Spettacolo

Accademia di Santa Cecilia – Gatti dirige Wagner e Mahler

Canto per la vita e per la morte

Roma, 13 gennaio 2019 – Ancora ammaliati dal clima delle feste, ancora a rincorrere gioie infantili? E allora eccoci ad ascoltare questo programma sinfonico settimanale proposto dall’Accademia di Santa Cecilia che subito ci trasporta nelle atmosfere gioiose e amorevoli, costruite su un tessuto leggero e delicato arricchito da echi di immagini e rimandi segreti ad altri momenti compositivi illuminati da sentimenti profondi.
Siamo nel dominio de “L’Idillio di Sigfrido” di Richard Wagner, che apre questo pregevole concerto con due autori praticamente coevi, Wagner e Mahler, due colonne portanti della cultura musicale tedesca.
‘L’idillio di Siegfried’ è l’immortale regalo di Natale di Richard a Cosima, la compagna che gli aveva regalato dopo due bambine un maschietto al quale era stato attribuito il nome Siegfried, lo stesso dell’opera che il musicista andava componendo. Il dono era stato confezionato in gran segreto ed eseguito alle 7.30 del mattino del 25 dicembre con l’orchestra schierata sui gradini della scala del palazzo di Tribschen dove la famiglia abitava. Nucleo generatore dell’opera il grande amore sbocciato in modo inarrestabile e travolgente fra Richard e Cosima, figlia di Franz Liszt e moglie di Hans von Bülow e già madre di due bimbe, consacrato fisicamente quel 28 novembre del 1863 a Berlino nella casa del direttore d’orchestra di cui il compositore era ospite. La passione incontenibile si era riaccesa ancor più l’anno successivo quando la ventiseienne Cosima si era recata ospite della villa sul lago di Sternberg messa a disposizione da Ludwig II di Baviera per le vacanze del musicista. Proprio in quell’occasione erano germogliate molte delle idee musicali poi trasfuse nell’’Idillio, che ha un allure intimo e sereno, ma, ancorché assuma un atteggiamento rapsodico, l’elaborazione sinfonica e strumentale del brano è tutt’altro che semplice. Molti magnifici temi si ascoltano nell’opera che si atteggia a poema sinfonico con i cinguettii di un uccellino e i suoni carezzevoli di una ninna nanna tedesca che si ascoltano nella parte centrale. Il direttore Gatti ha condotto con qualche libertà l’opera aumentando notevolmente l’organico fino a quello di una orchestra sinfonica (in realtà era stato scritto per un ridotto gruppo strumentale), ma ha adottato tempi comodi e scavato nei dettagli per rendere il clima particolare e quei suoni con i quali in ogni luogo si vezzeggiano i neonati.
Grande attesa nella seconda parte del programma per la “IV Sinfonia” di Gustav Mahler, tappa fondamentale nell’iter compositivo del musicista boemo, in pendant con il primo brano proposto: là tutta la gioia per un bambino che festeggiava il primo anno di vita, qui l’orrore per i bambini morti per la fame, e il loro canto agghiacciante, anche se descrive le gioie e le dovizie del Paradiso. Anomala, rispetto al resto della sua produzione sinfonica per la durata, più contratta, e per un organico più ristretto (mancano i tromboni e il basso tuba), la “Sinfonia n.4” in sol maggiore fu scritta fra il 1899 e il 1901, anche se il Lied che la conclude “La vita celestiale” su testo tratto dalla raccolta popolare di von Brentano ‘Der Knabel Wunderhorn’ (Il corno magico del fanciullo), era stato composto per soprano nel 1892. La “Quarta Sinfonia” è anche l’ultima che accolga al proprio interno un canto vocale su testo poetico.
Le restanti sinfonie segneranno un cammino verso la “musica pura” perché sottolineare con didascalie musicali “non può che portare all’appiattimento, alla accettazione passiva, in fondo, alla distorsione totale del vero valore di un’opera musicale”, come scrisse Mahler stesso, a proposito della Seconda Sinfonia. Fin dal primo movimento “Riflessivo – Non troppo mosso” si evidenzia l’essenza poetica di Mahler, un tessuto composito di melodie classiche e popolari, che sembrano derivare da Mozart o Haydn per la loro leggiadria tutta settecentesca, con i temi di danza e con quegli accenni di valzer che ricordano Chopin. La sezione più estesa di tutta la partitura è il meraviglioso terzo movimento, in tempo ‘Calmo’, prediletto dallo stesso autore che lo definiva “la più grande mescolanza di colori mai apparsa”, brano di grande eleganza con il suo carattere lirico ed estatico predominante. Una sorta di anticipazione delle gioie rasserenanti della vita nell’Oltre, esaltata nell’ultimo movimento. Una vita celestiale “rurale” dove i santi sono contadini, allevatori, ortolani, pescatori e Santa Marta è una cuoca, mentre Cecilia e i parenti sono musici di corte eccellenti. Mahler avrebbe voluto destinare il lied finale alla voce bianca di un fanciullo ma abitualmente viene proposto da un soprano lirico. Nel programma ceciliano ad esibirsi è Rachel Harnisch, voce scialba che la collocazione dietro l’orchestra ha viepiù indebolito. Ottima la resa orchestrale.

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