Spettacolo

La stanza del vescovo.

Pellicola esemplificativa del genio artistico di Ugo Tognazzi.

Roma, 21 marzo 2022.

 

La ricorrenza.

La data odierna è una via di mezzo tra il 18 e il 23 marzo ed accomuna i quarantacinque anni dall’uscita del film <La stanza del vescovo>, 18 marzo 1977, e i cento anni dalla nascita, 23 marzo 1922, del suo protagonista: Ugo Tognazzi.

La storia.

Lago Maggiore, 1946: la seconda guerra mondiale è finita da poco e l’avvocato Temistocle Orimbelli incontra, in un porticciolo di una località dello stesso lago, un giovanotto, Marco Maffei.

Maffei si diverte a girovagare sul lago a bordo della Tinca, imbarcazione a vela di cui è proprietario, recuperando un piacere perduto, per via della guerra, in attesa di impegnarsi in un lavoro stabile.

Orimbelli è un annoiato avvocato che non esercita la professione e stringe amicizia col giovane, affascinato dalla possibilità di poter evadere dalla routine casalinga e dalla fredda e dispotica moglie Cleofe.

Orimbelli abita in una splendida villa con annessa darsena, intitolata alla moglie Cleofe, ed invita Maffei presentandogli oltre alla consorte la giovane cognata Matilde.

Presunta vedova di guerra, in quanto il marito, fratello della signora Cleofe, è disperso in Abissinia, Matilde è molto attraente e suscita le attenzioni di Maffei.

Anche Orimbelli ha delle mire sulla cognata ed accortosi dell’interesse di Maffei gli fa capire di avere con lei una tresca già avviata.

Qualche giorno dopo sulla Tinca, insieme a Maffei e a una sua amica ci sono Orimbelli e Matilde e poco prima del ritorno in villa ricevono la notizia della morte di Cleofe, annegata nella darsena.

Le indagini, tra qualche sospetto e qualche reticenza, si chiudono con l’archiviazione per suicidio e poco tempo dopo Orimbelli e Matilde convolano a nozze.

Maffei riprende il suo girovagare per il lago frequentando, di tanto in tanto, villa Cleofe.

Si accorge strada facendo che il rapporto tra l’avvocato e Matilde è sempre più in crisi, quando una sera, a sorpresa, si presenta a villa Cleofe il marito di Matilde di ritorno dall’Africa.

Angelo, fratello di Cleofe, gravemente mutilato per gli effetti della guerra in Abissinia, è rimasto in Africa all’insaputa di tutti con esclusione della sorella e Orimbelli.

Saputo della tragica scomparsa di Cleofe ed il conseguente passaggio dell’ingente patrimonio al cognato, Angelo sospetta apertamente dell’avvocato e decide di far riaprire le indagini.

C’è una discriminante che Angelo porta a sostegno delle sue tesi; una lettera ricevuta dalla sorella il giorno stesso della sua morte il cui contenuto non lascia presagire l’insano gesto.

Angelo vede Maffei e lo informa della situazione, con quest’ultimo che ricorda un particolare che all’epoca sembrava insignificante.

La notte in cui Cleofe perde la vita, Maffei crede di aver visto Orimbelli in bicicletta allontanarsi dalla villa.

E’ la chiave di volta perché Angelo ottiene la testimonianza di un meccanico ciclista che conferma di aver venduto la bicicletta all’avvocato, la stessa sulla quale Maffei lo ha visto la notte, a questo punto, dell’uccisione della moglie.

Orimbelli è incastrato, il magistrato dispone il suo arresto ma al momento del prelevamento dell’imputato…

Curiosità.

Tratto dall’omonimo romanzo di Piero Chiara, che firma la sceneggiatura insieme a Dino Risi, regista, Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, il film è anche un monumento al genio artistico di Ugo Tognazzi.

Chiara si ritiene soddisfatto di come è impostato il film, con un distinguo su qualche nudo, nelle scene iniziali in barca, che reputa eccessivo.

Lo scrittore non è affatto un bigotto ma intende la presenza del sesso non in maniera esplicita; è dell’idea di far capire quello che c’è da capire.

Gli intendimenti di Chiara li abbiamo già visti nel capolavoro di Lattuada di sette anni prima, <Venga a prendere il caffè da noi>, tratto dal suo romanzo <La spartizione> e ancora con Tognazzi protagonista.

Buona la proposta musicale del maestro Trovajoli, terzo incasso nazionale della stagione 1977 e David di Donatello per la migliore sceneggiatura.  

Protagonisti.

Ci sono delle pellicole che sembrano fatte apposta perché le interpreti solo “quell’attore”. Anche in questo caso è così perché Ugo Tognazzi è perfetto nell’incarnazione di un personaggio patetico, contraddittorio, ignobile e malinconico.

La parte finale quando confessa la sua colpa e descrive al magistrato i suoi cimeli, nella stanza del vescovo, è da cineteca.

Tognazzi, neanche a ricordarlo, è stato uno dei colossi della cinematografia italiana ed internazionale recitando, tra le tante performance, in francese nel 1986 a Parigi <Sei personaggi in cerca di autore> di Pirandello.

Un personaggio versatile che ha alternato televisione, memorabili i duetti con Raimondo Vianello, cinema e teatro.

Molto brava Gabriella Giacobbe nell’acido ruolo della signora Cleofe, così come il francese Patrick Dewaere nella parte di Maffei.

Dewaere, cinque anni dopo, muore suicida in maniera inspiegabile.

Una giovane Ornella Muti è Matilde, non sempre all’altezza della situazione, intrigante nei suoi ammiccamenti.

Altri bravi caratteristi fanno da contorno ai protagonisti come Max Turilli, Angelo, Lia Tanzi, un’amica di Maffei, e lo stesso Piero Chiara nel ruolo del cancelliere.

 

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