
Il giorno dello sciopero generale per Gaza il venerdi 3 ottobre si è aperto con oltre cento manifestazioni in tutta Italia. Dalla vicenda della Flotilla, con i parlamentari italiani liberati e ora all’aeroporto di Tel Aviv, fino all’imbarcazione che continua la navigazione verso Gaza, la cronaca internazionale si è intrecciata con la protesta nazionale. Intanto, già dalle prime ore, migliaia di persone sono scese in strada: a Milano e Roma si registrano treni in ritardo e cancellati.
Il 3 ottobre 2025 resterà come una data calda per l’Italia. Mentre decine di città da Nord a Sud sono state attraversate da cortei e manifestazioni, la Commissione di Garanzia ha bollato lo sciopero come “illegittimo”, aprendo una frattura tra sindacati, politica e istituzioni.
A Milano il serpentone è stato lungo quattro chilometri, partito sulle note di “Bella, ciao” e colorato da migliaia di bandiere; a Roma si sono mossi otto cortei in contemporanea, con gli organizzatori che hanno stimato “300 mila presenze”; non sono mancati i disagi, con trasporti a singhiozzo, scuole con molte classi scoperte e servizi pubblici ridotti.
Le motivazioni dello sciopero: tra solidarietà internazionale e diritti costituzionali
Non solo questioni salariali. Lo sciopero del 3 ottobre è stato indetto con motivazioni in gran parte politiche e internazionali: solidarietà internazionale con la popolazione di Gaza e sostegno alla “Global Sumud Flotilla”, per riaffermare il diritto internazionale e chiedere la pace; stop alla “guerra economica”, con la richiesta di interrompere collaborazioni militari ed economiche con Israele; difesa dei diritti costituzionali, con il richiamo al rispetto dei lavoratori e dei principi fondamentali sanciti dalla Carta.
Il leader della Cgil ha sottolineato che “la Flotilla ha difeso la Costituzione e il diritto internazionale”; dal fronte politico, la segretaria del PD Elly Schlein ha affermato: “L’Italia è migliore di chi la governa”.
Perché è stato dichiarato “illegittimo”
La Commissione di Garanzia ha giudicato lo sciopero nei servizi pubblici essenziali contrario alla legge; non per le motivazioni, considerate legittime nel merito, ma per il mancato rispetto del preavviso minimo previsto dalla Legge 146/1990.
I sindacati hanno invocato la deroga prevista per la difesa dell’ordine costituzionale; il Garante ha però ritenuto il richiamo “inconferente”, spiegando che l’eccezione vale solo per eventi gravissimi e interni, non per mobilitazioni legate a scenari internazionali.
Le conseguenze
La dichiarazione di illegittimità comporta due possibili effetti principali: per i sindacati, il rischio di sanzioni pecuniarie fino a 50.000 euro; per i lavoratori, la possibilità (almeno in teoria) di incorrere in sanzioni disciplinari, anche se l’attenzione resta concentrata soprattutto sulle organizzazioni promotrici. Il ministro Salvini aveva evocato l’ipotesi di precettazione, ma non è stata infine disposta.
Un Paese tra protesta e regole
Lo sciopero del 3 ottobre 2025 ha mostrato un Paese diviso: da una parte migliaia di persone in piazza a chiedere pace, diritti e dignità; dall’altra istituzioni e autorità a ribadire il rispetto delle regole procedurali. Un braccio di ferro che apre nuove domande sul confine tra libertà di protesta e tutela dei servizi essenziali.
Ma oggi le piazze hanno parlato con la forza dei cori e dei passi; a Milano il lungo serpentone ha attraversato la città come un fiume umano; a Roma le bandiere hanno colorato strade e piazze trasformandole in un palcoscenico di voci e speranze. Dietro ogni striscione c’erano storie personali, giovani e anziani che hanno scelto di esserci nonostante i disagi; famiglie, studenti, lavoratori che hanno sentito l’urgenza di non restare in silenzio.
In fondo, lo sciopero non è stato soltanto un atto politico o una questione giuridica: è stato anche un gesto collettivo di testimonianza, un modo per dire che la società civile esiste, osserva e reagisce. Resta ora da capire se quelle voci che oggi hanno riempito le strade sapranno trovare ascolto dentro le istituzioni.