Rugby

Rugby – Flop o non flop?

Sabato il Galles

Roma, 5 febbraio 2019 – Gli azzurri del rugby da ieri sono tornati da Edimburgo a Roma per preparare la seconda partita del Torneo delle Sei Nazioni sabato contro il Galles.
Sono reduci dalla diciottesima sconfitta consecutiva nel prestigioso Torneo.
Cosa succede al caro amatissimo ed applaudito rugby? Dovunque portato ad esempio non solo per i valori etici e formativi che lo distinguono, ma anche per l’ascesa nell’interesse pubblico. Con gli stadi ricolmi in occasione delle partite della Nazionale, capace di fare il pienone a San Siro ed allo Stadio olimpico romano. Con genitori che fanno la fila per portare i bambini a praticare il minirugby, sinonimo di valori positivi ed educativi. Con le televisioni che si litigano il privilegio di trasmettere le partite della Nazionale. Con gli sponsor che fanno a gara per associare il proprio marchio allo sport più sport di tutti.
Una disciplina che giocata ad alto livello tecnico-atletico, è di per sè già spettacolo nei gesti e nella fisicità; dove chi vince ha un valore relativo. L’importanza è battersi con impegno, intelligenza e passione nel rispetto degli avversari e dell’arbitro. Vietate le sceneggiate. Ed alla fine tutti abbracciati nel Terzo Tempo: giocatori e sostenitori.
Questa ascesa del rugby nelle preferenze italiane ha avuto inizio al giro del nuovo Millennio, quando l’allora presidente federale, Giancarlo Dondi, riuscì a convincere le Cinque Nazioni del rugby – Inghilterra, Francia, Irlanda, Scozia e Galles – ad accettare un nuovo membro nell’esclusivo club dei migliori per farlo diventare Torneo delle Sei Nazioni. L’evento sportivo con scadenza annuale più seguito, che nei mesi di febbraio e marzo è alla portata di tutti i televisori del mondo.
Nello scetticismo generale, 20 anni fa l’Italia affronta allo Stadio Flaminio affollato da 30 mila spettatori la Scozia, Campione uscente.
Indovinate cosa succede agli albionici gonnellini tartan il 2 febbraio del 2000?
Che i carneadi azzurri vincano. Un successo su cui l’Italia ancora campa.
L’impresa conquista.
Quando gli azzurri scendono in campo a Roma ed altrove, è tradizione, quasi moda,richiamare da tutto il Bel Paese i cultori dello sport. Se ad essi si associano le decine di migliaia di sostenitori stranieri – che approfittano dell’occasione per una settimana di vacanza nel Paese più bello del mondo – allora si capisce perche i “pentastellati” assisi al Campidoglio, non ostracizzino il rugby come hanno fatto con la candidatura dei Giochi Olimpici.
Così il rugby – praticamente ignorato dai media e dal grande pubblico nel Novecento – si è fatto sempre più importante negli anni.
Ma anche nel resto del mondo – in Europa ed Oltremare – la palla ovale è cresciuta, e forse in maniera proporzionale.
E quando è il momento dei test-match, si scopre che le differenze permangono. Alla resa dei conti succede che raramente si vinca. Molte le onorevoli sconfitte…
Il gap permane. Ma l’Italrugby ormai produce buoni raccolti economici: si può investire nell’ingaggio dei migliori guru tecnici in circolazione. Sono tutti bravi, uno migliore dell’altro.
L’ultimo, l’irlandese Conor O’Shea era un campione da giocatore e lo è anche in panchina. Ha rinnovato totalmente il parco azzurro che attinge linfa dalle due “franchigie italiane” professionistiche, Benetton Treviso e Zebre Parma.
Le due “franchige” non partecipano al Campionato Italiano”; si “fanno le ossa ad alto livello competitivo nel campionato internazionale Guinness Pro 14 che raduna il meglio delle formazioni professionistiche di Irlanda, Scozia, Galles e Sud Africa.
Si tratta di un progetto sostenuto direttamente dalla finanza federale. In collaborazione tecnica e programmatica con gli interessi della Nazionale.
Il progetto funziona: in questa stagione Benetton e Zebre sono nei piani alti della classifica del Torneo
Cio nonostante, al match di Edinburgo le sconfitte consecutive sono giunte a quota 18 e tre i “cucchiai di legno” conquistati dagli azzurri.
La gente comincia a stancarsi. I media non sono più disposti a trattare bene uno sport bello quanto vuoi dove, però, non vinci mai, almeno nel Sei Nazioni.
Anche perché la politica televisiva federale ha portato il rugby in canali digitali terrestri poco popolari come DMax canale 52 o sulla piattaforma a pagamento Sky. L’emittente tratta l’evento in maniera esemplare ma certamente non raggiunge un audience accidentale, ma solo quello eventualmente già interessato.
