Spettacolo

INTERESSANTI PROPOSTE NEI TEATRI DI ROMA

Dopo le feste di Pasqua, si torna a teatro, con molte interessanti proposte da parte dei vari spazi teatrali, piccoli e grandi: eccone alcune !
 

Teatro Quirino, A Santa Lucia: Unacommedia con musiche in due atti di Raffaele Viviani praticamente inedita: l’autore fu l’ultimo a metterla in scena nel 1943, ma insieme a Osteria di campagna. L’azione si svolge a Borgo Marinari, e più precisamente al Ristorante Starita nel 1919. È una Napoli postbellica, piagata e impoverita, ma è anche la Napoli del Cafè-Chantant, del primo Varietà, dell’Avanspettacolo. Dopo teatro, verso l’una di notte, nobili spiantati, viveur, cocotte, cocainomani, cafoni arricchiti, poeti squattrinati cenano da “Starita”, locale alla moda della Napoli notturna e lì si incontrano e si scontrano con il mondo dei luciani, gli abitanti di Santa Lucia, mitico quartiere marinaro a ridosso di Via Caracciolo, popolatori uomini e donne di straordinaria dignità, fermi come lo scoglio, il mare li corrode, li distrugge, ma non li smuove. Sono l’ostricaro, la venditrice di spighe, l’acquaiola, il barcaiolo, figure leggendarie della Napoli che fu. In questo straordinario affresco en plein air i ritratti delle singole figurette spiccano con una forza micidiale e restano stagliati nel ricordo. Il filo conduttore della storia è l’incontro fisico e sensuale di Fanny, mondana bellissima e capricciosa e Jennaro, il barcaiolo, lo scugnizzo. Questo spettacolo è costruito letteralmente sull’acqua, sul molo dove sorge Starita. Il limitare del proscenio consentirà allo spettatore quasi di toccare il mare, sotto la luna di Santa Lucia. Questo testo sorprendente e sconosciuto consentirà al pubblico e alla critica di scoprire un vero gioiello della drammaturgia di Viviani. A dirigere lo spettacolo Geppy Gleijeses, con le cene e i costumi di Pierpaolo Bisleri, luci di Gigi Ascione, musiche orchestrate e dirette da Guido Ruggeri. A interpretarlo un cast importante con Geppy Gleijeses, Lello Arena, Marianella Bargilli, Daniele Russo, Gigi De Luca, Angela Di Matteo, Gianni Cannavacciuolo, Gina Perna, Gino De Luca, Luciano D’Amico, Antonietta D’Angelo, Giusy Mellace, Antonio Roma.
 
Teatro della Cometa: Mia zio e io : Una gustosa piece interpretata da Alessandro Benvenuti e Barbara Valmorin, per la regia di Fortunato Cerlino: Mia zia ed io, di Morris Panych. I protagonisti, Kemp e Grace, ricordano due clown che vestono i panni di persone qualunque, con nessun tratto di eroismo. Kemp apprende da una lettera che sua zia, di cui conserva solo un ricordo d’infanzia, è morente. Si precipita da lei, mollando tutto, ovvero quel poco di messa in scena che regge la sua vita, per assicurarsi della morte della zia e impossessarsi dell’eredità. La morte annunciata e attesa, però, tarda ad arrivare e Kemp è costretto ad aspettare. I due, costretti a stare insieme in una piccola stanza, si confrontano a colpi di sferzanti trovate da humor nero: Kemp cerca di convincere in tutti i modi la zia che deve morire. Lei, per contro, fa di tutto per rimanere in vita. Messo alle strette, il nipote precipita in una sorta di delirio goffo, che lo porterà a immaginare i più fantasiosi ed esilaranti espedienti per far fuori Grace, che incredibilmente continua a ringiovanire. Kemp arriverà a progettare persino una complicata macchina per tramortire e fulminare la vecchia zia, finendo egli stesso vittima del suo marchingegno. Passano i giorni, i mesi. Le stagioni si susseguono. Il tempo scardina e scompone ogni logica e quell’uomo e quella anziana signora finiscono per essere quello che sono sempre stati: un uomo solo, stordito dalla ricerca di un’identità, di un affetto, di un’eredità, e un’anziana donna dimenticata da tutti, tranne che da quel nipote che ne attende la morte. Alla fine forse, un’eredità ci sarà davvero e sorprenderà i due per la sua semplicità. Una commedia nera o forse soltanto uno scherzo, un affresco umoristico sulla solitudine, sul cercarsi, sul mangiarsi a vicenda. Con una scrittura a tratti di una comicità esilarante, Panych compone una pièce meravigliosamente nera, divertente, triste, tenera e, allo stesso tempo, dura, crudele.
 
