Ilaria Salis, il processo da Bruxelles, Budapest a Roma
L’esultanza sfrenata per la vittoria della Salis apre la strada a un insidioso scenario, tale per cui l’Italia ha tutti gli occhi del mondo addosso
 
						Scene di giubilo per la vittoria di Ilaria Salis, che vuole il processo qui. Per l’Italia, arma a doppio taglio. Necessario fare la cronistoria europea dell’accaduto prima di arrivare al dunque. L’eurodeputata italiana, accusata in Ungheria di aggressione contro militanti neo-nazisti, continuerà a beneficiare della protezione dell’Aula. Facciamo un riassunto dei fatti fino agli ultimi avvenimenti recenti al Parlamento europeo che hanno riguardato Ilaria Salis, cittadina italiana, insegnante e attivista antifascista, che è stata arrestata in Ungheria e sottoposta a un processo con grande risonanza mediatica e politica.
- L’ARRESTO DI ILARIA SALIS a BUDAPEST
- LA DETENZIONE
- L’IMMUNITA’ Parlamentare
- REVOCA IMMUNITA’ PARLAMENTARE richiesta da Ungheria
- La VOTAZIONE al Parlamento Europeo
- PROCESSO IN ITALIA?
L’accusa e l’arresto
- Arresto e data: Ilaria Salis è stata arrestata a Budapest l’11 febbraio 2023.
- Accuse: le autorità ungheresi l’hanno accusata di aver partecipato a due presunte aggressioni ai danni di militanti neonazisti (che in un primo momento erano stati indicati come tre) avvenute il giorno prima, in occasione del “Giorno dell’Onore”, un raduno che commemora un tentativo fallito di rompere l’assedio sovietico di Budapest nel 1945.
- Reati contestati: le accuse riguardano lesioni aggravate in concorso e l’appartenenza a un’organizzazione estremista antifascista (“Hammerbande”).
- Pena potenziale: rischiava una condanna che poteva arrivare fino a 24 anni di carcere. La Procura ungherese aveva inizialmente proposto un patteggiamento a 11 anni.
La Detenzione e le Polemiche
- Condizioni di detenzione: la sua detenzione preventiva in carcere è durata circa 15 mesi ed è stata oggetto di forti critiche da parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni italiane e internazionali per le condizioni disumane denunciate (mancanza di igiene, presenza di topi e cimici, negazione di farmaci).
- Immagini in aula: le immagini che la ritraevano portata in tribunale incatenata mani e piedi, in modo ritenuto umiliante e sproporzionato, hanno suscitato grande indignazione.
Immunità Parlamentare
- Candidatura ed Elezione: durante la detenzione, Ilaria Salis si è candidata alle elezioni europee del 2024 con l’Alleanza Verdi-Sinistra (AVS) ed è stata eletta eurodeputata.
- Liberazione e Domiciliari: a seguito dell’elezione (e prima della proclamazione ufficiale), le è stata concessa la misura cautelare degli arresti domiciliari in Ungheria, e successivamente il rientro in Italia.
- Sospensione del Processo: con l’elezione, e l’acquisizione dello status di eurodeputata, il processo a suo carico è stato sospeso in virtù dell’immunità parlamentare.
Richiesta di Revoca
Richiesta di Revoca: l’Ungheria ha richiesto al Parlamento Europeo la revoca dell’immunità per permettere la ripresa del processo. Attualmente, grazie al mantenimento dell’immunità, il processo in Ungheria non può procedere. Ilaria Salis è libera e svolge le sue funzioni di eurodeputata.
La votazione al Parlamento Europeo
Decisione del Parlamento Europeo: il 7 ottobre 2025, l’Aula di Strasburgo ha respinto la richiesta ungherese di revoca dell’immunità parlamentare, salvando Ilaria Salis per un solo voto.
Una votazione carica di tensione, a scrutinio segreto, si è risolta il 7 ottobre a favore della Salis: il Parlamento europeo ha respinto la richiesta di revoca della sua immunità da parte dell’Ungheria con 306 voti favorevoli e 305 contrari. Più una postazione ko col deputato che non ha espresso il voto: un bel mistero.
Lo dice lei: “Questo voto è una vittoria per la democrazia, lo Stato di diritto e l’antifascismo. Questa decisione dimostra che la resistenza funziona. Dimostra che quando i rappresentanti eletti, gli attivisti e i cittadini difendono insieme i valori democratici, le forze autoritarie possono essere affrontate e sconfitte. Non si possono ottenere processi giusti in Ungheria né contro gli antifascisti né contro nessun oppositore politico”. Salis ha reiterato poi la richiesta “che il processo si svolga in Italia nel rispetto delle garanzie democratiche”.
