La lettura di un libro, apre la mente e il ricordo dei valorosi Nuclei Radiomobili Carabinieri d’Italia!!

Roma, 30.01.2019 – “Uno Sbirro Al Volante“, questo il titolo del bel libro scritto col cuore da un bravissimo Militare dell’Arma veneta, Francesco Contri, del quale ho avuto il piacere di esserne stato Comandante per tre anni negli ormai lontani anni 2006/09…Il libro è edito da Mediagraf spa di Noventa Padovana (PD), i cui proventi di 16,00 euro, vanno intestati con la causale “Acquisto libro per successiva donazione ai bambini terremotati di Amatrice“..
Un volume di agevole lettura che, come scrive l’autore,”..si ispira a fatti realmente accaduti nel corso della mia breve carriera nell’Arma dei Carabinieri e riporta, con un pizzico d’ironia e una certa velatura romanzesca, alcuni episodi che mi hanno coinvolto in prima persona. I fatti si svolgono principalmente nella città di Padova e nella sua Provincia, un’area economicamente e socialmente ricca e variegata, che ospita innumerevoli attività commerciali e artigianali, immersa nella Pianura padano-veneta e posta ai piedi dei Colli Euganei. Ciò che mi accingo a narrare è il frutto delle mie esperienze personali e del desiderio di ricordare amici e colleghi con cui ho condiviso fatiche, avventure ed emozioni. Sono nato a Padova nell’ ottobre 1970 da una famiglia borghese: Padre, Ufficiale dell’Esercito nella riserva, Madre casalinga, due Fratelli più grandi di me di dieci e undici anni. Uno è Ufficiale (.. da me ben conosciuto nel grado di Tenente Colonnello, quale validissimo Comandante del Gruppo Tutela Ambiente di Napoli con competenze operative nel sud Italia quando per tre anni sono stato responsabile nazionale di quel bel Reparto.. nda), l’altro, Sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, attualmente in quiescenza..” Le pagine che seguono raccontano numerose vicende vissute presso il Nucleo Radiomobile di Padova.
“..Chi lavora alla Radiomobile è consapevole, come lo sono le mogli e le fidanzate, gli amici, i familiari, che si deve lavorare anche di domenica, a Natale, a Capodanno, a Pasqua e a Ferragosto. Lo sanno bene in quanto orgogliosi di appartenere a questo reparto, come lo sono stato io..”. Alla conclusione del racconto l’autore, probabilmente rattristato, ma fiero come sempre, narra ciò che lo ha portato a ottenere il riconoscimento dello status di “Vittima del Dovere“..
“L’ 11 maggio 2008, turno serale. Con i dispositivi luminosi e sonori inseriti e intimando l’alt con l’altoparlante della macchina di servizio, invitai lo sconosciuto a fermare la propria corsa, ma questi, incurante del traffico del sabato sera oltrepassò una fila di auto ferme al semaforo rosso, con noi al seguito, per intraprendere una curva a destra piuttosto larga, tanto da fargli perdere il controllo della BMW e schiantarsi contro un palo semaforico. Il mio autista, messosi di traverso, sbarrò la via di fuga ma provocò la caduta del palo del semaforo (alto 7 m), sul tetto dell’ autoradio, lato passeggero, esattamente dove io mi trovavo, tirando giù anche il palo semaforico alla mia destra. Ebbi la prontezza di spirito di scendere dalla macchina per raggiungere il fuggitivo che, nel frattempo, se la stava dando a gambe, nonostante il mio autista riuscisse a saltargli addosso giusto in tempo per ammanettarlo. A quel punto, però, io caddi a terra come una pera matura. Quindi, sulla barella, replicai: “Signor Tenente, non ho sparato perché c’era troppo traffico e non c’erano le condizioni ambientali per farlo..! Iniziai così un lungo periodo di convalescenza che nel 2009 mi portò al congedo assoluto dall’Arma dei Carabinieri e al reimpiego nelle aree funzionali civili del Ministero della Difesa, meritando la qualifica di “Vittima del Dovere”.

