Politica

Il caso Catania: Carabinieri aggrediti

cc catania aggreditiRoma, 14 maggio – Fermano un uomo che aveva sfondato un posto di blocco ma poi vengono aggrediti dalla folla.

L’episodio risale allo scorso 7 maggio ed è accaduto a Catania, nel quartiere Nesima. Nelle immagini riprese da in passante e rimbalzate su facebook e TV, si vedono i Militari mentre vengono accerchiati da un gruppo di persone che prima chiedono di lasciare libero l’uomo di circa trent’anni intercettato a bordo di una Smart e poi fanno capannello attorno alla pattuglia. Dalle parole ai fatti: volano spintoni e pugni sul volto dei Carabinieri. L’uomo riesce a sfuggire al fermo mentre i Carabinieri sono finiti al pronto soccorso per farsi medicare alcune escoriazioni.

C’è da dire che la sicurezza pubblica, cioè la prevenzione nel controllo del territorio, lascia ancora molto a desiderare in Italia. Nei fatti di Catania apprendiamo che la pattuglia era costituita, da quel che si legge, da appena due soli Militari. Si è ancora molto lontani dallo stabilire che gli equipaggi di Volanti della Polizia, Gazzelle dei Carabinieri come anche di Guardia di Finanza e Polizia Locale debbano essere costituiti da tre unità, e questo per consentire a due elementi di procedere direttamente nei riguardi dei fermati e all’altro di osservare a breve distanza, mitra alla mano a scopo di deterrenza, quel che può succedere intorno. A Roma constatiamo che appena dopo l’ inizio del Giubileo la Città Eterna era massicciamente presidiata, mentre dopo qualche mese si è tornati alla densità di controllo precedente.

Sui giornali abbiamo letto a novembre scorso: “Saranno pure 24 mila rappresentanti delle Polizie e Militari dell’Esercito solo a Roma  per il Giubileo ma il numero in sé non è una garanzia di maggiore sicurezza. Perché tra questi 24 mila uomini i Poliziotti presenti per le strade della Capitale non hanno un giubbotto antiproiettile in corso di validità. E così, il 23 novembre, il Sindacato di Polizia COISP, per voce del suo Segretario Generale Maccari, faceva sapere che: “L’Esercito per l’85% utilizza i fucili Arx, arma modernissima e all’avanguardia. Un 15% continua, invece, a utilizzare i fucili AR 70/90, arma solida e robusta ma che ha parecchi decenni sulle spalle. Per quanto riguarda Carabinieri e Polizia, l’ M12, un’arma ancora valida, ben poco può fare di fronte a un kalashnikov di ultima generazione. Per quanto riguarda l’Esercito si fa un ridotto uso della pistola; in città servirebbe un utilizzo di armi più funzionali e veloci. Sono problemi che i vertici si stanno ponendo. La prima arma però è l’uomo che deve essere motivato e rispettato… la Stabilità impone tagli che vanno a ferire l’apparato sicurezza del Paese, nel momento in cui si deve affrontare un livello di rischio sempre più elevato”.

E allora? La verità vera, a parte queste giuste prese di posizione, come abbiamo già scritto in passato, è che il pianeta sicurezza italiano, indipendentemente dall’emergenza terrorismo, lascia realmente a desiderare per l’aspetto prevenzione, ossia la cosiddetta sicurezza pubblica svolta con il controllo del territorio.

Certo, tale delicatissimo settore dello Stato va rivisitato subito, in modo ampio e definitivo, non solo nei grandi centri urbani, ma anche in quelli minori e nelle campagne.

Ripetiamo e ribadiamo: la prevenzione è compito primario delle Forze di Polizia, da esercitare attraverso una presenza visibile, costante e massiva, supportata anche da un continuo ed attento esame sull’adeguatezza della dislocazione delle forze sul territorio.

Il caso Catania docet! 

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