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Racconti di sport. Napoli…“Vurria …”

calcio napoliNapoli campione d’inverno come altre tre volte nella sua storia. In due delle tre precedenti ha poi vinto lo scudetto.

Roma, 11 gennaio – Vurria è un sogno che può avverarsi a maggio e che, per ora, si è concretizzato nel platonico titolo d’inverno. Che non vorrà dire niente, certo, ma che, se andiamo a vedere il passato, un significato può invece assumerlo, visto che in due delle tre volte precedenti in cui il Napoli ha vinto il girone di andata ha poi conquistato lo scudetto. Così fu nella stagione 1986-87, in cui gli azzurri si aggiudicarono la volata d’inverno battendo l’Inter al fotofinish e così fu anche nella stagione 1989-90, quando la squadra allora guidata da Bigon vinse il girone di andata con due punti di vantaggio ancora sull’Inter. E, guarda il caso, anche quest’anno la rivale del Napoli di Sarri è sempre lei. Una coincidenza che fa felici gli scaramantici tifosi partenopei, perché, come diceva il grande Totò: “Credere nella scaramanzia è sinonimo di ignoranza, ma non crederci porta male!”.

L’unica volta in cui gli azzurri furono campioni d’inverno senza poi diventarlo d’Italia risale, invece, alla stagione 1987-88, quella, per capirci, in cui il Milan di Sacchi ribaltò la classifica e la storia del campionato nelle ultime cinque giornate, nelle quali il Napoli fece solo un punto. I rossoneri tolsero il primato ai rivali alla terz’ultima di campionato andando a vincere 3-2 al San Paolo e poi volarono verso il titolo.

Una storia, quest’ultima, che non apparterrà al Napoli di quest’anno, che si rispecchia nelle prodezze di Higuain come quello dei due scudetti succitati si specchiava in quelle dell’altro argentino Maradona; che ha la concretezza di Sarri in panchina che ricorda quella di Ottavio Bianchi e Albertino Bigon; che ha Allan come Bagni, Insigne come Giordano e capitan Hamsik che non ha la mascella di Bruscolotti, ma che ormai è napoletano quanto lui.

Storie di sogni e di campioni che stanno facendo impazzire una città, che ogni giorno che passa pensa “Vurria…” fermandosi lì. Perché quella parola che la segue è sempre meglio non pronunciarla. Per scaramanzia, ovviamente.

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