La “Fiamma” che non si spegne. Addio ad una mamma dei Carabinieri

 

(Premosello Chiovenda -google)

In questo particolare momento, dove tutto appare privo di valori, con piacere pubblichiamo una realtà diversa. Quella della “famiglia dell’Arma”.

Roma, 5 Aprile – Il primo giorno del mese di dicembre 2014, intorno alle ore 14.00, il lungolago di Pallanza, ancora segnato dalla recente alluvione, semideserto,  sotto un cielo ingombro di nuvole scure, mi appare  come percorso da brividi  di malinconia. Alcune persone, salgono come me e Luciano Pasqualon, presidente emerito dell’ANC di Verbania  , la larga scalinata che immette sul sagrato della Chiesa di San Leonardo, per salutare Adriana, deceduta 2 giorni prima, novantacinquenne. Ci accoglie il figlio Romano con gli altri parenti e la nidiata di nipoti e pronipoti. Intanto arriva anche Francesco Velardita, il comune amico segretario comunale di tanti anni fa. Il rito funebre si svolge in compostezza e serenità, guidata dai celebranti  che evidenziano la pregressa conoscenza della defunta e dei suoi congiunti. Per  concretizzare il mio senso di affetto nei suoi confronti, chiedo di poter effettuare le letture consuete della celebrazione eucaristica, il mio ultimo omaggio alla donna che le circostanze della vita mi hanno portato a conoscere ed a stabilire con lei un filiale legame affettivo.

Conobbi Adriana Fontanot nel settembre 1961, al mio arrivo alla stazione carabinieri di Premosello Chiovenda, la mia prima destinazione  da vicebrigadiere, nominato  dopo il biennio Moncalieri-Firenze nel mese di agosto dello stesso anno, e poi assegnato alla Legione di Torino (mitica, nello spirito di corpo di allora, era denominata La Legione; solo  le restanti avevano bisogno della denominazione). Vi giunsi dopo un estenuante viaggio sulle linee ferroviarie interne  da Torino, in perfetta uniforme  kaki, soggolo, buffetterie alleate, moschetto mod. 91/38, cavigliere smaltate di bianco, borsa valigia in tela con apposito contenitore profilato per la “lucerna”, cassetta d’ordinanza da scaricare dal vagone merci. La casa al seguito, come le tartarughe.  Oggi si direbbe, assolutamente ed immediatamente operativi.

Era la moglie del maresciallo Mario Pastorelli, comandante della stazione, torinese puro sangue, che con l’andar del tempo ho definito il mio primo e inimitabile maestro, paragonandone la figura  a quella del “maresciallo” protagonista dei romanzi  di Mario Soldati. La immediata conoscenza della famiglia del maresciallo era d’obbligo, in quanto l’edificio di origine rurale adibito a caserma, aveva un comune ingresso ed un promiscuo percorso, per salire all’alloggio di servizio, all’ultimo piano.

Il territorio della stazione era vasto, in quanto comprendente  6 comuni con una rete stradale  molto estesa e di traffico intenso, a partire dalla  strada statale internazionale del Sempione. Importante il polo industriale chimico di Pieve Vergonte, le cui emissioni talvolta coloravano di rosa o bleu la nebbia addensata sul fiume Toce; fiorente, specie per la manodopera femminile, la lavorazione delle “pietrine”  i “rubini” per gli orologi prodotti nella confinante Svizzera; in sostanza era in atto la trasformazione da economia  rurale tribolata, a quella industriale, comprendente  il potenziamento delle attività di cava, sviluppatesi attorno alla grande “Venerabile Cava del Duomo di Milano” di Candoglia. I mezzi di locomozione assegnati  al reparto: 1 moto Guzzi SuperAlce; 2 biciclette. Era veramente faticoso vigilare con tali mezzi, e soprattutto intervenire per le emergenze, considerata poi la mancanza di mezzi di comunicazione radio, poteva verificarsi che i pochi uomini in forza alla stazione fossero tutti fuori ed irraggiungibili. Era allora che la nostra Adriana, montava di piantone, sia pure limitandosi a rispondere al telefono, ed alle “scampanellate” alla porta, per  aprire lo spioncino e ragguagliare il  pubblico in ordine alle proprie richieste. Al tempo, perdurando la carenza di personale, i vertici dell’Arma avevano diramato disposizioni positive in tal senso.