La scelta finale spetta al Governo Italiano
La decisione su dove Ilaria Salis verrà processata coinvolge diversi attori e meccanismi legali, ma la scelta finale ricade sul Governo italiano (in particolare sul ministro della Giustizia) in base alla normativa italiana e alla sua volontà politica.
La Salis ha manifestato esplicitamente la volontà di essere processata, ma solo in Italia, ritenendo che in Ungheria non le sarebbero garantiti un processo equo e le garanzie democratiche. L’unica via per processare la Salis in Italia è l’applicazione del diritto italiano e, in particolare, l’articolo 9 del Codice Penale, che regola la possibilità di processare in Italia un cittadino italiano per un reato commesso all’estero. Per procedere in Italia in questi casi, è necessaria la richiesta del ministro della Giustizia Carlo Nordio. È l’unica autorità che può compiere il passo politico necessario per dare il via al processo in Italia. I legali della Salis hanno infatti dichiarato che è solo necessario un passo da parte della politica, la richiesta di procedere del ministro della Giustizia.
Cosa comporta il processo in Italia
Adesso però se davvero l’Italia processasse la Salis, il nostro Paese sarebbe sotto i riflettori del mondo. Qualora da noi la sentenza facesse discutere, come ne uscirebbe sotto il profilo dell’immagine Roma?
- La decisione di processare Salis in Italia è un’arma a doppio taglio per l’immagine di Roma. Mentre potrebbe essere vista come un atto di forte difesa dei diritti umani e della sovranità nazionale contro presunte ingerenze straniere (come sostenuto dalla sinistra), un esito controverso rischierebbe di far apparire l’Italia come un Paese che manipola la giustizia per ragioni politiche, alienando il sostegno di Paesi come l’Ungheria e offrendo un facile bersaglio ai critici internazionali e interni. La pressione su Roma sarebbe massima per garantire un processo la cui equità sia percepita come inattaccabile.
- L’immediata conseguenza sarebbe un ulteriore, forse insanabile, deterioramento dei rapporti diplomatici con il governo di Viktor Orbán. L’Ungheria ha già espresso indignazione per il voto, e un processo in Italia verrebbe percepito da Budapest come una palese interferenza nella sua sovranità giudiziaria. Il governo ungherese non mancherebbe di usare questo per attaccare Roma a livello internazionale.
- Se il processo italiano si concludesse con un’assoluzione o una condanna ritenuta troppo lieve, gli oppositori interni e l’Ungheria a livello internazionale potrebbero accusare l’Italia di aver garantito un processo politico, e di aver così delegittimato la propria magistratura per fini politici. L’immagine di Roma sarebbe quella di un Paese che copre i propri cittadini, minando l’efficacia della cooperazione giudiziaria europea.
- Il voto del Parlamento Europeo si è basato sulla difesa dello Stato di diritto e delle garanzie democratiche. Se l’Italia, in un eventuale processo, non fosse in grado di fornire un iter giudiziario impeccabile, verrebbe accusata di non essere migliore di chi criticava. La brutta figura consisterebbe nel non dimostrare pienamente la superiorità del proprio sistema che si è voluto difendere.
Un bivio politico e giudiziario per Roma
La vittoria di Ilaria Salis al Parlamento Europeo è un trionfo simbolico per lei e per le forze che vedono nello Stato di diritto un argine contro i venti autoritari. Tuttavia, il respingimento della revoca dell’immunità sposta il baricentro della questione da Bruxelles a Roma, mettendo il Governo italiano di fronte a una scelta di altissimo profilo politico e diplomatico.
L’applicazione dell’articolo 9 del Codice Penale, invocata dalla Salis e dai suoi legali, aprirebbe la via a un processo in Italia su richiesta del Ministro della Giustizia. Questa mossa, pur rispondendo all’esigenza di garantire un processo equo, come richiesto dall’eurodeputata, innescherebbe immediatamente una grave crisi diplomatica con il governo di Viktor Orbán, che percepirebbe la decisione come una palese violazione della propria sovranità giudiziaria.
Di conseguenza, il processo italiano diventerebbe un affare internazionale, una vera e propria arma a doppio taglio per l’immagine di Roma. Mentre potrebbe esaltare la difesa dei diritti e della sovranità nazionale, un esito controverso – in termini di assoluzione o condanna percepita come troppo mite – esporrebbe l’Italia all’accusa di aver manipolato la giustizia per ragioni politiche. Il rischio maggiore è quello di non riuscire a dimostrare in maniera inattaccabile la superiorità del proprio sistema giudiziario, minando la credibilità internazionale di Roma proprio sui valori democratici che si sono voluti strenuamente difendere.
La palla è ora nel campo della politica italiana: la richiesta di procedere non è solo una formalità legale, ma un gesto che definirà i rapporti diplomatici con l’Ungheria e il posizionamento dell’Italia sul palcoscenico della giustizia europea.
 
				