Questo bel libro di positive memorie di un “radiomobilista” si collega idealmente ad altro volume da me recensito del Luogotenente Ettore Bertato, “La Fiamma Nel Cuore”, anche Lui da me ben conosciuto ed apprezzato quale Comandante del Nucleo Radiomobile di Padova, per la sua grande operatività e per le sue belle doti umane.. Il libro di Bertato, complesso nei contenuti e ben articolato è edito dalla Casa Editrice CLEUP sc (Coop. Editrice Università di Padova) e i proventi della vendita sono devoluti all’Associazione SLA di Veggiano (PD) che si occupa di malati di SLA.
Anche per questa ottima iniziativa, Bertato evidenzia la sua grande sensibilità e umanità, sentimenti che caratterizzano anche Contri.

Ora scavando nel mondo dei ricordi della esemplare Arma veneta, si riaccende quello di un altro grande Carabiniere, il Brigadiere Capo Salvatore Caratozzolo, del Nucleo Radiomobile di Treviso.. Ricordo che dovendomi rivolgere ai militari nel corso di visita, notai sulla giacca dell’uniforme del militare in parola un nastrino che indicava il possesso della Medaglia di Bronzo al Valor Militare.. Richiestegli notizie, osservai pubblicamente di essere onorato di avere tra i presenti un benemerito della Patria..! Cosa fece Caratozzolo? In breve..Si trattò di una rapina in banca avvenuta anni prima mentre si trovava alla Stazione di Montebelluna, e precisamente a novembre 1992, da parte di tre malfattori con conseguente conflitto a fuoco unitamente al collega Francesco Vincenzi e, benché ferito gravemente ad una spalla, i rapinatori si misero in fuga abbandonando il mezzo e parte della refurtiva… Le conseguenze di quelle ferite purtroppo, con successivi reiterati interventi chirurgici, ancora oggi perdurano a livello fisico nel Brigadiere Capo..

