La CIA e il terrorismo italiano

Roma, 28 giugno 2020 – “La CIA e il terrorismo italiano – Dalla strage di piazza Fontana agli anni Ottanta (1969-1986)”, Carocci Editore, pagg.165 di Giovanni Mario Ceci. L’autore,  insegna Storia dell’Europa contemporanea presso l’Università degli Studi Roma Tre.
Giovanni Mario Ceci ha analizzato un tema ancora oggi rovente. Dai documenti citati (Ambasciata Usa a Roma, Cia, Dipartimento di Stato, Casa Bianca e numerosi altri ) non è emersa molta chiarezza sull’idea che gli americani si sono fatta del terrorismo italiano e delle trame eversive. Sono elencate molte, tante ipotesi, anche suggestive ma viene espressa anche molta cautela nel trarre una conclusione sulle origini, lo sviluppo e le finalità della “lotta armata.” La documentazione americana appare comunque importante per ricostruire tasselli e capitoli di una storia che rimane oscura

Iniziamo la lettura di alcune parti del libro…

– da pag.29… L’Italia tra stragi, inquietudini dei militari e tentativi di colpo di Stato…“Bombing in Italy… Le conseguenze politiche potrebbero essere gravi, ma le valuteremo meglio dopo che vedremo in che modo reagirà il governo”. Alle 9:00 di sera, ora di Roma, si tiene una riunione d’emergenza del Consiglio dei Ministri. Con queste parole, nel tardo pomeriggio del 12 dicembre 1969, l’Ambasciata statunitense a Roma comunicava a Washington, con un breve telephone report immediatamente trasmesso a Kissinger, quanto accaduto pochi minuti prima a Milano e a Roma… In merito alla possibile matrice della strage, sia la CIA che l’Ambasciata di Roma sembravano avere le idee piuttosto chiare. Infatti, sulla base anche di diverse informazioni ricevute da alcune fonti italiane, tanto i report dell’agenzia di Lagley (Agenzia di spionaggio in Virginia n.d.a.) quanto quelli dei diplomatici di via Veneto (Ambasciata) tendevano a considerare l’ipotesi della cosiddetta “pista rossa”, che individuava i responsabili degli attentati in ambienti e gruppi di sinistra, come la più convincente… Si rilevava: “ci è stato detto in via privata che sono già cominciati a Milano e a Roma arresti di elementi dell’ultra sinistra, vale a dire maoisti, anarchici e gruppi di potere operaio (worker-powergroups)”. Il giorno dopo questa stessa ipotesi fu sostenuta anche dalla CIA. A far scoppiare le bombe – si osservava in una breve analisi dedicata alla “violenza” in Italia – “possono essere stati (…) giovani estremisti di sinistra, che hanno tentato di radicalizzare le agitazioni legate al mondo del lavoro” che hanno caratterizzato i mesi scorsi in Italia…

– da pag.35… La CIA, gli Stati Uniti e il terrorismo nero negli anni della “strategia della tensione”: le possibili ragioni di un silenzio… Se si prende in esame la documentazione della CIA tra il 1970 e il 1974, un dato in effetti salta subito agli occhi: la scarsissima documentazione relativa alle azioni del terrorismo di destra in quegli anni e, più in generale, a quella che è stata definita la “strategia della tensione” (ma si tratta di un’espressione che, come si è detto, appare per varie ragioni inappropriata e fuorviante). Naturalmente questa assenza può essere dovuta a un mero problema di consultabilità delle fonti: in altri termini, i documenti sarebbero stati in realtà prodotti dalla Cia e dunque esisterebbero (se non sono stati distrutti ovviamente), ma non sono stati declassificati e dunque semplicemente non sono disponibili o consultabili. Questa appare certamente una spiegazione non solo possibile ma per molti versi verosimile,che può indubbiamente aiutare a capire una delle ragioni principali di tale lacuna documentaria. E tuttavia, se elevata a chiave di lettura unica e onnicomprensiva, di essere, allo stesso tempo, una spiegazione anche decisamente parziale, che non permette di comprendere pienamente il problema… Anche in un altro senso il terrorismo di destra appare essenzialmente “italiano” (e quindi non allarmante). Se si legge la scarna documentazione elaborata tra il 1970 e il 1974 dalla Cia e da altri soggetti politico istituzionali statunitensi, emerge infatti con sufficiente chiarezza (anche se mai declinata in modo esplicito) una lettura abbastanza condivisa del terrorismo nero, così come della violenza politica diffusa e anche del nascente terrorismo rosso… Tra il 1970 e il 1974 (ma il quadro non sarebbe cambiato profondamente almeno fino al 1977, come vedremo), la preoccupazione della Cia – e ancor di più del Dipartimento di Stato e soprattutto della Casa Bianca e dell’Ambasciata di Roma – era motivata in effetti non dal terrorismo quanto da altri fattori della situazione italiana. Innanzitutto impensieriva la difficile condizione economica e finanziaria… Più che il terrorismo di destra, erano altri fattori a rendere critico e problematico il contesto italiano politico, secondo il punto di vista dei diversi attori politico- diplomatici statunitensi. A impensierire non poco era, innanzitutto, lo slittamento a sinistra del quadro politico. Contribuiva inoltre a destare preoccupazione la “questione comunista”…

