Politica

Le allarmanti dichiarazioni dell’Ambasciatore Fulci sulle stragi di mafia!

revolver cannaRoma, 27 giugno – Su “Il Fatto Quotidiano” di questi giorni, con articoli di Sandra Rizza e Enrico Fierro, apprendiamo delle recentissime rivelazioni al processo “Trattativa Stato-mafia” dell’Ambasciatore Francesco Paolo Fulci, ai vertici del Cesis, all’epoca Organo di coordinamento Sisde-Sismi, tra il 1991 e il 1993, sulla sigla oscura “Falange Armata” che rivendicò omicidi e stragi nei primi anni ’90.

“Un analista del Sisde mi portò la mappa dei luoghi da dove partivano le chiamate e quella delle sedi periferiche del Sismi: coincidevano perfettamente”. Poi Fulci aggiunge: “All’interno dei servizi c’era una cellula che si chiamava “Ossi”, esperta nel piazzare polveri, fare attentati….”.

Questo è l’ultimo tassello inedito sulla Falange Armata, l’oscura sigla criminale che nei primi anni Novanta rivendicò ogni singolo fatto di sangue andato in onda nel Paese: dai delitti della banda della “Uno Bianca” alle stragi mafiose del 1992 e 1993 (compresi Falcone e Borsellino). Un mistero mai risolto quello dei telefonisti del terrore che chiamavano i centralini dell’agenzia Ansa per firmare eccidi e stragi con cui nulla avevano probabilmente a che fare. Adesso, però, a più di vent’anni di distanza, emerge un particolare nuovo: quelle chiamate sarebbero state fatte dalle stesse zone in cui all’epoca il Sismi aveva localizzato le sue basi periferiche. Quindi, apprendiamo con stupore, che durante la sua permanenza ai vertici del Cesis, Fulci non ricevette informazioni solo sulle telefonate della Falange; ma scoprì anche che dentro la VII Divisione del Servizio Militari esisteva un servizio speciale coperto composto da 15 agenti segreti super addestrati.

Nei due anni trascorsi al vertice del Cesis, Fulci ricevette minacce di ogni genere; scoprì addirittura di essere spiato nella sua stessa abitazione, tanto che chiese e ottenne di avere tutti i nomi che facevano parte di quel reparto speciale. “Li copiai su un foglietto che nascosi poi nella mia libreria, dicendo a mia moglie che se fosse successo qualcosa era lì che bisognava cercare, e questo dopo aver lasciato l’incarico ed essere andato a New York alle Nazioni Unite provando a dimenticare quella brutta esperienza”.

Quel foglietto fu comunque consegnato ai vertici di Carabinieri e Polizia. Per tutta risposta, dice Fulci, “mi accusarono di avere montato un depistaggio con gli americani….”. E mentre la denuncia di Fulci cadde nel vuoto, le stragi targate Cosa Nostra finirono all’improvviso,  la prima Repubblica era ormai crollata sotto il peso di Tangentopoli e parallelamente scomparirono pure le rivendicazioni della Falange.

Tale silenzio sino a tempi recenti quando al boss di Corleone viene recapitata una lettera sulla quale è scritto: “Riina chiudi la bocca, ricordati che i tuoi familiari sono liberi, al resto ci pensiamo noi”. Sono i mesi in cui il boss corleonese si lascia andare a confidenze e rivelazioni durante l’ora d’aria con un caporione della mafia barese, mentre la Dia di Palermo registra ogni cosa: un’informazione nota soltanto agli investigatori. Chi è dunque che manda quella lettera? La firma non può essere che quella della Falange Armata! Questa storia ci riporta alla mente quella tragica della “Uno Bianca”… (82 “colpi” in Emilia e Romagna, 23 morti, decine di feriti, otto anni di sangue dal 1987 al 1994)..

Attenti osservatori già all’epoca rilevarono che dopo l’ arresto dei fratelli Savi , nel 1994, le piste che si stavano seguendo non collimavano con quelle delle linee minimaliste della banda familistica che rapinava, sparava, ammazzava per scopi di lucro. ….mentre invece si ipotizzava intelligentemente una linea  di trafficanti-fornitori di armi e di esecutori materiali di rapine sanguinose, ma sempre sotto una direzione esterna, una sfuggente se non misteriosa etero direzione, probabilmente politica.

Quale poi il ruolo della Falange Armata, sigla di rivendicazione di molti fatti gravissimi? Tra queste rivendicazioni, ricordiamo, tra le altre, per nostra comune memoria, in quegli anni,        l’ uccisione dell’ educatore del carcere di Opera, in provincia di Milano; a Bologna, il tristemente noto agguato vigliacco a tre Carabinieri al Pilastro; l’uccisione dei Magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; le esplosioni di autobomba in Via Ruggero Fauro, a Roma, in via dei Georgofili, a Firenze, nei pressi della galleria degli Uffizi; a Roma, il rinvenimento di potente ordigno a Via dei Sabini, a 100 metri da Palazzo Chigi; l’ attentato a Padova durante la notte contro il Palazzo di Giustizia ed altri ancora, taluni anche inquietanti inviati per via telematica su siti importanti economici e istituzionali, di non larvate minacce allo Stato…

In questa rete di misteri irrisolti si inserisce il ruolo del terrorista reggiano Paolo Bellini, accusatosi di omicidi vari, tra i quali anche quello politico dai contorni ancora non chiari, del giovane Alceste Campanile nel 1975, come anche indiziato per le stragi della mafia siciliana del ’93, alla luce delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca.

Ciò premesso, alla luce delle riflessioni che possono scaturire quando si parla o si legge di Mafie e Terrorismi, dobbiamo tutti chiedere, con serietà e fermezza, alle Istituzioni della Repubblica, se è stato fatto e si fa davvero di tutto per far piena luce sui tragici eventi che hanno offeso la coscienza dei Cittadini onesti, e questo senza “Omissis”, senza “Se.. e.. Ma”…. Certo, in Italia di anomalie ce ne sono molte, in primis,  la vera anomalia nostrana, è quella di pezzi di politica deteriore che con le mafie si sono interfacciate e anche ora sono colluse. Sappiamo tutti che se questo vincolo mostruoso non verrà tagliato, la malapianta mai morirà, come è giusto, per asfissia.

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