Vergognose speculazioni sulla fame dei poveri

Il problema non è la scarsità dei prodotti agroalimentari ma il loro costo
 che, in molti paesi, li rende inaccessibili ai più poveri. L’impennata dei
 prezzi
  è legata all’aumento del costo del petrolio, alla voracità della
 domanda asiatica e alle difficili condizioni climatiche che si sono verificate
 in Africa, Australia, e Stati Uniti d’America. Morale: l’inflazione alimentare
 moltiplica in progressione esponenziale il popolo degli affamati
 e globalizza la crisi. 
 Qual è allora la ricetta alla crisi alimentare di questi
 giorni? E’ quella di Agrisud International, un ong che si occupa di
 agricoltura nei paesi in via di sviluppo. Bisogna smettere di imporre le
 colture che servono ai paesi ricchi e tornare ad un’economia autosufficiente.
 Per ridurre la fame nel mondo e frenare il carovita, bisogna
 cominciare a mangiare cibi locali e stagionali. 
 Proprio come facevano inostri nonni. Per ricostruire un’agricoltura alimentare stabile, 
 bisogna : 1)riservare gran parte degli aiuti alla promozione della piccola impresa
 agricola, che risponda alla domanda alimentare locale; 2) formare i produttori
 locali e favorire l’adozione di tecniche produttive e ambientali più
 valide; 3) assicurare un aiuto tecnico a lungo termine; 4) creare delle
 equipe locali capaci di guidare questo processo. 
 Questa è la proposta di Loretta Napoleone, un’economista italiana che vive a Londra. 
 Ad una crisi strutturale è necessario dare delle risposte permanenti. Tre quarti
 della popolazione mondiale rischiano morire di fame perché il modello
 neoliberalista, non solo non ridistribuisce la ricchezza, ma ha decimato
 le imprese agricole creando una dipendenza cronica dalle importazioni
 alimentari. Al vertice Fao è stata proposta Una banca mondiale del
 cibo, per lo sviluppo dei paesi poveri e la lotta alla fame. Bisogna che
 il processo di riforma dell’ONU in atto sia completato all’insegna di una
 maggiore efficienza e rapidità. E anche di urgente collaborazione con gli
 Organismi Intergovernativi tra gli Stati. In primis il tenace lavoro svolto
 dal Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace, (Nuova Società
 delle Nazioni) che, da oltre trent’anni, si batte con ogni mezzo legale,
 senza polizia ed eserciti, forte solo del successo dell’arma del dialogo
 diplomatico, con Conferenze Internazionali, dibattendo, con il suo
 Consiglio Supremo di Presidenza, sui problemi più urgenti. Fa specie, in
 questi momenti cosÏ drammatici, per la fame e la sicurezza mondiale,
 che la Fao, cioè l’ONU, abbia fatto orecchio di mercante. 
 Non si è avvalsa della collaborazione preziosa di esperti in economia del P.M. degli
 Stati, da invitarsi come Osservatori ai Lavori con diritto a relazionare.
 Qual è la ricetta che possa calmierare i prezzi e combattere le speculazioni?
 Uno studio del Carnegie Endwement e dell’Indira Gandhi Institute
 afferma: Lo Stato, non il mercato, deve essere responsabile del benessere
 dei cittadini, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. 
 La liberalizzazione dei mercati auspicata dall’Organizzazione mondiale del commercio
 impoverisce i contadini e aumenta la disoccupazione rurale nei
 Paesi in via di sviluppo. Concludendo. Fao, un vertice inutile – lo ha
 detto senza mezzi termini il Vaticano – soltanto parole, nessuna soluzione.
 Vanno alle stelle i prezzi degli alimentari. Un ultimo dato: secondo
 l’analisi della Coldiretti, dall’inizio dell’anno, in cinque mesi le speculazioni
 sulla fame hanno bruciato quasi 60 miliardi di euro solo per il
 grano. La gestione finanziaria dei commerci mondiali di cibo, secondo la
 Coldiretti, ha aperto le porte alle grandi speculazioni internazionali che
 stanno giocando senza regole.
				