– da pag.40…La “crescente irrequietezza” dei militari italiani e i diversi tentativi di colpo di Stato… È noto che il tema del possibile golpe abbia costituito una questione centrale e ricorrente nella discussione pubblica e politica in Italia tra il 1969 il 1974… Già nel1969, diversi attori politico istituzionali statunitensi avevano cominciato a interrogarsi sull’atteggiamento dei militari italiani nei confronti del sistema politico nazionale. Di fronte all’aggravarsi della crisi politica, a partire soprattutto dall’estate di quell’ anno, iniziarono a intensificarsi voci nell’opinione pubblica italiana e all’interno di alcune forze politiche (in particolare il PCI) circa un possibile intervento dei militari e una conseguente svolta autoritaria del paese…Per Martin (Graham Anderson Martin, Ambasciatore USA in Italia dal 1969 al 1973),andava aggiunto poi un altro elemento: il corpo italiano degli ufficiali “ci è stato descritto come un gruppo chiuso nel suo mondo (introverted), più preoccupato delle promozioni” e del fare politica per avvantaggiarsi a livello personale all’interno del proprio settore che del “contesto nazionale”… Infine, l’Ambasciatore chiamava in causa la “notevole rivalità tra i Carabinieri e la Pubblica Sicurezza, ravvivata dalla popolarità tradizionalmente maggiore dei Carabinieri”. Naturalmente, escludere la via del golpe non voleva dire per Martin escludere il fatto che i militari potessero intervenire in futuro nella vita politica italiana… Il 7 agosto 1970, Martin aveva infatti informato Washington di essere a conoscenza di un tentativo di colpo di Stato che avrebbe dovuto realizzarsi nei giorni immediatamente successivi. L’organizzazione coinvolta era chiamata Fronte nazionale; il capo di questa organizzazione era Junio Valerio Borghese. L’Intelligence community di Washington venne subito “allertata”, come fece sapere immediatamente Rogers a Martin l’8 agosto…Innanzitutto, si può rilevare che i vertici di via Veneto e di Washington erano pienamente a conoscenza dei progetti del gruppo di Borghese; il quale – attraverso alcuni intermediari – non solo volle informare gli Stati Uniti, ma chiese esplicitamente loro non qualche “aiuto specifico” ma che riconoscessero il nuovo regime in Italia una volta insediato. L’esplosione delle notizie relative al golpe borghese alimentano, secondo le informazioni che giungevano a via Veneto, queste voci e questi progetti. Come è noto, il progetto golpista ideato da Borghese non viene messo in pratica ad agosto ma solo agli inizi di dicembre del 1970. Altrettanto noto è il fatto che la notizia venne però resa pubblica solo alcuni mesi dopo, a metà marzo del 1971…Il Governo italiano – rilevava stavolta a caldo la Cia sia in un report top secret sia nel suo giornaliero briefing al Presidente – sapeva dei piani golpisti “sin dai primi di dicembre” così come era a conoscenza che esse non costituivano una “minaccia seria”…

