Nanni Loy, specchio dell’Italia che fu
Cento anni fa nasceva il regista, attore e autore cagliaritano

Roma, 5 ottobre 2025 – Giovanni Loy-Donà (Cagliari, 23/10/1925 – Fregene 21/8/1995), nacque da famiglia agiata, figlio dell’avvocato Guglielmo e della nobildonna Anna Sanjust.
Nel 1938 la famiglia si trasferì a Roma, dove egli diligentemente conseguì la licenza liceale e poi la laurea in giurisprudenza nel 1947.
Completati gli studi, scelse le sue passioni e lasciò così, con il nome Nanni Loy, il segno nel cinema, nella televisione e nella cultura italiana della seconda metà del Novecento.
Fermiamoci qui con i cenni biografici, rimandando ai molti scritti su di lui.
In occasione dell’imminente centenario dei natali, che cadrà il prossimo 23 ottobre, queste poche righe vengono scritte con l’intento di stimolare l’interesse sulla sua opera.
Hai visto mai che qualche giovane del XXI secolo avesse voglia e tempo di leggerle…
Tra i film da lui diretti va citato per primo quello che gli diede notorietà: “L’audace colpo dei soliti ignoti” (1959).
Questa pellicola, sorella minore di quella diretta da Monicelli del 1958, merita a pieno titolo un piedistallo nella storia della commedia all’italiana.
Ricordiamo poi i film sulla Resistenza: “Un giorno da leoni” (1961) e “Le quattro giornate di Napoli” (1962), che fu candidato all’Oscar per soggetto e sceneggiatura.
Tra i tanti eccellenti attori dell’epoca, Nino Manfredi fu quello più presente nei suo film.
Oltre ad interpretare l’autista Piedamaro dell’audace colpo, Nino fu il protagonista de “Il padre di famiglia” (1967), il “Rosolino Paternò soldato” (1970) e il venditore abusivo sui treni di “Cafè express” (1980).
L’eredità principale di Loy sono però le inchieste carpite dalla vita reale, all’insaputa della gente coinvolta, che è riduttivo equiparare a una candid camera.
Parliamo delle trasmissioni televisive “Specchio segreto” del 1964 e “Viaggio in seconda classe” del 1977, di cui Nanni fu attore e regista.
Si mediti sull’atteggiamento dei signori dell’epoca, col cappello in testa e fazzoletto di stoffa in tasca, mentre subivano le inzuppate di cornetto altrui nella bevanda propria.
Gente memore delle difficoltà dei decenni passati, capace di sopportare, con sorpresa ma anche con comprensione, un’intrusione bizzarra nell’intimità della propria colazione al bar.
Gente capace di empatia con il prossimo, di solidarietà e tolleranza anche con uno sconosciuto, con il beneficio del dubbio che l’invadenza fosse indotta da uno stato di necessità.
Si riveda il giovane sardo Carlo, mentre si confronta con profonda umanità, su un treno diretto a Porto Torres nel 1977, con un’attrice che interpreta una giovane sofferente di depressione.
Queste le sue parole:
«I problemi non si risolvono, si superano, se c’è un ostacolo davanti al posto di saltarlo…Si gira» …. «A sopravvivere si fa in fretta, vivere è difficile»
È bene rivedere, per riflettere su che Paese siamo diventati oggi, quelle scene di vita reale italiana rubate con la finzione scenica.
Attraverso quello specchio, si coglie l’essenza dell’Italia che fu, appoggiata al bancone di un bar a metà degli anni Sessanta o negli scompartimenti dei treni di seconda classe della fine dei Settanta.
Questa è l’eredità di Nanni Loy. Ognuno è libero di trarre le proprie conclusioni.
Confidiamo che, anche a partire da piccoli esempi positivi del passato come quelli ricordati in questo articolo, le giovani generazioni sappiano migliorare il mondo pessimo d’oggi, che quelle precedenti gli hanno costruito.
Chiudiamo così il ricordo dell’artista cagliaritano, ad un secolo dalla sua nascita, con tradizionale augurio sardo di buon compleanno: A chent’annos, Nanni!