A Piazza Fontana “l’italia perse la sua innocenza…”… pericoli per l’oggi dopo 50 anni…

Roma, 22 ottobre 2019 – Su Millennium, mensile de ‘Il Fatto Quotidiano’ di ottobre, dall’inqiuetante titolo “Stragi di Stato Ecco i Mandanti”, ci soffermiamo sul capitolo relativo alla tragedia di Piazza Fontana: “Nessun mistero Noi sappiamo chi ha messo le bombe Ecco i nomi”, scritto dal grande Gianni Barbacetto.. “”È vero: cinquant’anni dopo non abbiamo una sentenza che dica chi ha messo la bomba in Piazza Fontana. Molte verità restano nascoste, i depistaggi hanno raggiunto il loro sporco obiettivo. Ma se Pierpaolo Pasolini diceva negli anni 70: “io so… Ma non ho le prove“, noi oggi possiamo dire: “non sappiamo. Abbiamo indizi e anche prove che ci dicono chi mise le bombe“. La strage di piazza Fontana del 12 Dicembre 1969 è stata compiuta dal gruppo fascista e filonazista ‘Ordine nuovo’, ben conosciuto e ben collegato con i Servizi segreti e apparati dello Stato, oltre che con strutture di intelligence USA. I responsabili dell’attentato sono Franco Freda e Giovanni Ventura, come afferma una sentenza della Cassazione nel 2005, anche se non possono più essere processati e condannati perché definitivamente assolti per lo stesso reato nel 1987. L’unico di cui è stata riconosciuta processualmente la responsabilità è Carlo Digilio, militante di Ordine nuovo informatore dei servizi USA con il nome di “Erodoto“, che ha confessato il suo ruolo nella preparazione degli attentati del 12 dicembre e indicato – seppur con elementi non ritenuti sufficienti a condannare – i suoi complici. Dunque sappiamo. Le stesse sentenze che, nell’ultima pagina, assolvono, nelle centinaia di pagine precedenti raccontano la storia vera e terribile di una guerra feroce. Una guerra “psicologica“ e “non ortodossa“, come la definiscono i manuali di strategia militare.Una guerra asimmetrica combattuta tra il 1969 e il 1980: da una parte un esercito segreto senza divise e senza bandiere, che riteneva di combattere contro il Male, ovvero il comunismo nel paese dell’Occidente posto al confine tra i due blocchi; dall’altra parte i cittadini inermi con l’unica colpa di trovarsi al momento sbagliato nel luogo sbagliato, una banca, un treno, una piazza, una stazione…
In 15 anni, tra il 1969 e il 1984, in Italia sono avvenute otto stragi politiche e dalle caratteristiche simili: Piazza Fontana (12 dicembre 1969), stazione di Gioia Tauro (22 luglio 1970), Peteano (31 maggio 1972), questura di Milano (17 maggio 1973), piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974), Italicus (4 agosto 1974), stazione di Bologna (2 agosto 1980), treno di Natale 904 (23 dicembre 1984). 150 i morti, oltre 600 i feriti.
Tutte le stragi (con qualche differenza solo per quella del 1984, che una sentenza definitiva giudica promossa da Cosa nostra) hanno caratteristiche comuni: per tutte, i responsabili sono stati cercati nei gruppi dell’estrema destra.E, tutte le indagini, sono state inquinate dai depistaggi da parte di organismi dello Stato; tutte sono rimaste per molti anni senza spiegazioni ufficiali, senza colpevoli, senza esecutori, senza mandanti.
Ancora oggi, quasi tutte sono senza colpevoli, esecutori, mandanti.Piazza Fontana è dove tutto inizió.
C’era stato il ‘68 degli studenti. Era iniziato il ‘69 degli operai. Ci voleva uno shock per raddrizzare la situazione che stava precipitando.Creare il disordine perché la gente chiedesse il ritorno all’ordine. Anche ai piani alti qualcosa non girava come doveva girare.