Teatro Tordinona: Piccolo delirio: Grande successo di pubblico e di critica al Tordinona per il debutto romano di “Oro Pro Vobbìs”: il vibrante ed intenso spettacolo è ispirato e tratto da Maria Di Carmela, ovvero “Piccolo delirio manicomiale” di Annibale Ruccello, ma la protagonista Assia Favillo e la regista Iolanda Salvato lo riscrivono e rileggono passando per “Dondolo” di Samuel Beckett. Un omaggio collettivo alla figura e ai personaggi del drammaturgo stabiese che, nonostante la scomparsa prematura, continua a rappresentare un punto di riferimento per il teatro italiano. “Oro Pro Vobbìs” è un divertimento teatrale che accanto alla Favillo vede in scena Antonio Atte e Vincenzo Catapano muoversi in un convento-manicomio degli anni ’80. L’attenzione è tutta per Carmela, donna cresciuta con un’educazione cattolica restrittiva in una famiglia piccolo-borghese della provincia di Napoli. Il clima è quello surreale dei dialoghi con i personaggi della tv, dei racconti religiosi e di un passato che vede una madre mancata identificarsi con la Madonna perché, come lei, ha concepito un bambino e come lei ha dovuto sacrificare suo figlio. La giovane Carmela è in realtà una giovane ammattita a causa di un aborto voluto da una madre ossessiva e crudele. Per la Favillo: “Oro Pro Vobbìs è una pazzia teatrale che passa di autore in autore e “me medesima”, come direbbe Carmela, ritrovando quella luce che talvolta si spegne. E’ proprio da qui che prendiamo spunto per il titolo, un latino napoletanizzato che suggerisce una lettura della parola ‘oro’ sia come luce interiore che come preghiera. E Carmela, infatti, prega per tutti i suoi figli”. Lo spettacolo attraversa i sussulti dell’animo umano e per la regista “fa convivere personaggi a noi noti come nella migliore tradizione ruccelliana. E’ infatti da “Piccolo delirio manicomiale” che siamo partite per dare vita a una nuova storia fatta di tante storie: quella della pazzia, quella della superstizione e delle contraddizioni dell’essere umani”.
 
Teatro Roma: Banda disarmata: Una commedia bella, divertente ed interessante di Adriano Bennicelli, ottimamente interpretata da Michele La Ginestra, Ettore Bassi e Sergio Zecca. Un saggio commento da parte del regista Roberto Marafante: Banda (dis) armata” è una “commedia” moderna all’italiana, che cerca la sua strada di qualità, sia nella struttura che nei significati, in autonomia dai cliché della narrazione televisiva o dalla comicità invadente del “cabaret” e non è facile. La commedia non deve solo far ridere, ma anche riflettere; magari deve incuriosire, forse un po’ avvincere; sorprendere, lasciarti con un bel ricordo. La commedia è come la vita sembra semplice e invece è complicata. E’ così anche per i nostri personaggi che semplicemente diventeranno amici, ma questo non vorrà dire non complicarsi la vita. Lo spettacolo è un susseguirsi di piccoli, fondamentali, colpi di scena che costringono a cambiare continuamente il punto di vista dei tre protagonisti. Questo essere sempre in bilico tra la risata e la tragedia permette di viaggiare sul difficile crinale di un allestimento tra il simbolico evocativo e una narrazione divertente, articolata sempre con un ritmo cinematografico. L’idea di fondo è che ai tre personaggi appartenga un armadio, quell’oggetto casalingo così ingombrante eppure tanto privato. L’armadio è un mondo, un pezzo di esistenza, la parabola dell’uomo ha uno sportello che permette di vedere cosa c’è dentro. Su tutto troneggia un grande orologio che è il simbolo di quello del Palazzo del Quirinale, fulcro della vicenda, un orologio che segna il tempo di una nazione, ma anche il ritmo della vita di tre semplici uomini e della loro musica, sì perché i nostri eroi hanno trasformato quest’arte nella forza della loro amicizia. Ecco come sono diventati una banda armata, ma solo di strumenti musicali. Intorno però ci sono molte persone che non sanno più distinguere strumento da strumento, fra quello che da senso alla vita e quello che l’aliena, e su questo punto non c’è relativismo che tenga!
 
Teatro Petrolini: Giova in monologo: Dopo essersi dedicato per alcuni anni a vari progetti teatrali e cinematografici, in veste di attore-autore, Claudio Giova ritorna con il suo teatro di ricerca. Monologo di un uomo in cerca di soluzione, è il titolo del nuovo lavoro proposto da Teatro del Mare. Scritto, diretto e interpretato dall’attore autore musicante regista. Il testo, a tratti ironico e pungente, ma al contempo amaro e drammatico, è uno sguardo approfondito sulla realtà quotidiana e sulla nostra società. Il lavoro, l’amore, i rapporti umani, l’amicizia, i figli, sono alcuni dei temi affrontati da questo disperato uomo solo e in continua ricerca di soluzione. A fare da sfondo, alcune canzoni ironiche ispirate al tango, delle quali Claudio Giova è anche autore. A completare l’impronta stilistica, alcuni video e la scenografia, realizzata rigorosamente con trasparenze di vario genere. Il teatro di Claudio Giova è un teatro sicuramente fisico e vocale, provocatorio e tagliente. Tra le priorità, certamente, c’è quella di stimolare il pubblico con l’ironia e la drammaticità in modo esasperato, tanto da divenire surreale. L’utilizzo dei movimenti meccanici del corpo, delle voci strappate disperatamente alla vita, dei suoni, dei rumori e dei ritmi incalzanti che percorrono la frenetica quotidianità degli esseri umani, sottolineano il desiderio di sdrammatizzare il tutto, per far arrivare a chi ascolta, un messaggio apparentemente più lieve, ma penetrante.
 
 
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