– da pag.55…La scoperta delle BR…Una lenta scoperta… Alla scarsa attenzione della prima metà degli anni ‘70 nei confronti dei terroristi neri e delle loro azioni violente (ma non verso i possibili progetti golpisti, come si è appena visto), corrisponde in realtà da parte della Cia e degli altri soggetti politico diplomatici americani un’attenzione altrettanto limitata negli stessi anni nei confronti del terrorismo rosso e più in generale della violenza di sinistra. Sulla base della documentazione attualmente disponibile, è possibile concludere che fu in effetti solo a partire dagli ultimi giorni del 1976, e soprattutto dal 1977, il fenomeno eversivo di sinistra e in particolare le Brigate Rosse cominciano lentamente a essere presi in esame dall’intelligence e dai diplomatici statunitensi e a essere quindi al centro di un numero crescente di report e valutazioni… E non solo in quelle della Cia: nella prima metà degli anni 70, il problema del terrorismo di sinistra era assai raramente menzionato
I timori di Moro, la cautela di Andreotti…
Di tutte queste cose Gardner aveva lungamente parlato poche settimane prima con il leader della DC Aldo Moro, nel suo studio privato; anzi, non è affatto da scartare l’ipotesi che il confronto con lo statista democristiano – nel corso del quale proprio il tema del terrorismo fu probabilmente la questione principale – abbia, almeno in parte, contribuito ad alimentare alcune sue preoccupazioni e a condizionare certe sue valutazioni. Nel corso del colloquio, svoltosi il 4 novembre, Moro espresse a Gardner innanzi tutto la sua ferma convinzione che il terrorismo italiano avesse un carattere e un progetto chiaramente “politico”. Il livello di preoccupazione di Moro era davvero altissimo: il terrorismo – confidava Gardner – rappresenta “il pericolo più grande per il futuro politico dell’Italia”””…

– da pag.71… La CIA, gli Stati Uniti e il “caso Moro”…Tuttavia, non è da escludere che, nel corso di quei drammatici 55 giorni, un intervento della Cia fu in effetti direttamente ed esplicitamente richiesto dall’Italia. La notizia che vi fosse stata una richiesta di tal genere iniziò a circolare nello stesso quartier generale della Cia già a metà maggio, ma viene articolata in modo netto soprattutto in un articolo del Washington Post, conservato tra le carte della Cia e scritto pochissimi giorni dopo l’ uccisione di Moro da due autorevoli giornalisti generalmente molto informati e con diversi contatti all’interno del mondo dell’intelligence e del governo statunitense. Secondo la ricostruzione, la Cia ricevette infatti durante il sequestro una richiesta top priority di aiuto dalle autorità italiane. Una richiesta che aveva dovuto “rigettare” a causa dei “rigidi lacciuoli sulle operazioni segrete di intelligence” imposti da un “congresso timoroso”. Secondo l’informata ricostruzione di Evans e Novak era stato in particolare il Cesis a chiedere assistenza alla Cia… La novità maggiore del 1980 era rappresentato tuttavia dal “notevole aumento” del terrorismo di destra. Non si trattava di un fenomeno solo italiano, ma europeo, secondo la Cia. E tuttavia la strage alla stazione di Bologna nell’agosto di quell’ anno insieme con quella, sia pur meno cruenta, dell’ Oktoberfest di Monaco, era considerata come uno dei peggiori eventi terroristici mai registrati, come l’attentato che aveva provocato “più morti di qualsiasi altro attentato terroristico precedente in Europa occidentale”… Tornando al contesto italiano, la Cia osservava dunque come il 1980 avesse chiaramente mostrato che il terrorismo di destra, per quanto “oscurato negli ultimi anni da quello dei gruppi di estrema sinistra”, aveva in realtà “continuato a essere attivo…”””

– da pag.94… Una trama internazionale del terrore? “I sovietici addestrano, finanziano ed equipaggiano il terrorismo internazionale”… Nella lettura di Reagan (e di molti della sua amministrazione), proprio il terrorismo costituiva uno dei tasselli fondamentali di questa strategia sovietica – riattivatasi proprio in quei mesi – di movimento, di espansione e di conquista del mondo. Due delle principali preoccupazioni di Reagan – terrorismo e comunismo – finivano così per fondersi. Già prima di diventare Presidente, Reagan aveva del resto lanciato l’allarme riguardo al fatto che l’Unione Sovietica e il comunismo internazionale dovessero essere denunciati come gli sponsor principali del terrorismo. E non è affatto sorprendente…
I collegamenti internazionali delle organizzazioni terroristiche italiane… La Cia, in realtà, non negava l’ esistenza di possibili sostegni e collegamenti internazionali delle BR e del terrorismo rosso italiano, anche con i Paesi del blocco comunista dell’est. Ma formulava un giudizio decisamente cauto, anche perché riteneva di avere solo poche limitate informazioni in merito a questo nodo particolarmente complesso. Tale prudenza emergeva chiaramente, innanzitutto, in relazione alle valutazioni sul ruolo sovietico e dei paesi satelliti come fonte di armi. Il punto di vista del report in merito al caso Moro appare esemplare al riguardo. Da un lato, la Cia dichiarava di essere infatti a conoscenza che una pistola mitragliatrice Skorpion cecoslovacca fosse stata utilizzata nell’assassinio di Moro; dall’altro, affermava che tuttavia fosse in realtà non noto come l’ arma fosse stata acquisita. Il report riteneva invece più probabile che alcuni palestinesi avessero procurato alle Brigate Rosse una varietà di armi… Anche per quanto riguarda i sostegni internazionali alle Brigate Rosse in maniera di addestramento, transito e rifugio, la Cia sembrava essere piuttosto contraria alle ipotesi che vedevano un sostanziale e diretto coinvolgimento dell’ Unione Sovietica così come dei Paesi socialisti dell’ Europa orientale.””…
(Riguardo alla pistola mitragliatrice Skorpion citata, va certamente riferito ai lettori che fu rinvenuta nel corso dell’arresto dei BR Valerio Morucci e Adriana Faranda a Roma il 29 maggio del 1979, proprio un anno dopo la strage di via Fani, quando una fonte, fino ad oggi senza volto, svelò l’indirizzo del covo e mise fine alla latitanza dei due super-ricercati. La proprietaria dell’appartamento-covo, Giuliana Conforto, era figlia di Giorgio, classe 1908, nome in codice Dario, capo delle spie del Kbg per quarant’anni…n.d.a.).