I golpisti contano sul fatto che, dopo il botto, il Presidente del Consiglio proclami lo stato di emergenza. Ma il democristiano Mariano Rumour non lo fa. In basso, va anche peggio: sui muri di Milano e d’Italia compaiono scritte che dicono: “Valpreda è innocente, la strage è di Stato“.
Una parte dell’opinione pubblica non crede alle verità preconfezionate, alle veline della Polizia, al colpevole designato-Pietro Valpreda, anarchico – e al complice – Pino Pinelli, anarchico – che vola di notte dalla finestra del quarto piano della Questura di Milano. Si moltiplicano le inchieste, i libri, gli articoli di giornale che scavano a cercare la verità.I Servizi segreti, intanto, fanno il loro lavoro: depistano, sottraggono prove, inquinano le indagini, fanno sparire testimoni. “Deviati“? No: fedeli al loro compito di istituto e obbedienti ai loro Capi e alle loro alleanze internazionali.
Per questo dopo Piazza Fontana portano all’estero, con operazioni d’ ”esfiltrazione”, il bidello di Padova Marco Pozzan, testimone pericoloso, che interrogato dal Giudice Giancarlo Stiz, sta per cedere e mettere nei guai i camerati di Ordine nuovo; e l’agente dei servizi Guido Giannettini, giornalista fascista, che viene coperto, aiutato, stipendiato dallo Stato anche mentre era latitante ricercato.
Un delicato documento Nsc nel 1951 (il numero 67/3 del 5 gennaio) è disponibile ancora oggi soltanto in una relazione pesantemente mutilata dalla censura; vi si prevedono comunque iniziative degli Stati Uniti “miranti a impedire la presa del potere da parte dei comunisti“. Successivamente (Nsc 5412 del 15 marzo 1954) si stabilisce la creazione di Stay Behindassets: sono le strutture della pianificazione segreta che in Italia sarà chiamata “Gladio”. Nel maggio 1965, un Istituto di Studi Strategici finanziato dagli ambienti militari e dai Servizi segreti italiani organizza il celebre convegno all’Hotel Parco dei Principi, a Roma, che teorizza l’inizio della “guerra rivoluzionaria“ o “non ortodossa“. Si indica come nuovo nemico la “distensione“, il “dialogo“, la “coesistenza” fra i due blocchi, che si andavano affermando in quegli anni. La terza guerra mondiale, sostengono invece i promotori del convegno, era già iniziata, seppure non con le forme tradizionali del conflitto dichiarato: il fronte comunista era all’opera, con mezzi politici e psicologici. A questi bisognava contrapporsi subito, con mezzi adeguati, sullo stesso terreno. Ora che il mondo comunista è imploso, che mezzo secolo è passato, non abbiamo ancora tutta la verità, perché troppo orribile per ammetterla. Il 12 dicembre 1969, il primo atto della guerra segreta…Ora che il mondo è cambiato…non abbiamo ancora tutta la verità…””. Sin qui Gianni Barbacetto su MILLENNIUM

Ora traiamo spunti dal recente libro di Mirko Dondi “12 dicembre 1969”(nov.2018 Editori Laterza pagg.245)…
“”Il 12 dicembre non è che l’inizio di un processo di sanguinosa destabilizzazione che si consuma con le stragi di Gioia Tauro (luglio 1970), Peteano (maggio 1972), Questura di Milano (maggio 1973), Brescia e Italicus (maggio e agosto 1974). All’indomani della strage, l’apparato di destabilizzazione resta intatto, pronto a manifestarsi in diverse altre occasioni, dai minacciati colpi di Stato agli ostacoli alle indagini su Piazza Fontana. La rivista anarchica francese “Le Monde libertarie” mette in parallelo l’incendio del Reichstag di Berlino nel 1933 – pretesto per annullare le garanzie costituzionali – con gli attentati di Milano e Roma del 12 dicembre 1969. Un’esagerazione? Piazza Fontana non è il colpo letale che affossa la democrazia, ma è uno scuotimento tellurico. Restano crepe che alterano gli equilibri. Coloro che si muovono attorno a questa vicenda non appartengono solo a Piazza Fontana ma, in una dimensione più ampia, esprimono un tratto della storia repubblicana. La strage di piazza Fontana è stata compiuta dall’organizzazione di estrema destra Ordine nuovo coadiuvata da alte complicità all’interno dello Stato e di ambienti internazionali legati alla Nato e alle strutture di intelligence statunitensi. Mai si era assistito a una “soluzione“ così rapida. Di solito passano mesi, e invece “la rapidità con cui la Polizia è riuscita ad afferrare il bandolo della matassa ha sorpreso tutti. Non solo nel nostro Paese. Sui precedenti attentati, in particolare le bombe di agosto sui treni, le indagini hanno ristagnato.
