Accademia di Santa Cecilia – Jakob Hrusa dirige “La Resurrezione” di Gustav Mahler.

Inaugurazione della rinascita

Roma, 10 ottobre 2021 – “La Resurrezione”, Seconda Sinfonia di Gustav Mahler, una scelta simbolica ed emblematica, che esalta il senso della rinascita, “un manifesto d’intesa” dopo i bruttissimi momenti di ansia e paura che la pandemia aveva diffuso nel mondo intero, come dice lo stesso Maestro Jakub Hresa, da quest’anno Direttore Ospite Principale dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, che ha scelto questo titolo monumentale per l’apertura della stagione 2021/22.

Titolo che corrobora l’atmosfera di gioia per il tanto agognato ritorno alla normalità dello spettacolo dal vivo, specialmente con la decisione del nostro Governo di liberalizzare, pur con le dovute precauzioni: green pass, mascherina, etc, l’ingresso al 100% della capienza agli spettatori dei Cinema, Teatri, Auditori.

La monumentale Seconda Sinfonia (135 mm) ebbe una lunghissima gestazione, dal 1888 al 1894, mentre Mahler, giovane direttore d’orchestra in rapida crescita, era in piena evoluzione, avendo già ottenuto grandi riconoscimenti dal milieu musicale che lo applaudiva come una delle più grandi bacchette dell’epoca, favorendo una rapida evoluzione della sua carriera, da Lipsia, dove ricopriva un ruolo subordinato, alla responsabilità dell’Orchestra di Budapest e dal 1891 allo Stadttheater di Amburgo.

Quel che è dato ascoltare qui, nella Sala Grande del Parco della Musica, con l’eccellente e profonda lettura di Jakub Hrusa, è un Mahler giovane (era nato nel 1860 ), che ha raggiunto una profonda consapevolezza artistica ed emotiva e può regalare emozioni pure spinte sulle vette più eccelse del suono, che evoca sentimenti sopiti, mentre gioca con le contraddizioni di momenti opposti e coesistenti in modo convulso, la disperazione che si specchia nella speranza flebile, quasi un’illusione infantile, di una redenzione dell’uomo nella resurrezione, dopo che la sofferenza lo ha condotto fino a quel dolore assoluto, panteistico, che accomuna tutte le cose create, nei tre regni della natura.

Ne scaturisce una profonda spiritualità trascendentale, che non si collega a nessuna confessione particolare (Mahler, di madre ebrea, non era credente). È un mondo tormentato dai grandi interrogativi umani: “Perché sei vissuto, perché hai sofferto? Tutto questo è soltanto un immane, atroce scherzo?”.

È l’anima profonda del compositore boemo, quel senso del “non è mai del tutto finito” che si spalma sul titolo “Resurrezione”, svelando il suo pensiero, o la sua aspirazione a credere, che si fa portavoce del sentire comune all’umanità.

Resurrezione, rinascita che rifulge in questa fortunata inaugurazione di stagione, nella lettura drammatica e possente di Jakub Hresa, nella gamma di emozioni che illustra: angoscia, dolore, la ferocia della Natura, con “Antonio da Padova che predica ai pesci”, che dopo averlo ascoltato compunti recuperano rapidamente la loro selvaggia crudeltà (che riprende nel terzo movimento, un lied omonimo tratto dal Wunderhorn, Il Corno magico del fanciullo), o anche la dolcezza e la tenerezza per quella rosellina rossa che trova consolazione nella sua perenne rinascita (che apre il IV° movimento). Momenti sconvolgenti per potenza espressiva, che Jakub Hrusa affronta connotandoli con una forte impronta trascendentale, dilatando i tempi dei primi e accentuando il quarto movimento “Luce primigenia” e il quinto “Selvaggiamente.

Allegro energico. Lento. Misterioso” con un’Orchestra al massimo del proprio organico e della propria efficienza, di cui la bacchetta di Hrusa esalta le qualità che fanno specifica la sua voce, la plasticità, le sue tinte impareggiabili, l’incisività ritmica, finalmente confortata dalla presenza del pubblico, dislocata sull’ampio palcoscenico della Sala Grande del Palco della Musica, distanziata secondo prescrizione di sicurezza anti pandemia, sovrastata dal Coro illuminato da luci teatrali con un effetto avvolgente e misterioso.

Sul palco, presenza significativa di due “voci” magnifiche, dall’emissione elegante e ispirata, dal fraseggio perfetto e dalla voce di sontuosa intensità e chiarezza: quella del soprano americano Rachel Willis-Sorensen, dalla carriera luminosa e dal repertorio assai vasto portato nei principali palcoscenici lirici e sinfonici, e del contralto Wiebke Lehunkuhl, specialista delle sonorità wagneriane, ma anche bravissima interprete di Mozart di cui si poteva ammirare il legato caldo, lunghissimo dalle morbidezze scure di velluto.

Esaltante la prestazione del Coro, istruito da Piero Monti, protagonista assoluto della Corale del Finale, su testo del poeta tedesco Friedrich Gottlieb Klopstock, con aggiunte dello stesso Mahler, che dà il titolo alla Sinfonia.

Ovazioni caldissime per tutti gli artisti.

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