Spettacolo

La La Land

spett LaLaLandPiccole riflessioni sul film musicale, vincitore in pectore ai prossimi Oscar 2017

Roma, Lunedì 30 gennaio 2017- Da anni ho elaborato una mia personale teoria – assolutamente priva di qualsiasi base scientifica – per individuare gli indicatori dell’avvenuto passaggio dalla gioventù all’età matura. La prima, inconfutabile prova, l’ho appena data: usare un giro complicato di parole invece di dire invecchiamento. A seguire, altri comportamenti divenuti abituali, che da ragazzi erano invece aborriti. Indossare la canottiera e il berretto di lana al primo freddo; avere tra i piatti preferiti il brodo ed il bollito misto; acquistare dei nuovi occhiali con montatura in plastica colorata, pensando di aver fatto una cosa brillante (salvo accorgersi presto che le tinte accese sono praticamente sempre abbinate a capigliature canute). Ed infine emozionarsi per i film musicali, fino ad una certa età ritenuti al contrario pallosissimi.

Non è dato sapere se i lettori di Attualita.it potranno riconoscersi in questo profilo. Speriamo però che possano accettare il consiglio di non perdere un film originalissimo, in sala da pochi giorni. Si tratta di “LA LA LAND”, che dopo l’incetta di premi agli ultimi Golden Globe si avvia ai prossimi Oscar da vincitore annunciato, sulla scia del record di 14 nominations già raccontato su queste pagine dalla nostra  corrispondente da Los Angeles Stella S..

Il regista Damien Chazelle, poco più che trentenne, con questa sua opera terza conferma appieno il talento espresso con il precedente “Whiplash”, di cui in “La La Land” ritroviamo la testimonianza d’amore per il jazz e la presenza del bravissimo J.K. Simmons (stavolta in un ruolo marginale, un sorta di “cameo allungato”).

Il film, zeppo di citazioni cinefile, celebra il musical e l’epoca d’oro del cinema americano, nello scenario della città che ne fu- è proprio il caso di dirlo- il teatro. E Los Angeles diventa coprotagonista, assieme alla coppia Ryan Gosling- Emma Stone, volutamente non sempre impeccabili nelle prestazioni canore o nei passi di danza (n.d.r. tutte le scene di ballo sono volutamente girate in sequenza unica, senza artifici di montaggio). E le suggestioni di colori sono molte, con omaggio anche a precedenti non “made in U.S.A.”, primo fra tutti “Les parapluies de Cherbourg” (a riprova di quanto enunciato nel prologo, un film che da ragazzo mi faceva immediatamente cambiare canale). Riparliamone dopo la visione della “chorus line” sulla highway ingolfata di traffico.

Fermiamoci qui. Non è il caso di dare troppi dettagli, trattandosi peraltro di un film di cui moltissimo si è parlato. Che ciascuno possa godersi la visione in Cinemascope, orgogliosamente annunciata nei titoli di testa come ai vecchi tempi.

Sia consentito in chiusura un pensiero affettuoso e doveroso ad un grande giornalista e vecchio amico, senza dubbio il maggior esperto italiano di musical e di cinema americano, il cui nome forse non è noto a molti. Nei suoi scritti spesso emergeva il rammarico per lo scarso appeal che il pubblico italiano provava per il genere musicale, nelle forme teatrali e cinematografiche, che con maestrìa lui raccontava e promuoveva sulle pagine de “La Repubblica” e de “L’Europeo”. Ma il tempo è galantuomo e stavolta, seppur tardivamente, gli darà ragione.

Che peccato, però, non poter leggere quello che avrebbe scritto su “La La Land”la penna arguta di Alvise Sapori (1932- 2011).

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