Il taxista milanese Cornelio Rolandi sostiene di aver riconosciuto in Valpreda la persona che avrebbe condotto sulla sua vettura alla Banca Nazionale dell’Agricoltura il 12 dicembre intorno alle 16. Secondo il taxista, l’uomo è sceso portando con sé una borsa, ma dopo pochi minuti è uscito dalla banca e risalito in macchina senza la borsa. Valpreda però affermò di non aver preso il taxi quel giorno. Quando ci sarà la conferenza stampa nella quale il questore Marcello Guida annuncerà “il colpevole”, qualcuno gli farà notare che un attentatore non sale su un taxi con la certezza di venire identificato. Nello studio del giudice Occorsio, a Roma, competente per Legge, è presente anche il taxista Rolandi che fra i cinque uomini allineati riconosce in Valpreda (il secondo a sinistra del gruppo) l’uomo che ha trasportato il 12 dicembre a Milano. L’anarchico resta incredulo e fuori dalla prassi interviene domandando al taxista: “ma mi hai guardato bene?”. Rolandi è colto di sorpresa e risponde in milanese: “se non è lui, qui non c’è”. L’avvocato Calvi fa notare che il teste sta ritrattando. Occorsio però non raccoglie l’obiezione e insiste con Rolandi affinché ribadisca il riconoscimento. Riparte un altro interrogatorio che il Magistrato (che sarà ucciso da Ordine Nuovo a Roma nel maggio 1976 – nda) conclude formulando a Valpreda l’accusa:“Noi le contestiamo 14 morti e 100 feriti“.
Un mite uomo di 41 anni, estraneo ai fatti, muore, in conseguenza dell’accanimento degli inquirenti. Giuseppe Pinelli, noto anarchico milanese, perde la vita per un altro effetto non controllato della strage. Una storia parallela a Piazza Fontana, un’altra verità raggiungibile. È bene accolta in chiave istituzionale la presentazione del 12 dicembre e della stagione stragista come frutto della guerra fredda. Il Presidente della Commissione Stragi, Giovanni Pellegrino, e l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, vi hanno fatto spesso riferimento.
Poteva esserci un’altra memoria del 12 dicembre 1969. Il sommovimento portato dalle agitazioni dell’autunno caldo stava trovando una ricomposizione, con le progressive firme dei contratti di lavoro. Il 12 dicembre avrebbe potuto rappresentare la giornata della firma dei contratti, invece il conflitto anziché risolversi si è acuito e cronicizzato declinando soltanto con l’inizio degli anni ‘80. Il ricorso a operazioni coperte non è stato un atto di forza, ma una manifestazione di debolezza che ha mostrato l’incapacità di dominare, nel quadro della democrazia, le agitazioni sociali…”” Sin qui il libro di Mirco Dondi.

Concludo, per i miei 25 lettori, sostenendo quale attento osservatore e grazie a complesse esperienze operative passate, che c’è un vizio atavico nella nostra bella Italia, quello delle facili amnesie, con tendenza alla rimozione di ciò che è accaduto, persino quando si tratti di fenomeni drammatici che hanno sconvolto l’Italia come il terrorismo storico. Negli anni Settanta, le prime violenze furono decisamente favorite da un clima di indifferenza, disattenzione, sottovalutazione, se non indulgenza e contiguità. Si faceva riferimento ai “compagni che sbagliano”, alle teorizzazioni assurde “Né con lo Stato né con le BR” e altro…
Senza alcuna pretesa di stabilire delle analogie, va detto che sarebbe di nuovo sbagliato sottovalutare o registrare con indifferenza ciò che sta accadendo.
