Tematiche etico-sociali

La democrazia del piombo. Delitti politici avvenuti nei tragici anni 1976 – 1982

Il libro di Luca Innocenti

Roma, 3 aprile 2021 – Una stagione che ha visto una lunga sequenza di crimini, guerre di mafia, scandali, attentati e terrorismo, raccontata attraverso il materiale di indagine e gli atti processuali, legando i fatti in una visione di insieme, questo è “La democrazie del piombo. Delitti politici avvenuti nei tragici anni 1976 – 1982”, il libro di Luca Innocenti.

Una fase della strategia della tensione più elaborata delle precedenti, un torbido intreccio fra mafia, eversione, politica e massoneria, che ha determinato ferite profonde alla Repubblica e ha condizionato la vita politica del Paese.

Il libro ricostruisce le lotte di potere, i legami fra le organizzazioni criminali, le morti a catena e una strage, quella della stazione di Bologna, opera dei neofascisti per interessi della P2, realizzata per delegittimare le istituzioni, ricattarle, portare il Paese nel caos. Luca Innocenti (1975), informatico e saggista, è un appassionato studioso degli anni Settanta, autore del blog 4 agosto 1974. Per fuori|onda ha scritto, nel 2013, “Italicus, la bomba di nessuno – Una strage impunita tra depistaggi, eversione nera e complotti di Stato” e, nel 2017, “Sciabole e tritolo, le stragi e il golpe bianco”.

Iniziamo la lettura di parti salienti del libro.

– da pag. 7. “”In Italia, dalla fine della seconda guerra e dopo la caduta del muro di Berlino, sono stati compiuti innumerevoli atti di criminalità politica, evidenti soprattutto in alcune fasi critiche della storia del Paese, delitti e attentati che ne hanno influenzato e indirizzato la vita in maniera profonda. Riguardo al periodo preso in esame, ossia il 1976-1982, appare delinearsi, in maniera sempre più precisa, un contesto univoco che accomuna un numero enorme di fatti gravi. Crimini che quotidianamente, come oggi non sembra neanche possibile immaginare, si ripetono: politici, banchieri, giornalisti, militari e giudici che finiscono morti, misteriosamente impiccati o sparati in auto; guerre di mafia dove scompaiono centinaia di persone all’anno; scandali politici, fenomeni di corruzione che coinvolgono gangli vitali dello Stato; terrorismo dilagante, stragi e attentati di cui spesso sfuggono autori ed obiettivi. Le vicende di Sindona portano all’uccisione di Ambrosoli, ma la fermezza dell’avvocato e le indagini del giudice Falcone hanno consentito di scoperchiare la P2. Per tale causa cade in disgrazia Calvi, che viene ucciso a causa degli inconfessabili rapporti fra finanza, politica e criminalità organizzata. Legami fra criminalità e apparati dello Stato nati nel sequestro Cirillo o in quello di Aldo Moro, oppure in altri delitti eccellenti, come quello di Pecorelli. Che hanno una comune origine, antica come la Prima Repubblica, ben salda sotto la massoneria. Questa strategia politica che ha il suo zenit nel periodo preso in esame, e che corrisponde alla strategia della P2, non è condotta contro lo Stato, ma dentro lo Stato e in sinergia con esso. Un potere occulto, come altri e legato ad altri, funzionale al mantenimento del sistema, da riformare perché non cambi, garantendone la sua conservazione.””
“”I neofascisti, la P2 e l’uccisione di Vittorio Occorsio. Il giudice Occorsio e le inchieste sull’eversione. Gli anni Sessanta e Settanta sono un periodo in cui la società muta rapidamente, in un Paese dove è avvenuto uno sviluppo industriale tumultuoso. Una società contraddittoria, caotica e rumorosa, attraversata da forti tensioni sociali, dove la violenza politica diventa, giorno per giorno, pratica quotidiana. Fino al 1974, gli episodi più gravi riguardano il terrorismo neofascista (ad eccezione della strage di Fiumicino, opera dei palestinesi di «Settembre nero»); poi in quell’anno anche nell’estrema sinistra le frange più fanatiche si organizzano e si strutturano, emerge l’organizzazione più pericolosa, le Brigate rosse. Occorsio, con tutta probabilità è, in quel periodo, il massimo esperto in materia di eversione occupandosene fin dagli scandali del Sifar. Si è occupato delle bombe del 12 dicembre 1969, dall’inizio delle indagini, spiccando ordine di cattura nel 1971 per Stefano Delle Chiaie, capo di Avanguardia nazionale, costretto a fuggire latitante nella Spagna franchista. Nel 1973 è impegnato come PM nel processo a Ordine nuovo, l’accusa è ricostituzione del disciolto partito fascista e, alla fine, ottiene severe condanne. Quello dei sequestri, che si susseguono a ripetizione, a Roma ma anche al Nord, è un fenomeno ancora difficile da arginare: se ne occupa in prima linea, come nel caso del rapimento di Amedeo Ortolani. Lo rilasciano dopo dieci giorni, quando Ortolani padre sborsa un miliardo di lire ai rapitori, della cosiddetta banda dei marsigliesi (ossia Berenguer, Bergamelli, Bellicini e loro complici). La stessa banda che, in quel periodo, sequestra anche il gioielliere Gianni Bulgari e Alfredo Danesi, figlio dell’industriale del caffè. La decisione di uccidere Occorsio ha segnato la convergenza Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, che hanno nel magistrato un comune nemico. È proprio Concutelli il killer che aspetta Occorsio fuori casa e lo uccide. Da subito la Polizia è sulle sue tracce, perché è già ricercato e gli identikit dei testimoni oculari sono somiglianti a lui. Il bandito asserragliato nel suo covo, capisce che non gli conviene opporre resistenza e si fa arrestare. Dentro l’appartamento vengono trovate armi, esplosivo,bombe a mano, documenti falsi e soldi che risulteranno provenienti da altri sequestri, che dimostrerebbero contatti con la banda di Vallanzasca. Emerge un connubio nuovo, una saldatura in corso fra estrema destra e bande di alto spessore criminale. L’ondata di arresti smantella On e An, abbattendole anche come organizzazioni clandestine.””

