Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Esaltante Pappano in Bruckner e Mahler

La trascendenza inaugura la stagione sinfonica.

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ringrazia il suo pubblico. “Caro pubblico, grazie!”.

Questo si legge in un segnalibro in cartoncino inserito in ogni copia del programma di sala offerta gratuitamente agli spettatori.

Grazie per il coraggio e l’affetto con cui seguite l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, aiutandola a sostenere la speranza che induce ad uscire di casa come un augurio che tutto ricominci.

Con questo spirito e in questa prospettiva è stato messo a punto dal Maestro Antonio Pappano, amatissimo direttore principale dell’Orchestra, il programma per l’inaugurazione di stagione.

Come di consueto, è schierata sul palcoscenico l’intera compagine orchestrale e il Coro ceciliano (diretto da Piero Monti).

Due i compositori scelti, Bruckner e Mahler e di loro, il Te Deum e Il Canto della Terra due brani all’insegna della spiritualità, che richiedono grande orchestra, intervento del Coro e di solisti.

Il Te Deum è un inno paleocristiano al quale si attribuivano poteri taumaturgici che si fa risalire a San Niceta, vescovo, la cui melodia deriva da diversi canti monodici confluiti poi nella riforma gregoriana, che si cantava di regola a conclusione dell’Officio domenicale, essendo il maggior tributo di fede dopo il Credo.
Il Te Deum di Anton Bruckner è stato composto a Vienna nel 1881 e revisionato fino al 1884.
In questo brano due istanze irrinunciabili della vita del compositore trovano modo di esprimersi in un unicum che attinge le vette del capolavoro: la profonda fede cristiana e l’urgenza di ringraziare Dio con lo strumento più congeniale: la musica.
Quella di Bruckner era una voce possente, spesso magniloquente con la quale era il suo spirito inquieto e febbrile a gestire l’ispirazione.
Nel Te Deum si rispecchia appieno la personalità di Bruckner, quel suo cristianesimo purissimo, il profondo misticismo, la sua attitudine alla contemplazione.

Nella Sala Santa Cecilia del Parco della Musica, resa ancor più maestosa dal pubblico spaziato per le esigenze del Covid 19, la tensione emotiva si poteva cogliere liberamente.
Merito certo dalla profonda e partecipata esibizione dell’Orchestra, trascinata verso vette da capogiro da un direttore smagliante, come anche del Coro, le “voci angeliche, uomini alla ricerca di Dio, cuori tormentati e anime purificate dal fuoco”, come aveva scritto Gustav Mahler che per primo aveva diretto il capolavoro, coro perfettamente calibrato con le cure di Piero Monti e delle magnifiche voci soliste, il soprano Donika Mataj, il contralto Daniela Salvo, il tenore Anselmo Fabiani e il basso Antonio Vincenzo Serra, che del Coro fanno parte.

Il Canto della Terra (Das Lied von der Erde), con il sottotitolo di”Sinfonia per voce di contralto, di tenore e grande orchestra”, è un’opera estrema di Gustav Mahler, eseguita postuma da Bruno Walter con l’orchestra del Munich Konzertverein, a Monaco di Baviera, il 20 novembre 1911, nell’ambito di due giornate commemorative dell’autore, scomparso da appena sei mesi.

I testi de Il canto della Terra sono tratti da una antologia tedesca di poesie cinesi, intitolata “Il Flauto cinese”. Ancora una volta, Mahler ha saputo dare voce al suo profondo pensiero filosofico, il cui nucleo si esprime in quest’opera nella diversità della sorte dell’individuo uomo, separato dal ciclo eterno di morte e rinascita.
L’opera è certamente il culmine della raffinatezza stilistica di Mahler, che fonde due mondi tanto lontani come quello dei Lied e quella della Sinfonia, inventando una forma nuova, una nuova e più alta unità spirituale, alla quale la morte prematura gli impedì di attingere ulteriormente.

L’opera è divisa in due parti: la prima costituita da cinque lieder (Il Brindisi del dolore della Terra, il Solitario nell’Autunno, della Giovinezza, della Bellezza e l’Ubriaco in primavera ).

L’altra è occupata interamente da Der Abschied (L’Addio), una grande marcia funebre che domina il lied dove un vecchio deve morire perché si realizzi il ciclo della rinascita e il nuovo torni eternamente.

Su questa parola sfuma il Canto che ha impegnato l’Orchestra, condotta con vibrante partecipazione da Antonio Pappano, la voce magnifica del contralto Gerhild Romberger che ha cantato con il tenore Clay Hilley.

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