ottobre 1924_ scrive Trilli_ ci ha offerto l’opportunità di raccontare prima con una mostra e ora con questo libro la storia della radio, la capacità di avvicinare i lontani e di mantenere una sua sorprendente centralità anche nel mondo mediatico attuale scandito dal web”.
Trilli sottolinea come la mostra allestita a Palazzo Dosi Delfini e il volume che la accompagna si inseriscano nel più ampio progetto culturale della Fondazione Varrone, volto a potenziare l’offerta artistica e turistica del territorio reatino.
Non solo un tributo al passato, dunque, ma un gesto di continuità: “un modo per far conoscere il nostro patrimonio culturale a beneficio dei cittadini e dei turisti in transito”, come si legge nelle sue parole.
Il libro, curato da Lucia Alberti, intreccia immagini, testi e ricordi in un racconto che attraversa epoche, stili e tecnologie.
“Anche il libro merita di essere risfogliato, nella nuova versione online per i tanti contenuti in più che offre oltre la mostra – ha detto Lucia Alberti – Non è un semplice catalogo ma una vera e propria Antologia delle forme e dei suoni.
E poi è davvero intrigante questo rapporto tra il materiale e l’immateriale: col web riusciamo a far viaggiare tanta bellezza molto più lontano di quanto non abbiano fatto la mostra e il libro”.
Tra le pagine convivono storie di apparecchi iconici, aneddoti di chi ha fatto la storia della radio e riflessioni sul suo impatto sociale: dalle onde medie alle onde digitali, dai grandi nomi della comunicazione ai piccoli gesti quotidiani di chi, accendendo una radio, accendeva anche un pensiero.
“Questo libro – scrive ancora Trilli – curato con storie e modelli rimasti nell’immaginario collettivo, offre al lettore un elegante compendio sulla storia della radio”.
E lo fa con un linguaggio accessibile e colto, capace di unire la precisione storica alla dolcezza del ricordo.
Il libro, dal primo annuncio radiofonico di Ines Viviani Donarelli
Nel principio fu il telegrafo, fragile e geniale come ogni inizio. Da quel segnale breve, quasi un respiro, si apre il viaggio del volume. Un libro che non si limita a celebrare, ma racconta la vita di un suono, la sua evoluzione, le sue metamorfosi.
Pagina dopo pagina, il lettore attraversa le epoche: i primi radioricevitori, la nascita dell’URI, la figura visionaria di Guglielmo Marconi, la fine della guerra e la rinascita culturale dell’Italia.
Poi, dalla Luna a Berlino, si compone un racconto che intreccia progresso e poesia, fino ad arrivare alla radio d’autore, al design come forma di linguaggio, e alla scoperta di una dimensione inedita: la radio è donna. E proprio lì, alle 21 del 6 ottobre 1924, accade qualcosa che resterà nella storia: la prima voce della radio italiana non fu quella prevista.
Ines Viviani Donarelli, moglie del direttore artistico dell’URI, prese il posto, per ragioni mai del tutto chiarite, di Maria Luisa Boncompagni, aprendo così la storia dell’etere italiano con l’annuncio: “A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 06 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radio audizioni circolari. Il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto opera 7, primo e secondo tempo”.
Un gesto improvviso, forse casuale, ma destinato a diventare simbolo: la radio nasce con una donna.
Il volume, curato da Lucia Alberti, con la collaborazione di Stefano Pozzovivo e di Enrico Menduni, è un vero mosaico di voci.
Vi hanno contribuito Umberto Annini, Alberto Bravini, Carlo Castiglioni, Giuseppe Chigiotti, Cristiano Michelangeli, Patrizia Palenga, Giuseppe Ponzani, insieme ai curatori, ciascuno con uno sguardo diverso, ma unito da un filo invisibile: la passione per il suono e la memoria.
Nella parte finale, il libro si apre sulle origini, con una straordinaria “Antologia delle forme e dei suoni”: dal microfono idraulico Majorana al Modello Stazione Radio Marconi Genova.
Un percorso che affascina per precisione e bellezza, dove ogni oggetto diventa un’opera d’arte, e ogni invenzione racconta un passo dell’umanità verso l’ascolto.
È un libro che parla al cuore e alla mente: una celebrazione del genio italiano, del progresso tecnologico e dell’anima invisibile della radio, che, dopo cento anni, continua a essere vicina, anche da lontano.
L’anima di legno e oro della Brionvega
La radio protagonista della copertina è una Brionvega “Antares” RA 209, capolavoro del design italiano degli anni ’50. Con la sua cassa in radica lucida, le griglie laterali dorate e la scala parlante retroilluminata, non è solo un apparecchio radiofonico ma una piccola scultura sonora. Emblema di un’epoca in cui l’ascolto era rituale e la bellezza coincideva con la funzionalità, la Brionvega rappresenta il ponte perfetto tra arte e tecnologia.
Non a caso, anche nella mostra, una Brionvega gigante troneggiava nella sala rossa di Palazzo Dosi Delfini, diventando simbolo della fusione fra storia, design e memoria sonora.
È l’immagine perfetta per raccontare la radio: solida come il legno, luminosa come l’oro, viva come la voce.
La memoria che viaggia sulle onde
Il percorso virtuale, ideato dal grafico Cristiano Michelangeli, accompagna l’utente sala dopo sala: dal portone monumentale di Palazzo Dosi al magnifico scalone, fino agli ambienti che raccontano le diverse epoche della radio, con audio, musiche, voci e contenuti originali.
“Per chi ha potuto visitare la mostra dal vivo sarà un déjà-vu – spiega Michelangeli – per chi invece non ne aveva sentito parlare, sarà una bellissima scoperta.”
Così, la radio torna a viaggiare, superando i confini fisici e temporali. E lo fa come ha sempre fatto: unendo distanze, accendendo la mente, scaldando il cuore. Forse è questo il suo segreto. Non avere corpo, ma avere anima. Perché la radio non si vede. La radio si sente. E nel sentirla, ci ritroviamo.
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