58 anni fa il naufragio Andrea Doria

Una vicenda per certi versi simile a quella della Concordia

Roma, 25 luglio – (ansa) Mentre sulla rotta tra il Giglio e Genova si consuma l’ultimo atto del naufragio della Costa Concordia, in questi stessi giorni ricorre il 58/mo anniversario di un’altra grande tragedia del mare, per certi versi affine e per altri diametralmente opposta, a quella della Concordia: l’affondamento dell’Andrea Doria.

Fiore all’occhiello dell’italian style, grattacielo viaggiante con 700 cabine distribuite su 11 livelli, l’Andrea Doria, con 1.706 persone a bordo, fu speronato la notte del 26 luglio 1956 dal piroscafo svedese ‘Stockholm’ alle 23 (le 4,30 ora italiana) a largo delle coste di New York. Furono 51 le vittime, di cui 42 colte ne sonno. Tutti gli altri furono salvati durante le quasi 12 ore intercorse tra l’impatto e l’affondamento, con la nave pericolosamente inclinata su un fianco. Oggi, quella nave che era ritenuta inaffondabile, giace a 75 metri di profondità nell’Oceano Atlantico, alle porte di New York.

Il racconto di una sopravvissuta 
Sembra storia di ieri, per chi ha vissuto direttamente o indirettamente le vicende della Concordia, ma sembra storia di ieri anche per Pierette Simpson, che è tra i superstiti dell’Andrea Doria e che, all’epoca aveva 9 anni e mezzo. Con i nonni, dall’Italia stava raggiungendo gli Stati Uniti per riunirsi alla madre che, partita molti anni prima, si era risposata e aveva formato una nuova famiglia. Di quella notte ha ancora un ricordo vivo e commosso: la nonna che le teneva la mano, la gente che pregava, il nonno che era rimasto in cabina e che tardava a raggiungerle. C’è chi gridava che era stata una mina, che diceva ‘faremo la fine del Titanic’. E intanto la nave si inclinava sempre di più. Poi finalmente il calo delle scialuppe, l’arrivo dei soccorsi e la fine di un incubo.

Due comandanti a confronto: Calamai e Schettino
Pierette Simpson ha scritto un libro e un romanzo sull’affondamento dell’Andrea Doria, soprattutto per esaltare la figura del comandante della nave, il capitano Piero Calamai, il quale, additato inizialmente quasi come lo Schettino di oggi della Concordia, fu riabilitato solo più tardi dalla storia ma senza aver mai più navigato e comandato una nave. “Al contrario di Schettino, come ce lo hanno descritto le cronache dei giornali – osserva Pierette Simpson – il Capitano Piero Calamai è rimasto da solo a bordo della nave ed era determinato ad andare a fondo con lei”. Fu l’eroico gesto del suo equipaggio, risalito sulla nave e pronto a restare a bordo con lui, che lo convinse e costrinse, alla fine, ad abbandonare l’Andrea Doria al suo ormai inevitabile destino. Calamai, contrariamente al comandante dello Stockholm, non comandò mai più una nave e morì con il rimorso delle vittime causate dal naufragio del “suo” Andrea Doria.

Un processo mai concluso
Non esiste una verità giuridica sulle responsabilità del naufragio dell’Andrea Doria. Questo perché l’assicurazione delle due navi era la medesima: i Lloyds di Londra. Ci fu pertanto un accordo per sospendere il processo, previo un risarcimento minimo ai passeggeri: 6 milioni di dollari su 85milioni della richiesta iniziale avanzata in sede processuale.

Il sogno di Pierette: un film per celebrare i 60 anni
E dopo il libro e il romanzo, per celebrare degnamente i 60 anni dalla tragedia, Pierette Simpson ha un sogno nel cassetto: realizzare un film sull’affondamento dell’Andrea Doria. Magari con un regista come Spielberg e un buon cast internazionale di attori. George Clooney, dice di getto, per interpretare la figura del comandante Calamai: “ha il giusto carisma”, osserva. Ma poi si accalora su una ipotesi per lei più suggestiva: e perché no un attore italiano? Del resto Calamai era italiano e l’Andrea Doria, gioiello della tecnologia italiana, negli anni ha segnato la vita e il futuro di tanti italiani che andavano a cercare fortuna negli Stati Uniti.

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