DAL ’68 ALLA SCUOLA DEI BULLI

Non si è ancora spenta l’eco dei fattacci successi nella Scuola, che subito si apre un’altra finestra sul “bullismo” adolescenziale e tanti nostri imbelli “politicanti o pedagogisti d’accatto” si aggirano persi, assumendo toni meravigliati (da veri guitti) e facendo mostra di chiedersi il perché di tanta degenerazione.

Roteano attorno al somma dilemma sul perché tanti ragazzi girino armati di coltello e abbiano una cura così attenta per quest’oggetto, più attenta di quella dei libri, da portarselo perfino a Scuola.
Quelli più indisponenti per la loro superba ipocrisia sono i soliti noti: la razza padrona del ’68.
Tutto quel becerume Catto/Comunista che reca con sé il crimine insuperabile di aver distrutto l’unico gioiello sociale che possedevamo: la Scuola di G. Gentile (che, per chi non lo sapesse, rispondeva alla Scuola meritocratica e selettiva pensata da G. Salvemini).
Si tratta dei “buonisti” stolti alla don Milani, dei “permissivisti del tutto” per diritto, di quelli che “la massa ha sempre ragione” e di quelli che “oggi educa la società”.
Tutta quella genia di truffatori del vivere civile, che ha infestato e infesta la società e le Istituzioni e che, per compiacere e piacere alle masse, ha inventato la formula assolutoria del “disagio sociale”.
E, non contenta, per pervertire meglio fanciulli, giovani e loro genitori ed impedirne l’istruzione, vi ha aggiunto la formula ambigua del “disagio scolastico”.
Cosicché ha chiuso il circuito con il classico corto-circuito.
Se andare a Scuola significa oscillare a comodo tra “disagio sociale” e “disagio scolastico”, tanto vale non andarci nemmeno, rifiutarne l’insegnamento e “oscillare” nella “strada” (la “jungla”).
Ecco da dove nasce il culto del coltello, arma di difesa e d’attacco nella “strada”.
Gli imbroglioni del “disagio sociale” non dicono come si possa vincere l’ignoranza personale e/o ereditaria: il che, come tutti sanno, consiste nel seguire volenti o nolenti le lezioni fin dal loro inizio, la scuola elementare.
Gli imbroglioni del “disagio scolastico” non dicono come si possa imparare “dalla e nella” Scuola: il che, come tutti sanno, consiste nella responsabilizzazione, nell’emulazione e nella selezione; cioè nel merito e nel premio per quanto si fa e si sa per studio e nella bocciatura per quanto non si fa e non si sa per non-studio.
La razza mestatrice del ’68 molle, coccola i più violenti nella società (“legislazione premiale”) e nella Scuola (impunibilità) per i propri turpi interessi politici.
Essi, i “vermi politici” (“Amleto”), guardano ai voti elettorali. Mostrarsi “buonisti” con i peggiori, dà a credere che si sia buonissimi con i migliori. Il che, invece, è falsissimo. Che i “buoni” soccombano è l’ultimo loro interesse. Il “buonismo” (altro lato del “vero fascismo”) serve a ingannare le masse, ad affascinare la “creduloneria”.
Sono falsi e imbelli nei confronti dei violenti e dei prepotenti, perché mirano a servirsene politicamente; li temono per pavidità, ne temono la violenza, ma la vogliono. È questo loro interesse perverso e occulto che li rende vili e disonesti con gli uomini, che li spinge a disconoscere il merito e l’impegno nella società e soprattutto a rifiutarli nella base primaria educativa dello Stato: la Scuola.
A causa loro, la Scuola, dalle Elementari all’Università e innanzi tutto quella dai 6 ai 16 anni (decisiva per la formazione della persona), è diventata, da una parte, “centro attivo” di ogni perversione “metodologica”, di ogni (“criminale”) “sperimentazione educativa” (come se l’educazione potesse “sperimentarsi”) e, dall’altra, “centro passivo” di guardonismo e d’esibizione dei violenti. Perciò palestra essa stessa di violenza, anziché di controllo e sua repressione con tutti i mezzi.
E ora si stupiscono che i giovani portino nelle Aule i coltelli. Farabutti!
 
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