– da pag.23. “”La P2 e i suoi legami. Nelle indagini sulla morte del giudice romano dapprima si alza un gran polverone, poi nel giro di breve tempo scende il silenzio. I magistrati non conoscono altri elementi che emergeranno solo molti anni dopo: in particolare il legame che vi è fra la P2 e il neofascismo armato, l’infiltrazione delle mafie nella massoneria, i legami fra mafie e terrorismo di destra.””

– da pag.185. “”Roma a mano armata. I Nar e i delitti di Valerio Verbano, Mario Amato e Francesco Mangiameli. Negli anni Settanta l’ attività politica è totalizzante per i giovani e il 1977 vede un’ accelerazione tumultuosa nelle tematiche e nelle espressioni, la protesta viene portata avanti dai movimenti studenteschi. Una di queste vendette avviene il 22 febbraio 1980 in pieno giorno a Roma. Dopo avergli sparato in casa alla schiena con un calibro 38, presenti i genitori, i criminali scappano via perdendosi una pistola calibro 7,65, col silenziatore, e altro materiale. Chi l’ha ucciso appartiene all’ estrema destra. Nel proclama si dice che Verbano non sia un «innocuo ragazzino». Lui ha 19 anni, è impegnato nell’area extraparlamentare di sinistra. L’anno prima è stato arrestato perché trovato in possesso, nel corso della successiva perquisizione, di una pistola Beretta cal. 7,65, con matricola e contrassegni abrasi, completa di munizionamento. Verbano svolge attività all’ interno della controinformazione antifascista, ha centinaia di pagine e appunti, nomi e non noti dell’estrema destra romana. Mario Amato, che ha raccolto gli incarichi del giudice Occorsio, è un uomo molto determinato e meticoloso: difatti si tiene il materiale del ragazzo, studiandoselo bene.
Le indagini di Mario Amato e il suo assassinio. Le azioni dei Nar trasportano su questo doppio binario, fra rapine e attentati. Il loro principale nemico è il giudice Amato: in dicembre ha fatto arrestare Dario Pedretti, mentre all’ alba del 22 febbraio, lo stesso giorno in cui muore Verbano, finisce in manette un altro nome di spicco, Alessandro Alibrandi, sospettato dell’ omicidio dell’ agente di polizia Maurizio Arnesano. Il giovane è anche il figlio del giudice Antonio Alibrandi. Il Procuratore capo De Matteo concorda che venga arrestato, ma lui la firma non ce la vuol mettere. Amato procede ugualmente, esponendosi, ma dopo due giorni Alibrandi viene rilasciato perché gli confermano l’ alibi e si apre la strada ad una nuova vendetta. Amato ha il destino segnato, ma non sarà Alibrandi il prescelto per l’ azione. Qualcosa sull’idea trapela, evidentemente, perché di lì a breve Amato viene avvisato della trama da un detenuto, Marco Mario Massimi, mezzo detenuto comune, mezzo politico. A quel punto l’omicidio, troppe volte rimandato, è ormai pronto. L’ impresa è facilitata dal fatto che il giudice non abbia nessuna scorta. La mattina del 23 giugno, Amato esce di casa per recersi in Procura con mezzo pubblico, lo segue Cavallini che arriva da un’ altra direzione e si mette alle sue spalle: non appena il giudice rallenta, tira fuori una pistola Colt Cobra calibro 38, gliela punta alla nuca e spara, un colpo solo ma mortale. Poi il killer sale allontanandosi su una moto guidata da un complice, di cui i passanti annotano la targa, ma è rubata. Il giorno successivo i Nar fanno ritrovare un volantino-manifesto di rivendicazione, in una cabina telefonica, scritto dallo stesso Cavallini. In Procura a Roma scoppia una polemica aspra, Amato è il quarto giudice ucciso in pochi mesi, il Procuratore capo De Matteo è costretto a dimettersi.