La frase di Contri: “Il Nucleo Radiomobile dei Carabinieri è considerato un reparto d’elite che fin dagli anni di piombo è sempre stato in prima linea riscuotendo onori e considerazione ma annoverando tra le sue fila anche tanti Caduti nell’adempimento del dovere…” riaccende in me la ricordanza di aver da giovane Capitano comandato la gloriosa 2^ Sezione del Nucleo Radiomobile di Roma a metà anni ’70, proprio gli anni di piombo citati da Contri.. Come non ricordare quel venerdì 1º luglio 1977, quando, verso le ore 20, in piazza S. Pietro in Vincoli, a Roma, una pattuglia della mia Sezione, a bordo dell’Alfetta “CIGNO 8” (chi scrive era denominato: “CIGNO 202) si imbattè in tre ragazzi che stavano seduti sulle scale della sede universitaria situata in quella piazza. Nel constatare che il gruppo, nel vedere la pattuglia rallentare, stava evidenziando un certo nervosismo, fu deciso di procedere al loro controllo. Nel breve volgere di pochi secondi si scatenò l’inferno. Così, mentre il giovane, allontanatosi di corsa, fu inseguito dal Capo Equipaggio, Brigadiere…, il Carabiniere Scelto…, con l’ M12, intimò alle due ragazze, che erano armate, di desistere da qualsiasi reazione, e questo proprio nel momento in cui il fuggitivo, vistosi raggiunto, puntò una pistola contro il Brigadiere, che lo precedette colpendolo a morte con l’arma d’ordinanza..Si trattava di Antonio Lo Muscio; le due ragazze erano la Salerno e la Vianale, tutti terroristi rossi dei NAP, ricercati per reati gravissimi.
Poi, ancora, la mattina di domenica 5 dicembre 1981, l’Appuntato Romano Radici effettuava il suo servizio con il Brigadiere Massimo Rapicetti, entrambi della sopra citata 2^ Sezione.. Arrivati nei pressi della Piramide Cestia, notavano due giovani sospetti seduti sulle panchine dei giardinetti e decidevano di controllarli. Rapicetti rimase vicino alla macchina, mentre Radici si diresse verso i ragazzi che si alzarono, allontanandosi velocemente. Invitati ad avvicinarsi per un controllo, uno dei due estrasse repentinamente una pistola sparando contro l’Appuntato che cadde al suolo privo di vita mentre si preparava a reagire e puntando contestualmente l’arma su Rapicetti, che subito rispose al fuoco. Entrambi erano pericolosissimi terroristi dei NAR, che il giorno precedente avevano avuto un cruento scontro a fuoco con una Volante della Polizia in cui rimase ucciso il noto terrorista nero Alessandro Alibrandi. Alla memoria di Radici venne concessa la Medaglia di Bronzo al Valor Civile.
E così, ricordo fatti avvenuti in luoghi diversi della Penisola dove ho prestato servizio in anni successivi per le annuali commemorazioni..
Come non citare i valorosi Pietro Cuzzoli e Ippolito Cortellessa, di Viterbo, caduti in conflitto a fuoco con terroristi di “Prima Linea”, nel 1980; Renato Lio (1991), Antonino Fava e Vincenzo Garofalo (1994), di Terra di Calabria, in agguati di criminalità mafiosa; Enea Codotto e Luigi Maronese, di Padova (1981), per scontro con terroristi neri; Donato Fezzuoglio, ad Umbertide (PG) in conflitto a fuoco con rapinatori di banca (2006)… tutti caduti sul Fronte del Dovere per affermare l’imperio della Legge.
Questi, quindi, sono i meravigliosi Carabinieri dei Nuclei Radiomobili, vere Sentinelle dello Stato, autentici Soldati della Legge! Alcuni lettori, sull’argomento, affermano che è “Beato quel popolo che non ha bisogno di Eroi…”, dalla frase del grande Bertoldt; altri, ancora, sostengono che certe commemorazioni appartengono più alla retorica che alla volontà di trarre insegnamenti da quegli anni…, e questo perché, quelle commemorazioni, possono assumere l’atmosfera dell’ennesimo funerale di Stato, con l’odore dei fiori disfatti che li accomuna alla morte; quindi, come in un funerale, finita la cerimonia, spente le luci, terminati i discorsi, la gente torna al suo “tragico quotidiano” e tutto è dimenticato fino alla prossima commemorazione, quasi a voler dire che l’ Italia piange i suoi morti in difesa dello Stato con.. lacrime di coccodrillo!
Sarà forse così, però con i più diciamo che quel sovramondo ideale, riferito agli Eroi della Patria, rappresenta, soprattutto oggi grazie alla ultradecennale carenza della politica e alla minore presenza di quei valori tradizionali sintetizzati nel meraviglioso trinomio che ha per vertice Dio e per pilastri incrollabili la Patria e la Famiglia, la nostra migliore comune memoria storica. E ancora Loro, gli Eroi della Patria, che hanno pagato con la vita la difesa dello Stato con la forza non di idee (spesso furbe) ma di ideali, cui va aggiunto leonino coraggio ed indiscussa schiena dritta scevra da fognanti compromessi, ma soprattutto senso del dovere e lealtà al Giuramento, costituiscono ancor più eredità nobile e bene etico prezioso per un’intera Nazione, come anche viatico di coraggio, adamantino esempio e lezione di civiltà per i più giovani.
Proprio nella bella Città di Padova, capoluogo della nobile Terra Veneta, sulla quale ci siamo intrattenuti in questo articolo, sul “Lungargine Codotto e Maronese” è stato creato da molti anni dal Comune una bella pista ciclabile e da jogging, con impianto di illuminazione pubblica a luce gialla, percorsa ogni giorno, nelle belle giornate anche invernali, da tanti padovani, giovani e meno giovani; si incontrano, poi, quei due alti pioppi, proprio dove si è verificata la tragedia, con un monumento in pietra semplicissimo, con le fotografie di due militari in uniforme, con i loro nomi, Enea Codotto e Luigi Maronese, ed una data, 5 febbraio 1981. Proprio in quel sito si tiene l’ annuale, semplice cerimonia di commemorazione, alla presenza dei Parenti dei Caduti, di Autorità e Colleghi. Ancora oggi, quanti percorrono quel luogo, rallentano e guardano quelle due foto abbassando il tono della voce, certamente la più bella forma di rispetto per due grandi Soldati della Legge che continuano a vivere nella memoria dei Padovani, dei Veneti, come di tutte le genti di Nord-Est ma, soprattutto, nel commosso ricordo dei Carabinieri, sia di vecchia, sia di nuova generazione, che ci piace denominare, come in uso tra i Fratelli Alpini della nobile Terra Veneta, in rapporti di antica, affettuosa colleganza con l’Arma, “i Veci e i Bocia!”.
Era la sera del 5 febbraio 1981, una classica serata invernale patavina, fredda e limpida, quando due militari del Nucleo Radiomobile di Padova caddero in conflitto a fuoco con pericolosi terroristi…

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