La dove scende il fiume.

Il West dei grandi paesaggi raccontato da Anthony Mann.

Roma, 7 novembre 2022.

 

La ricorrenza.

Un western dai contenuti diversi rispetto ai canoni tradizionali e dal grande spazio dato ai paesaggi è Là dove scende il fiume, settant’anni fa sugli schermi italiani.

La storia.

Una carovana di pionieri, guidata da Jeremia Baile, affronta il lungo viaggio dal Missouri verso l’Oregon attraversando un vasto territorio selvaggio per circa 2.500 km.

Jeremia, per sostenere un tale impegno, si fa aiutare da Glyn McLyntock, un ex predone del Missouri convertito all’onestà, che cela il suo passato evidenziato da una cicatrice che ha sul collo, frutto di un tentativo d’impiccagione.

Il viaggio ha inizio e, durante il tragitto, Glyn salva la vita ad Emerson Cole che sta per essere impiccato ed insieme, nel prosieguo del cammino, sventano un attacco indiano alla carovana.

Questi due accadimenti rafforzano l’amicizia tra Glyn ed Emerson che accompagnano la carovana fino a Portland per i rifornimenti necessari.

Portland è la più grande città dell’Oregon e nel suo grande porto c’è un barcone che la carovana prende per risalire il fiume verso la terra dove intendono stabilirsi.

Prima di riprendere il cammino i coloni acquistano i viveri per l’inverno, pagandoli in anticipo, che verranno loro consegnati prima dell’arrivo della stagione avversa.

Jeremia e la sua carovana individuano l’area dove insediarsi, cominciano a costruire e a coltivare la terra con l’inverno in arrivo e senza nessuna notizia dei viveri già comprati.

Glyn e Jeremia decidono di scendere a Portland per recuperare la merce e trovano una città in preda alla febbre dell’oro.

La scoperta del metallo giallo, nelle vicine montagne, contagia tutti e tra questi anche un certo Hendricks che trattiene la merce già pagata dai coloni per rivenderla, a prezzi decuplicati, ai cercatori.

Glyn, con l’aiuto di Emerson che si era trattenuto a Portland, del giovane Wilson giocatore di poker e di un gruppo di altre persone, recupera il carico e riprende il cammino verso i luoghi dove si sono stabiliti i coloni.

Sembra tutto risolto ma l’avidità, la bramosia di facili guadagni, è nella natura dell’uomo, almeno di alcuni.

Emerson ed altri scagnozzi si fanno ingolosire dai minatori delle montagne, che offrono fino a centomila dollari per le preziose provviste.

Vacilla il rapporto d’amicizia tra Glyn ed Emerson con quest’ultimo che lo disarma, lo ferisce, e lo abbandona a metà strada senza viveri.

La partita però non è finita ed il senso di giustizia, ormai presente nell’ex balordo Glyn, prevale in un finale da resa dei conti.

Curiosità.  

Il regista Anthony Mann, insieme allo sceneggiatore Chase, ambienta la storia nel 1880 fuori dai contesti più tipici del western tradizionale.

Chiusa l’epoca della guerra di secessione, con poco ricorso agli scontri con gli indiani, il racconto è incentrato su personaggi dal misterioso passato.

La chiave morale è il turbamento dei protagonisti nel loro percorso di redenzione, storie risolute con conti in sospeso che poi vengono risolti.

Mann privilegia poi i grandi paesaggi, le difficoltà della natura selvaggia a buon diritto protagonista come i primi attori.

Protagonisti.

James Stewart è Glyn, alla seconda delle cinque collaborazioni con Mann.

Stewart è l’attore ideale nelle storie di Mann perché riesce a tratteggiare il doppio ruolo, da risoluto ad angosciato da problematiche inferiori.

Se vogliamo in antitesi allo stereotipo di John Wayne che quasi mai, nei ruoli che interpreta, manifesta turbamento o indecisione.

Arthur Kennedy è Emerson, anche lui in una parte dal dubbio passato, ma perfetto nel cinismo che denuncia quando tradisce Glyn per vendere i viveri ai minatori.

Jay C.Flippen è Jeremia, mentre il giovane giocatore di poker Wilson è Rock Hudson in una parte piccola ma che inizia a farlo conoscere.

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