La strage di Bologna. I movimenti dei Nar, che si spostano fra Sicilia, Roma e Veneto, fanno trasparire il legame operativo fra le organizzazioni eversive nella realizzazione della strage (quindi anche Ordine Nuovo e Terza Posizione), ma anche i rapporti fra queste con i mandanti. Le ipotesi investigative, sui mandanti, sono partite da un foglietto ritrovato a Gelli, battuto a macchina e corretto a penna, relativo al conto bancario 525779 XS con l’intestazione «Bologna» (corrispondente a un conto di Gelli presso la banca svizzera UBS) agli atti del processo sul crac dell’Ambrosiano. Nel foglio sono annotati una serie di conti e di denaro, quasi 15 milioni di dollari, soldi che sarebbero stati utilizzati per sovvenzionare la strage e per i depistaggi susseguenti. Il 2 agosto avviene il più grave attentato dal dopoguerra. Bologna è un grande snodo del centro Italia. Ma in quella data, alle 10.25, un esplosivo potentissimo, verosimilmente del peso di 15 kg, costituito da una miscela di tritolo e T4, deflagra provocando il crollo dell’ edificio della stazione. Il materiale esplosivo è di provenienza militare e, recentemente, i periti hanno espresso il parere che derivasse dallo sconfezionamento di ordigni della Seconda guerra mondiale.””

– da pag.215. “”Confessioni di una mente pericolosa. L’uccisione di Aldo Semerari. La guerra non ortodossa. Durante gli anni Sessanta, per ostacolare una possibile svolta a sinistra in Italia,vengono teorizzate strategie politiche e militari di guerra psicologica, da usare per combattere il comunismo giocando d’anticipo, prima che riesca a raggiungere il potere politico. Alcune di queste strategie vengono presentate al convegno sulla Guerra rivoluzionaria dell’Istituto di studi militari Alberto Pollio, svolto fra il 3 e il 5 maggio 1965. Nel momento di maggior ascesa delle sinistre, ossia dopo il 1968, matura l’esigenza di dare concretezza a questa strategia, che viene chiamata guerra non ortodossa: creare il disordine tramite attentati e nella destabilizzazione attribuire alla parte avversa le colpe, per poi riportare l’ordine, ordine che devono ristabilire i militari. Nel golpe Borghese vi sono insieme militari, strateghi e neofascisti: ogni singolo ambito gode di una propria autonomia, ma vi è un unico fine. I capi e i soldati. Successivamente al fallimento del golpe del ‘70, si determina una situazione di sua costante possibile attuazione. I capi di questi progetti sono individuati in avventurieri come Sogno, Pacciardi, Borghese stesso, anche se è verosimile vi siano implicati altri politici moderati e meno, con finalità diverse. Questo meccanismo diventa una strategia politica di più lungo periodo, bene semplificata dalla P2 e dai suoi obiettivi, ossia di una conquista, uno alla volta, degli spazi di potere, dei media, della finanza e della burocrazia, in attesa di un varco politico favorevole o di una possibilità autoritaria.
I cattivi maestri. Aldo Semerari è un uomo oscuro, per certi versi indecifrabile, considerato un luminare in criminologia, un’ autorità ma, al contempo, un portatore di idee che definire pericolose è un eufemismo. La teoria di Semerari, già si sta attuando, probabilmente è nello stato delle cose la possibilità di utilizzare mafie e bande criminali per finalità politiche, non si ritrova solo nei neofascisti che si radunano intorno a Signorelli. Vista la sua autorevolezza essendo in grado di alleviare le condanne di banditi di ogni risma, con suggerimenti e perizie psichiatriche compiacenti, si pone direttamente come anello di collegamento tra i due mondi. Nel 1981, quindi, Cutolo chiede a Semerari questa «superperizia» di parte, per valutare le sue condizioni mentali. Già un suo collaboratore, il prof. Antonio Mottola, era stato ucciso per queste faide fra organizzazioni camorristiche. Nei suoi ultimi giorni di vita, Semerari ha paura, evidentemente ha avuto più di un avviso, cerca di contattare i Servizi segreti. Quindi Semerari non ha buona sorte, il criminologo non sarà in grado di terminare il suo lavoro di perito per Cutolo: il 26 marzo del 1982 scompare dall’ Hotel Royal di Napoli dove alloggia, sequestrato dalla camorra. Gli anti-cutoliani, sopprimendo Semerari, annullano l’ iniziativa di Cutolo e dimostrano che ormai sia finito. La cosa sta anche bene, evidentemente, pure ai referenti politici della camorra, quei politici della Dc che possono continuare a dire che, per il caso Cirillo, non c’è stata nessuna trattativa.””

