Ruolo e funzione della scuola e della famiglia nella società moderna

Come tanti altri soggetti della mia generazione ho vissuto, sulla mia pelle, l‘esperienza scolastica prima come alunno, poi come padre ed infine come nonno.Ebbene, ripudio pregiudizialmente i disinvolti e stravaganti aforismi delle cassandre di turno, nonché il disfatti smo dei catastrofisti di maniera, i cui funerei presagi credo proprio non porteranno mai da nessuna parte; tuttavia, bisogna riconoscere e prenderne atto che, nell’anno di grazia 2012, l‘attuale sistema scolastico e la concezione veramente bislacca ed anticonfor mista della famiglia moderna, non rispondono pienamente alle legittime attese della società contemporanea.


Per onestà intellettuale devo ammettere che a me sorprende molto la meraviglia di chi si straccia le vesti denunciando tutta una serie di inefficienze e di incongruenze, pregiudizievoli per la crescita civile e sociale dei giovani e, per riflesso, degli adulti e degli anziani, la cui età media (grazie al buon Dio ed ai supporti scientifici), tende sempre ad allungarsi.

Infatti, se spaziamo su un orizzonte più ampio accantonando preclusioni e passioni civili, peraltro connaturate e, per molti versi, anche comprensibili, logiche e legalitarie, notiamo con rammarico, e legittima indignazione, che la giustizia va male soprattutto per le lungaggini processuali; la sanità funziona a macchia di leopardo; l‘ambiente rischia il collasso; i trasporti sono sempre nell’occhio del ciclone e chi più ne ha più ne metta.

Allora, perché stupirsi delle anomalie della scuola, i cui operatori, gli stessi alunni e la pletora dei genitori immaturi, sono tutti figli del nostro tempo. Quando accadono certe tragedie attribuibili al cosiddetto “branco” di minori e le cronache ce le ripropongono brutalmente in tutte le salse, l’aspetto che più mi indigna, oltre al dolore per il misfatto, è il palleggiamento delle responsabilità tra il mondo scolastico e la famiglia.

Certo, oggi il rapporto “funzionale” (non quello affettivo), tra genitori e figli, è profondamente cambiato, specie per quanto riguarda il ruolo della madre-lavoratrice, costretta, credo suo malgrado, a demandare ad altri (baby-sitter, insegnanti di sostegno, nonni, quando sono disponibili), attribuzioni importantissime proprie. Alla sera, poi, quando si potrebbe e si dovrebbe avviare un dialogo o una conviviale conversazione nel contesto familiare, spesso affiora la stanchezza e fa capolino lo stress che pervade molte coppie di genitori, i quali, con la complicità di quel devastante strumento mediatico chiamato televisore, rinviano “sine die” l’approccio coi propri figli, accarezzando l’illusione che certi tipi di problemi possono essere affrontati e risolti nell‘ambito scolastico. Gli attuali docenti, dal canto loro, hanno ben poco in comune con i loro predecessori, i quali consideravano l’insegnamento una vera e propria “missione”, surrogando il carente impegno dei genitori, spesso sfiniti dal pesante lavoro nei campi, scarsamente acculturati” se non addirittura analfabeti.

Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, il rapporto studente-insegnante-genitori si esaurisce in una avvilente formalità di facciata con picchi di indifferenza reciproca che scoraggia qualsiasi tipo di progettualità razionale e costruttiva per il futuro. Essendo un irriducibile ottimista, mi ribello alla sensazione di essere entrati in un vicolo cieco e penso esistano ancora sufficienti margini di manovra per attenuare il disagio di una situazione veramente anomala. Perché, per esempio non venga accordata alle lavoratrici madri una aspettativa triennale retribuita senza pericolo di perdere il posto di lavoro come accade in alcuni paesi europei più avanzati?; perché non si costruiscono più asili-nido, più scuole materne, più strutture didattiche di sostegno e di supporto che stimolino le capacità attitudinali dei giovani, con il diretto coinvolgimento delle strutture universitarie e delle imprese per favorire l’avviamento nei mestieri e nelle professioni più utili anche se non del tutto gratificanti ?

Qualche vecchio “trombone” obietterebbe subito che mancano le risorse economiche necessarie, ma resto sempre più convinto che con una politica più rigorosa nei tagli degli sprechi della spesa corrente, oggi la chiamano “Spending  review” (quando la smetteranno di ricorrere sempre a questo tipo di espressioni anglo-sassone incomprensibili a molti) e con investimenti mirati e seriamente programmati, potremmo assicurare alle generazioni future, un avvenire certamente migliore

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