Oltre al piantone, la signora Adriana, disimpegnò anche il servizio di cuoca, perché ammalatasi la Pierina, la “domestica della caserma”, l’unico carabiniere scapolo, ed unico abilitato a guidare la moto, sarebbe stato completamente assorbito dalla “spesa e confezionamento vitto” per me e per lui. Mario Pastorelli non poteva privarsi di un minimo di operatività; chiese pertanto alla moglie se poteva cucinare anche per i due “scapoli” alloggiati in caserma; questa  accettò e pertanto, a pranzo e a cena, cucinava anche per noi. Non mancava una  bonaria occhiata alle camicie ed alle cravatte o ad altri aspetti della cura dell’uniforme e dei locali.

 Dal punto di vista personale, la signora Adriana si prese cura di me, veramente  da buona “mamma”, per il perdurare di una seria malattia, cui conseguì una degenza ospedaliera. Mai dimenticata, quindi, come il marito.

Dopo svariate vicende di servizio, nel 1980, da capitano, sono  destinato al comando della Compagnia di Verbania, ove la famiglia Pastorelli si era nel frattempo stabilità al termine del servizio del capofamiglia. Un ritrovarsi gioioso, che inorgoglisce  il cavaliere Pastorelli. Molte le occasioni d’incontro, nel corso degli anni trascorsi a Verbania. I Pastorelli abitavano sul lungolago di Pallanza, ove nel 1984 una troupe cinematografica accreditata dal Comando Generale presso il mio comando di compagnia, in  pratica sotto le finestre di casa Pastorelli, girò gli esterni della miniserie televisiva dedicata alla seconda edizione  dei “Racconti del Maresciallo” di Mario Soldati; conobbi così, oltre che la bella Stefania Sandrelli, l’impeccabile Arnoldo Foà interprete magistrale nel ruolo del maresciallo, tanto che al primo incontro, in mezzo a carabinieri autentici e finti, risposi al suo perfetto saluto scambiandolo per una autentico maresciallo. Ebbi così  la conferma che la figura  del mio primo  maestro era straordinariamente  aderente al personaggio creato dallo scrittore torinese.

Seguono per me altri trasferimenti, per fortuna in sedi non lontane dal Lago Maggiore. Ho cosi modo di mantenere i contatti con Adriana, che nel frattempo vede spegnersi il compagno della vita.  Almeno per la festa dell’Arma, la Virgo Fidelis ed il suo compleanno, non mancavo di telefonarle per una piacevole conversazione; fino alla Virgo Fidelis  2014, pochi giorni prima della sua scomparsa.

Questa vicenda per essere collocata nella giusta luce, imporrebbe la narrazione di tanti altri dettagli, che ovviamente determinerebbe inopportuna  lunghezza per la pubblicazione. Ho sentito la spinta interiore, non solo per l’affetto  verso Mario e Adriana Pastorelli, non solo per custodire la  memoria delle tante mogli di comandanti di stazione che hanno disimpegnato  il servizio di “Piantone alla Caserma”, ma per  porre in evidenza le qualità morali e lo spirito di sacrificio e collaborazione che mi portano a definire Adriana, davvero, una “Mamma dei Carabinieri”; se non l’ultima, certamente una delle ultime. In occasione dell’addio finale, con il pensiero rivolto anche  alla sua  “virgo Fidelis”,  le ho reso il  meritato saluto militare.

Col. CC © Gianfranco Corsini

Vorrei aggiungere la mia analoga  esperienza  nel 1969 a Genova-Molassana, ma mi astengo. Bastano le parole dell’Amico Gianfranco…

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