– da pag. 280. “” Reazione a catena. Il sequestro Cirillo. I Nap e l’ingresso delle Brigate Rosse a Napoli. Dopo l’ estate 1980, si decide di rafforzare la colonna napoletana, mandando Giovanni Senzani, che entra nella sua direzione. Senzani ha un’autorevolezza differente, è un sociologo che si è dato alla rivoluzione, un ricercatore del Cnr specializzato nel tema delle carceri, su cui ha pubblicato studi e saggi, in particolare una inchiesta sugli istituti di rieducazione minorile. La campagna Cirillo. Le Brigate rosse hanno l’ obiettivo di attaccare il sistema e portare le masse a ribellarsi, quindi devono realizzare azioni di propaganda armata. Ciro Cirillo è un minuto politico della DC in Campania, assessore al bilancio della regione, ma è un obiettivo utile. Nel suo ruolo rappresenta infatti il fulcro del sistema di tangenti e corruzione, in particolare quello della ricostruzione del dopo terremoto dell’Irpinia, essendo il presidente della commissione che ha gestito tutti gli appalti. Il terrorista criminologo riesce a rivendicare il sequestro, telefonando al «Mattino», cui seguono vari comunicati, di cui già il primo punta l’attenzione sulle corruttele del dopo terremoto. I concetti sono chiari, le Br ora hanno fatto un loro prigioniero e lo processeranno. Si può ritenere che le confessioni dell’assessore saranno una formidabile arma di ricatto. Arriva Cutolo. Il carcere è l’ ambiente dove Cutolo comanda su tutto e tutti, guardie e direttori inclusi. Questo tramite la sua figura, il potere della corruzione e il piombo, quando serve. Agli inizi del 1981 Cutolo viene trasferito ad Ascoli: li può far quel che vuole, più che altrove, arriva persino ad uscirsene dalla galera per svolgere meglio i suoi affari. Ha tante amici importanti ormai, politici, costruttori, imprenditori, presidenti di squadre di calcio. In quel periodo arriva il destino a cambiargli le carte davanti, decisamente il 27aprile 1981, quando avviene il sequestro di Ciro Cirillo. Intanto, per svolgere il suo compito, deve incontrare in carcere uomini legati alle Br, detenuti politicizzati che possono fare da tramite per le richieste, e quindi è necessario che ne vengano spostati alcuni. Cosa che puntualmente avviene. I politici che giungono da Cutolo gli baciano le mani in segno di devozione e la trattativa fra Stato e Cutolo si chiude. Il risultato è questo: alle Br vanno 1 miliardo e 450 milioni, 29 mila banconote da cinquantamila lire, soldi da usare in armi e terrorismo. La Nuova camorra organizzata, invece, prende due miliardi per il servizio di intermediazione. Cirillo viene rilasciato il 24 luglio.””