– da pag. 125…””Le BR: chi sono, cosa vogliono, chi le appoggia… Non c’è dubbio – come rilevava la stessa Cia – che il sequestro Dozier conferì alle Brigate Rosse uno straordinario “rilievo internazionale”, pari forse solo a quello che avevano ottenuto tre anni prima con il rapimento Moro. Ciò fu vero soprattutto negli Stati Uniti, naturalmente. Il sequestro Dozier accrebbe in effetti notevolmente l’ attenzione verso le Brigate Rosse… Anche per l’ agenzia di Langley il rapimento Dozier costituì per molti versi una cesura fondamentale, un ulteriore decisivo punto di svolta. Davvero illuminante a tal riguardo appare la decisione del Directorate of Intelligence di preparare, nell’ aprile 1982 (a pochissime settimane dunque dalla conclusione del rapimento Dozier), un lungo e articolato Research paper sulle Brigate Rosse. Stando almeno alla documentazione disponibile, si trattava del primo ampio report complessivo sulle Brigate Rosse elaborato dalla CIA…””

– da pag.157… Conclusioni… Nel corso degli ultimi 40 anni si è venuto lentamente formando un patrimonio decisamente vasto di ricerche, analisi, interpretazioni, ricostruzioni in merito ai terrorismi italiani. E tuttavia, se tanto è già stato fatto (e talvolta anche molto bene), è ancora molto da ricostruire, documentare, da ricercare… In particolare, da un lato, i report analizzati rivelano che la Cia – a differenza dei settori niente affatto irrilevanti delle istituzioni americane (soprattutto negli anni di Reagan) – non giunse mai a ritenere valida e solidamente provata l’ipotesi di un’unica trama internazionale del terrore, organizzata e orchestrata direttamente da Mosca; una trama di cui proprio le Brigate Rosse avrebbero rappresentato uno dei tasselli principali. Dall’altro, e conseguentemente,   i documenti sembrano mostrare con chiarezza che, secondo la Cia, i legami delle Brigate Rosse con altre entità non italiane furono sempre deboli, niente affatto decisivi… In altri termini, per la Cia, le Brigate Rosse (così come le altre organizzazioni terroristiche di sinistra italiane), pur avendo legami con altre formazioni e persino godendo di qualche forma di supporto da altri Stati, rimanevano essenzialmente un gruppo “indigeno”, autonomo, niente affatto etero diretto. Non c’ è dubbio che le analisi e il punto di vista di un attore non secondario e attento (oltre che informato) alla realtà italiana, come la Cia, possono certamente contribuire alla conoscenza di questo complesso problema della storia recente…””

