Cronaca

Ancora su Giancarlo Siani, martire della verità vera

Giancarlo SianiSulla stampa di oggi leggiamo che a ventotto anni dal suo barbaro omicidio torna a muoversi la Mehari di Giancarlo Siani (in foto)…

 

…il giornalista del Mattino assassinato dalla camorra il 23 settembre 1985 a Napoli, a pochi metri dalla sua abitazione. L’auto, utilizzata anche nel film “Fortapàsc” di Marco Risi, sarà protagonista del progetto “In viaggio con la Mehari”, promosso da Regione Campania e Comune di Napoli. La vecchia autovettura, guidata da autorevoli rappresentanti del mondo della cultura, della Magistratura e dell’antimafia sociale, riprenderà il suo cammino per la città di Napoli in nome della libertà di stampa e in memoria di tutte le vittime innocenti della criminalità, fino a giungere alla sede del quotidiano “Il Mattino”, il giornale di Giancarlo. Don Luigi Ciotti ricorda Siani. “Amava la ricerca della verità, era un archeologo della verità, scavava sempre in profondità, non si fermava mai in superficie – ha detto don Ciotti – e cercava di fare emergere le contraddizioni. Quello che per lui era importante non era solo la denuncia ma anche cercare di leggere quali erano le cause, i meccanismi di molte forme di marginalità e di cosa alimentava la criminalità camorrista”.

Di Giancarlo Siani ci siamo occupati su questa testata con l’articolo “Il caso Tortora e il caso Siani, due storie diverse ma non tanto“del 14 ottobre 2012, prendendo spunto dalla lettura del libro “Giancarlo Siani. Passione e morte di un giornalista scomododi Bruno De Stefano- Giulio Perrone Editore, giugno 2012. Questa la sua storia, la vicenda umana e professionale di un ragazzo di nome Giancarlo, appena ventiseienne, ucciso nel 1985 a Napoli, al quartiere Vomero; lui, quel  giornalista precario, la cui memoria è ancora viva, sì, fortunatamente proprio tanto viva! Una memoria ancora palpitante per chi ha vissuto gli anni Ottanta a Napoli e in provincia, convivendo ancora oggi con il ricordo indelebile e amaro di una stagione che ha visto le commistioni tra la politica e la camorra, giungendo sino ai nostri giorni accresciute e potenziate.

Le prime indagini sulla sua morte iniziarono con l’arresto di un balordo e la successiva sua scarcerazione, tanto che per il Procuratore  Capo della Repubblica e per gli investigatori fu un vero e proprio smacco; certamente l’errore era dovuto alla fretta di sbattere il mostro in prima pagina per  una cittadinanza turbata. E fu proprio per questo che il Procuratore Generale procedette con una norma del vecchio Codice di Procedura Penale che prevedeva l’ avocazione del procedimento, sconfessando la Procura e gli investigatori.

I risvolti positivi auspicati dal Procuratore Generale arrivarono dopo oltre un anno, vedendo coinvolti un giovane della famiglia mafiosa dei Giuliano di Forcella, unitamente a soggetti del bel mondo dei locali notturni, prostitute di lusso e faccendieri obliqui. Il tutto nato dalle dichiarazioni di uno strano personaggio, noto alle Polizie, ex bancario e arrestato per truffa. Insomma, un’altra sconfitta per la Magistratura partenopea, già in crisi di credibilità per il recente caso Tortora.

Infatti, la sentenza di proscioglimento per tutti gli indagati, a firma del Giudice Istruttore Guglielmo Palmeri, mise la parola fine a quella storia. Finalmente, nell’agosto del 1993, ci furono fatti nuovi, quali le dichiarazioni di un camorrista, gestite da un Pubblico Ministero serio e preparato, che non amava il protagonismo e le interviste, Armando D’Alterio. Il Magistrato scoprì perché era stato ucciso Siani, il tutto scaturito dal fatto che aveva individuato le tracce di una verità intuita ma non conclamata, cioè l’esistenza in Torre Annunziata, dov’era stato semplice corrispondente prima di approdare alla redazione de “Il Mattino”, di un’alleanza fra associazioni mafiose e una parte dell’imprenditoria e della politica. Siani, poi, con i suoi scritti, aveva denunciato l’alleanza tra il  clan Gionta di Torre Annunziata con il potentissimo clan Nuvoletta di Marano, legato a Cosa Nostra di Sicilia. Ma Siani, scrisse D’Alterio nella sua requisitoria, faceva paura non solo per quanto aveva scritto, quanto per quello che avrebbe potuto denunciare in futuro. Dei pericoli era consapevole, perché già oggetto di intimidazioni e minacce, ma continuò fino all’ultimo giorno la sua azione, come dimostrato dalla pubblicazione, il giorno prima dell’omicidio, dell’ultimo articolo sulla criminalità torrese.

Una riflessione ora si impone. In tutti questi anni, cosa è cambiato nella corporazione dei giornalisti? La sensazione è che manchi a molti il coraggio delle idee, divenendo complici attivi di Magistrati “protagonisti” che passano loro comode veline  e di politici invocanti il metodo Boffo, cioè: “infanga e vai….qualcosa succederà….”. Molti giornalisti distrussero all’epoca l’immagine di Tortora, infierendo su un uomo che della sua onorabilità aveva fatto, antipatie a parte per il suo carattere forse ritenuto supponente, la ragione della sua esistenza.

Quale la morale da trarre da questi tragici eventi? La via è una ed una sola. Dovremo lottare fermamente, se vogliamo uscire dalle sacche del nulla di un’epoca di sviluppo senza progresso e di degrado culturale, proprio per l’affermazione di quella Verità Vera che deve essere comunque perseguita e onorata da tutti, ma in primis da quanti operano sui diversi fronti nel gran panorama dell’ideale Giustizia; un fronte ampio che va dai Magistrati, agli avvocati, alle Polizie, non escludendo ovviamente i giornalisti e tutta l’informazione. Un fronte, quindi, di ampia moralizzazione che coinvolga, lo sappiamo bene, soprattutto il mondo civile, ad iniziare dalla politica.

Per Siani, possiamo soltanto affermare che un ragazzo di nome Giancarlo, appena ventiseienne, giornalista precario, fu lasciato solo, incredibilmente solo, da colleghi più anziani ed esperti come anche dalle istituzioni; proprio lui che, nonostante la sua giovanissima età, era davvero un eccellente giornalista d’inchiesta che operava per esigenza morale di giustizia e di conoscenza, sempre finalizzato ad una migliore progressione sociale.

La sua uccisione, da vero Martire della Verità Vera, è stata una ennesima vergogna, tutta italiana!

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