Racconti di sport

Liam Brady, il gentiluomo di Dublino.

Un sinistro al velluto per la Juve di Trapattoni.

Roma, 9 maggio 2020. Si usa dire, nello sport, nello spettacolo e non solo, che il tal personaggio è un predestinato; l’atleta, o l’artista in genere, che sin dai suoi primi passi lascia intravedere quel qualcosa in più.

Tuttavia più di un critico afferma che non esiste il predestinato, che il talento che esprime il soggetto è quello, a prescindere. Va bene tutto e per quanto mi riguarda mi fido molto delle prime sensazioni, a pelle, magari non necessariamente supportate dal gesto tecnico o, nel caso di un attore, dalle prime scene interpretate.

Il calciatore straniero di cui vi parlo oggi, quasi al termine della carrellata sui primi giocatori esteri ricomparsi in Italia dal 1980, è Liam Brady, irlandese di Dublino del 1956.

Brady viene tesserato dalla Juventus di Trapattoni che vede in lui il regista a cui aveva rinunciato quattro anni prima, all’esordio sulla panchina bianconera, quando cede Fabio Capello al Milan. Come me il Trap rimane favorevolmente impressionato dall’irlandese qualche mese prima, in primavera, nel confronto di semifinale di Coppa delle Coppe contro l’Arsenal, squadra in cui milita Brady.

Liam Brady, seppur appena 24enne, impressiona per la pulizia del tocco, un sinistro al velluto, per l’eccellente visione di gioco anche se non scandita da un grande ritmo; ed è proprio questa sua predisposizione tattica, nell’esasperazione del calcio italiano, che gli permette un ambientamento immediato in una grande compagine come la Juventus.

Brady si toglie la soddisfazione di vincere due campionati consecutivamente, con la chicca del rigore decisivo a Catanzaro, nell’ultima giornata della stagione ‘81/’82 nel duello punto a punto con la Fiorentina, trasformato freddamente pur sapendo che non sarebbe stato confermato nel successivo torneo per il simultaneo arrivo di Platinì e Boniek.

All’epoca il tesseramento dei calciatori stranieri era massimo di due unità e curiosa la similitudine col romanista Prohaska anche lui sacrificato, dopo la vittoria del campionato ‘82/’83, per l’ingaggio di Toninho Cerezo.

La signorilità di Brady non sfugge al presidente della Sampdoria Mantovani che lo tessera, dopo l’esperienza juventina, per due stagioni insieme all’inglese Trevor Francis per far da chioccia ad un giovanotto di belle speranze, un certo Roberto Mancini…Successivamente sarà l’Inter, ancora per due stagioni, ad acquistarlo per cercare insieme a Rummenigge di contrastare la solita Juventus, poi il ritorno in Inghilterra con le ultime quattro stagioni tra West Ham e Wolverhampton.

Liam Brady un vero signore del centrocampo, un grande professionista, un sinistro al velluto.

 

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