Politica

Bersani aspetta risposte finali, poi al Quirinale. Cinquestelle ribadiscono il no a governo Pd

Bersani e GrilliniAnsa – Pier Luigi Bersani ufficialmente aspetta “risposte conclusive” da tutti i partiti. Ma è una la porta che  il Pd aspetta di sapere se si aprirà: il via libera di Silvio Berlusconi a far nascere, muovendo le sue truppe con alchimie numeriche, il governo.

Per ottenere un accordo politico, con cui poi il premier incaricato punta a convincere il capo dello Stato Giorgio Napolitano, si tratterà fino all’ultimo: al centro sono le garanzie per l’elezione del nuovo capo dello Stato con il Pdl che, a quanto si apprende, chiede una rosa di nomi riconducibili all’area di centrodestra e il leader Pd non disposto ad andare oltre le garanzie su un nome condiviso. Il premier incaricato chiude di fatto il giro di consultazioni e poi farà il punto con la sua coalizione prima di salire al Quirinale tra domani sera e venerdì mattina. Le trattative, arrivate ad un punto morto in serata, sono ancora in piedi e Bersani si prenderà tutto il tempo che può per tentare di convincere l’ex premier. Il Cavaliere dovrà decidere se ascoltare l’ala trattativista del Pdl, guidata da Angelino Alfano e Maurizio Lupi, o i falchi che lo invitano a non fidarsi del Pd. Dal canto suo, gli ambasciatori del Pd si impegnano ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica “con una comune garanzia – come ha detto anche pubblicamente il leader Pd – su figure che ottengano i voti dei due terzi del Parlamento e non siano di parte”. Impegni troppi generici per il Pdl che invece chiede al Pd una rosa di nomi da valutare, ma rappresentanti dell’area di centrodestra. Nei capannelli in Transatlantico i nomi più quotati sono, sul fronte del centrosinistra, quelli di Franco Marini e di Giuliano Amato, solo rumor ma indicativi per capire i profili di personalità che potrebbero essere proposti per cercare di convincere Berlusconi. Se il cuore della questione è il Colle, è vero che, come ha spiegato Bersani in alcune consultazioni di oggi, la ‘convenzione’ per le riforme, guidata dal Pdl, ha aiutato “il disgelo” con il centrodestra e con i montiani. Ma non con il M5S, dal cui incontro il premier incaricato ha definitivamente capito che non potrà avere un via libera, salvo poche defezioni.

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