Sin qui il libro

Ora facciamo riferimento ad altro interessante libro “Italia e Stati Uniti Terrorismo e disinformazione” Ed. Nuova Cultura, 2016 di Vittorfranco Pisano
L’autore è un Colonnello della Polizia Militare USA in congedo, da me ben conosciuto da lunghi anni per i suoi incarichi accademici presso Università nel settore delle scienze politiche e del terrorismo internazionale. Pisano intende “esaminare il tema dell’asserita ingerenza americana con dinamiche sovversive e terroristiche degli affari interni italiani per il tramite della NATO, dei servizi d’intelligence d’oltreoceano e di altri strumenti e collegamenti” (p.63). La linea tra servizi alleati della NATO era non equilibrato a vantaggio dell’America, in primis in quanto potenza egemone, poi perché la politica estera italiana, apparentemente indipendente da quella americana, richiedeva agli alleati prudenza nelle informazioni: si pensi ai rapporti diplomatici tra Aldo Moro e i Palestinesi dell’OLP o al tentativi di Andreotti per la politica del mediterraneo. Alcuni ricercatori, sostiene Pisano, sono dell’avviso che il Patto Atlantico abbia compreso anche rapporti segreti per le informazioni tra alleati. Ma sostenere che i servizi USA si sono da sempre intromessi nelle faccende italiane per condizionarne la politica per dimostrarlo sarebbero necessarie prove ben documentate… Ma come e quando gli USA hanno interferito nella politica italiana, e non solo per impedire che i comunisti arrivassero al governo? Che nelle trame nostrane si siano infilati anche soggetti stranieri, è verosimile. Non ci sono prove… Ma quali sono alla fine le conclusioni? Vittorfranco Pisano non ha difficoltà a dire che ogni Stato usa i propri servizi d’intelligence a suo favore: fa parte delle prerogative delegate alla Difesa… Ogni Stato cerca con la diplomazia o con mezzi economici di portare a proprio vantaggio la politica estera: è la dinamica tra nazioni… Ora, se è chiaro che il peso strategico degli Stati Uniti può influenzare la politica di una media potenza come l’Italia e anche condizionarne gli orientamenti politici ed economici, non c’è bisogno di giocare sporco se gli stessi risultati possono essere ottenuti con mezzi legali. L’Italia non è mai stata una “sorvegliata speciale” o “una colonia”, come si legge in alcune ricerche, e nella NATO ci sta dal 1949… Sin qui il libro di Vittorfranco Pisano…

Concludiamo,asserendo che si tratta di storie davvero complesse, come ha ricordato lo storico autorevole Walter Laqueur, che ha affermato: “lo studio del terrorismo è un terreno nel quale occorre guardarsi dal pericolo della semplificazione della generalizzazione”. Quindi un suggerimento per una analisi approfondita, vista la complessità del terrorismo italiano, di cui sono pienamente consapevoli gli autori di questi interessanti libri… come siamo consapevoli noi…

Avendo trattato di terrorismi, ed essendo trascorsi quarant’anni dal 1980, “Annus Horribilis” della Repubblica, non possiamo non ricordare quanti hanno persa la vita nel DC9 dell’Itavia precipitato a Ustica e nella strage alla Stazione di BolognaRicordiamo, poi, con rispetto e riconoscenza, i Servitori dello Stato caduti sul Fronte del Dovere in quell’anno: Questi i Loro nomi:
– Brigadiere Pietro Cuzzoli e Appuntato Ippolito Cortellessa del Nucleo Radiomobile Carabinieri di Viterbo;
– Appuntato Antonio Cestari, Agente Michele Tatulli, Brigadiere Rocco Santoro, tutti del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza- Milano;
– Magistrato Guido Galli- Milano;
– Appuntato CC. Antonio Chionna- Martina Franca (Ta);
– Agente di PS Filippo Giuseppe- Bari;
-Tenente Colonnello dei Carabinieri Emanuele Tuttobene e Appuntato Antonio Casu- Genova;
– Agente PS Maurizio Arnesano-Roma;
– Vittorio Bachelet, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura -Roma;
– Nicola Giacumbi, Procuratore della Repubblica di Salerno;
– Magistrato Girolamo Minervini, Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena del Ministero di Giustizia- Roma;
– Commissario Capo di Polizia Alfredo Albanese-Mestre;
– Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma Mario Amato-Roma;
– Brigadiere dei CC. Ezio Lucarelli- Milano;
– Generale dei Carabinieri Enrico Galvaligi, Vice di Carlo Alberto dalla Chiesa quale responsabile dei Servizi di Sicurezza degli Istituti di Prevenzione e Pena-Roma.

Ma non dimentichiamo, in questa circostanza, di ricordare anche il valoroso Capitano dei Carabinieri Emanuele Basile e il Procuratore della Repubblica di Palermo, Gaetano Costa, uccisi anch’Essi nel 1980 da quella Cosa Nostra che nelle sue azioni mai fu dissimile per prassi e progettualità destabilizzanti dai terrorismi storici nostrani e, per molti aspetti, ancor più pericolosa come evidenziatosi negli anni successivi.

Concludendo, un elenco davvero tragicamente lungo che, pur con grande dolore, è doveroso riproporre, con l’auspicio che un Annus Horribilis come quello del 1980 non abbia più a ripetersi!

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