– da pag.300. “”Cosa nostra fra la fine degli anni Settanta e l’inizio della mattanza. Le relazioni di minoranza firmate da Pio La Torre e da altri parlamentari del suo partito, sono un atto di accusa durissima, raccogliendo un numero enorme di episodi che dimostrano quanto Cosa nostra fosse agganciata al mondo della politica, fino ai livelli più alti. La Torre, oltre a voler introdurre normative più stringenti (ad esempio la confisca dei beni mafiosi), parte da una visione della società basata sui principi di giustizia e uguaglianza, elemento comune con tante altre vittime della mafia, con quelle personalità uccise anche per quello che hanno rappresentato: giornalisti e intellettuali come Giuseppe Fava, Mauro Rostagno, Giuseppe Impastato, sacerdoti come Giuseppe Puglisi, sindacalisti come Franco Imposimato (fratello del giudice Ferdinando, che si voleva colpire indirettamente): tutti portatori di idee sociali di ferma opposizione alla prevaricazione, all’ignoranza e allo sfruttamento.
L’ omicidio di Pio La Torre. Nel settembre 1981 la direzione nazionale del Pci designa La Torre come segretario regionale in Sicilia, con il compito di far riprendere vigore al partito, che nell’ isola soffre di un’emorragia di voti. La Torre accusa frontalmente i democristiani, appunto per gli incarichi pubblici che riveste Don Vito Giancimino, vedendo che, dopo la morte di Mattarella, c’è un clima di paura o di connivenza, un clima in cui la mafia spadroneggia. Si incontra con il ministro Rognoni per sollecitare le sue proposte di legge, e con il capo del Governo Spadolini, sollecitando la nomina come Prefetto di Palermo di Dalla Chiesa che potrebbe dare risultati. Pio La Torre viene ucciso. La mattina del 30 aprile è in macchina con l’autista Rosario Di Salvo. Se sappiamo quali fossero i killer e che questi fossero agli ordini di Riina, non è stato accertato se vi fossero mandanti esterni.”

Sin qui il libro.

Ora concludo, sostenendo che c’è un vizio atavico nella nostra bella Italia, quello delle facili amnesie, con tendenza alla rimozione di ciò che è accaduto, persino quando si tratti di fenomeni drammatici che hanno sconvolto l’Italia come il terrorismo storico. Negli anni Settanta, le prime violenze furono decisamente favorite da un clima di indifferenza, disattenzione, sottovalutazione, se non indulgenza e contiguità. Si faceva riferimento ai “compagni che sbagliano”, alle teorizzazioni assurde “Né con lo Stato né con le BR” e altro. Senza alcuna pretesa di stabilire delle analogie, va detto che sarebbe di nuovo sbagliato sottovalutare o registrare con indifferenza ciò che sta accadendo.

Ogni volta che, a distanza di qualche anno, si verifica un grave fatto, ecco Politica, media, analisti da scrivania a sorprendersi; si è, ogni volta, all’alba del Mondo per cui si scrive, si scrive e si parla, si conciona, si disserta a dismisura. Sì, questa la storia infinita della tragica eterna pagina italiana!

Cosa fare? Certamente l’attenzione va tenuta costantemente alta da parte di tutti, in quanto è inimmaginabile che dopo la disarticolazione del terrorismo rosso nei primi anni ’80, con eccezionali successi di Magistratura, Antiterrorismo (nel quale settore ho operato per quattro anni, in quelli definiti di piombo), Servizi allora oltremodo efficienti e Polizie davvero specializzate, taluni personaggi ben noti ma ai margini delle organizzazioni rivoluzionarie e non scalfiti dalle molteplici inchieste, non siano stati incisivamente monitorati nei decenni successivi!

E questo imperativo di vigilanza riguarda in primis la Politica e tutte le Istituzioni, non escludendo la gente comune perché oggi, sull’onda lunga della gravissima crisi economica aggravata a dismisura dalla pandemia, la saldatura dei gruppi terroristici esistenti “dormienti”, con frange anarchiche anche internazionali, è senz’altro possibile, con ovvi accorti pilotaggi esterni.

Necessita quindi una presa di coscienza generale che riguarda anche l’oscuro pianeta Mafia, la cui lotta va potenziata oltre misura.

Questo aspetto è molto importante e va attenzionato da chi di dovere ma anche dai Cittadini!

Back to top button
SKIN:
STICKY