Ogni volta che, a distanza di qualche anno, si verifica un grave fatto, ecco Politica, media, analisti da scrivania a sorprendersi; si è, ogni volta.. all’alba del Mondo…, per cui si scrive, si scrive e si parla, si conciona, si disserta a dismisura… Sì, questa la storia infinita della tragica eterna pagina italiana..!
Cosa fare? Certamente l’attenzione va tenuta costantemente alta da parte di tutti, in quanto è inimmaginabile che dopo la disarticolazione del terrorismo rosso nei primi anni ’80, con eccezionali successi di Magistratura, Antiterrorismo (nel quale settore ho operato per quattro anni.. in quelli di piombo), Servizi allora oltremodo efficienti, e Polizie davvero specializzate, taluni personaggi ben noti ma ai margini delle organizzazioni rivoluzionarie e non scalfiti dalle molteplici inchieste, non siano stati incisivamente monitorati nei decenni successivi! E questo imperativo di vigilanza riguarda in primis la Politica e tutte le Istituzioni, non escludendo la gente comune perché oggi, sull’onda lunga della gravissima crisi economica, la saldatura dei gruppi terroristici esistenti “dormienti” ovvero ben vitali, con frange anarchiche anche internazionali, è senz’altro possibile, con ovvi accorti pilotaggi esterni…. Necessita una presa di coscienza generale che riguarda anche l’oscuro pianeta Mafia, la cui lotta va potenziata oltre misura…
Questo aspetto è molto importante e va attenzionato da chi di dovere ma anche dai Cittadini!

Ora, a conclusione, una nota storica d’interesse.. Chi sono gli anarchici.. a chi si ispirano.. delirii a parte..? Leggendo la grande “Storia delle dottrine politiche” del sommo Gaetano Mosca, edito da Laterza nel 1933, e ripubblicato in edizione economica dalla stessa casa editrice negli anni ’60, a pag.231 leggiamo che un anarchico ancora più radicale di Proudhon fu il russo Michele Bakunin, di famiglia nobile che esordì come ufficiale di artiglieria nell’Esercito russo, che andò poi a Parigi dove ebbe contatti con Proudhon e con i socialisti francesi.. Bakunin propugnava la rivoluzione universale, l’ateismo e l’abolizione di qualsiasi autorità.. Secondo lui, tutti i mezzi anche i più inumani e feroci, sarebbero stati leciti.. per raggiungere il fine.. Nel 1849 partecipò ad una insurrezione comunista.. per cui fu condannato a morte contemporaneamente in Austria, in Prussia ed in Russia.. Riuscì a fuggire e.. venne in Italia.. dove ebbe parecchi seguaci .. polemizzando aspramente con Marx e poi con Mazzini.. Gaetano Mosca conclude il capitolo, facendo riferimento al pensiero politico dominante in quei remoti tempi, caratterizzati anche da ispiratori di violenza e insurrezione, come prima riferito, con una considerazione magistrale (pag. 232) che sia i politici italiani, sia persone di cultura, sia soprattutto gente comune, sarebbe auspicabile tenessero presente anche oggi, a distanza di tanti anni..
Questo il pensiero di Mosca: “Diversi erano i programmi dei riformatori, ma tutti basati sulla fiducia che fosse prossima e possibile una riforma completa delle istituzioni sociali, che doveva attuare il regno della giustizia assoluta e dell’uguaglianza completa. Questa fede nel progresso traeva evidentemente origine dalla visione ottimistica della natura umana che il secolo XVIII aveva elaborato ed il XIX aveva ereditato…”

Ciò considerato, speriamo in un futuro migliore, nonostante i bagliori di pericolo…

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