I giornali vanno a ruota: copertura televisiva contenuta? Seguito mediatico relativo. Specie perché la squadra non vince. Se giochi bene, ma perdi. Il resto, se non hai l’opportunità di vederlo con i tuoi occhi, sono solo scusanti….
Mettiamo, per esempio il match di sabato contro la Scozia.
Conor O’Shea, il simpatico nazionale irlandese che da tre anni ha preso le redini della squadra, è veramente bravo in ogni senso. Ha fatto un lavoro magnifico rinnovando una squadra che per anni si era comportata discretamente raccogliendo qualche raro successo.
Il rinnovamento ancora non ha pagato. Nel XV azzurro sono rimasti soltanto 3 bravi veterani ultratrentenni e passa: Capitan Parisse, il Vice Ghiraldini e il friulano Zanni, il resto tutta truppa fresca ed in gamba.
Era opinione che il lavoro fatto avrebbe dato i frutti sperati in questo Sei Nazioni, fin dal match di apertura contro la Scozia.
Invece è andata piuttosto male. Gli azzurri sono stati in balia della Scozia per un tempo e mezzo offrendo una pessima impressione di sé. Poi, sono stati bravi nell’ultimo quarto di gara a recuperare – anche in virtù dell’innesco della potenza esplosiva del pilone italo-guineiano Traore – mettendo a segno 3 mete che hanno consentito un risultato finale più che accettabile: 32-20 per i padroni di casa.
In conclusione, però, sono fallite le aspettative?
No, anche se questa è stata l’impressione dettata dalle immagini della partita.
In realtà Scozia-Italia è stata pesantemente influenzata da un giallo che ha preceduto il calcio di inizio.
Tito Tebaldi, il mediano di mischia azzurro titolare, infatti, ha iniziato ad avvertire dolori alla schiena in viaggio. È stato oggetto di cure intense per recuperare. Ha “provato” fino all’ultimo momento. Ma non c’è stato nulla da fare.
In campo è andato, così, il secondo mediano di mischia, Guglielmo Palazzani, da alcuni anni nel giro azzurro e dei professionisti italiani aggregati alle Zebre. Non come titolare, ma come rimpiazzo a minutaggio. Esperienza perciò, estremamente limitata.
In tutta la preparazione articolata e lunga al Torneo, hanno lavorato insieme la coppia mediana Allan- Tebaldi, già tandem nella Benetton. Mentre, invece, Palazzani e Allan non hanno giocano abitualmente assieme.
L’affiatamento fra i mediani è fondamentale. La coppia rappresenta la cabina di regia della squadra. Sono loro che dettano ed organizzano il gioco offensivo. Sono loro che realizzano in allenamento gli schemi dettati dall’allenatore. .
Se per qualche ragione l’affiatamento risulta limitato, i mediani possono essere talentuosi quanto vuoi, ma la squadra ne soffre.
Nel gioco del rugby un giocatore non fa una squadra, ma, nel caso di un mediano di mischia senza affiatamento con il mediano di apertura , la faccenda può provocare danni irreparabili, a prescindere dal valore individuale (Palazzani ha messo a segno anche una bella meta).
Questo è accaduto ad Edinburgo.
Si è visto subito che l’Italia era scollata e scombinata, che recitava all’impronta e non a soggetto.
Ne ha sofferto tanto e non è riuscita ad esprimersi.
Prima parlare di flop definitivo, occorre riflettere bene. Tebaldi è tornato a casa a curarsi. Al suo posto è giunto l’ex titolare Ugo Gori, esperto con 59 caps e, soprattutto, compagno di squadra nel Benetton di Allan.
Esperienza ed affiatamento, perciò, al top.
Questi cinque giorni che precedono il match contro il Galles all’Olimpico di sabato, sono sufficienti ad aggiornare i dettagli degli schemi di gioco.
Gli azzurri di O’Shea, perciò saranno in grado di mostrare i loro scibile e far capire se questa squadra sia un flop o no.
Pronostici, comunque, è meglio non farli.
I Gallesi sono andati già a vincere a Parigi per 24-19.
Siamo avvisati, ma l’ottimismo azzurro è da condividere: non sarà un flop!

Giacomo Mazzocchi

Giacomo Mazzocchi, giornalista professionista, è stato capo redattore di TuttoSport, capo della redazione sportiva di Telemontecarlo, direttore della comunicazione della Federazione Mondiale di Atletica Leggera e direttore della comunicazione della Federazione Italiana Rugby. Vanta una vasta esperienza suddivisa fra giornalismo scritto e video con direzione e gestione di giornali, pubblicazioni, redazioni televisive, telecronache, conduzioni e partecipazione televisive. Cura l'organizzazione e produzione tv di eventi e uffici stampa
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