Racconti di sport

Racconti di sport. Storia breve di Calloni e Musiello

Entrambi al cospetto di un'eredità troppo pesante.

Roma, 21 dicembre 2018 – Pierino Prati. Pierino “la peste”. Una furia al centro dell’attacco di un Milan indimenticabile, che lui stesso portò a vincere la Coppa dei Campioni 1968-69 schiantando il grande Ajax di Cruijff con una tripletta nella finale di Madrid. Unico nella storia ad aver segnato tre gol nell’atto conclusivo del torneo. Ma Prati fu una furia anche al centro dell’attacco della Roma, alla quale approdò dopo aver lasciato il Milan, nel 1973. Con i suoi gol la trascinò ad un terzo posto che fu festeggiato come uno scudetto dai tifosi giallorossi (1974-75) e fece sognare intere generazioni di sostenitori. Di lui abbiamo scritto molto, per questo oggi la nostra storia, alla quale il prologo era necessario, si rivolge a chi ne ha preso l’eredità, diretta o indiretta, nelle due squadre della sua vita: il Milan e la Roma. Due centravanti bravi, certo, ma non come lui, il “quinto Beatles de ‘noantri”. Bello, forte, affascinante Pierino, più ruvidi i suoi eredi: Egidio Calloni nel Milan (al quale arrivò un anno dopo che Prati se ne era andato), Giuliano Musiello alla Roma. Che poi, per uno strano caso del destino, si ritrovarono a giocare anche insieme, nel Verona, nel 1978. Forti fisicamente entrambi, opportunisti in area e bravi nel gioco aereo, ma poco precisi davanti alle porte avversarie. Troppo poco precisi. Che per uno che di mestiere fa il centravanti non è proprio il massimo della vita. Così Calloni a Milano divenne “lo sciagurato Egidio” (copyright Gianni Brera), mentre Musiello a Roma fu per tutti “whisky e cioccolata”. Perché, si sa, a Roma le voci corrono anche oltre la realtà e a molti bastò vedere il buon Giuliano un po’ sovrappeso per tirare fuori quella diceria. Anche lui, come l’Egidio milanista, a Roma perse la via della rete dopo essere stato capocannoniere in B con l’Avellino. Anche lui, in giallorosso, arrivava a prendere l’eredità di Pierino come era toccato all’Egidio nel Milan. Quasi che Prati, dall’alto della sua grandezza, la peste l’avesse fatta venire a chi indossò la sua mitica maglia numero 9 dopo di lui. Affossati dal peso di cotanta eredità, ma rimasti comunque nel cuore e nel ricordo dei loro tifosi.

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