Ilaria Salis vuole il processo in Italia, da Bruxelles a Roma rischi e conseguenze

L’esultanza sfrenata per la vittoria della Salis apre la strada a un insidioso scenario, tale per cui l’Italia ha tutti gli occhi del mondo addosso

Scene di giubilo per la vittoria di Ilaria Salis, che vuole il processo qui. Per l’Italia, arma a doppio taglio. Necessario fare la cronistoria europea dell’accaduto prima di arrivare al dunque. L’eurodeputata italiana, accusata in Ungheria di aggressione contro militanti neo-nazisti, continuerà a beneficiare della protezione dell’Aula.

La votazione

Una votazione carica di tensione, a scrutinio segreto, si è risolta il 7 ottobre a favore della Salis: il Parlamento europeo ha respinto la richiesta di revoca della sua immunità con 306 voti favorevoli e 305 contrari. Più una postazione ko col deputato che non ha espresso il voto: un bel mistero.

Lo dice lei: “Questo voto è una vittoria per la democrazia, lo Stato di diritto e l’antifascismo. Questa decisione dimostra che la resistenza funziona. Dimostra che quando i rappresentanti eletti, gli attivisti e i cittadini difendono insieme i valori democratici, le forze autoritarie possono essere affrontate e sconfitte. Non si possono ottenere processi giusti in Ungheria né contro gli antifascisti né contro nessun oppositore politico”. Salis ha reiterato poi la richiesta “che il processo si svolga in Italia nel rispetto delle garanzie democratiche”.

La scelta finale spetta al Governo Italiano

La decisione su dove Ilaria Salis verrà processata coinvolge diversi attori e meccanismi legali, ma la scelta finale ricade sul Governo italiano (in particolare sul ministro della Giustizia) in base alla normativa italiana e alla sua volontà politica.

La Salis ha manifestato esplicitamente la volontà di essere processata, ma solo in Italia, ritenendo che in Ungheria non le sarebbero garantiti un processo equo e le garanzie democratiche. L’unica via per processare la Salis in Italia è l’applicazione del diritto italiano e, in particolare, l’articolo 9 del Codice Penale, che regola la possibilità di processare in Italia un cittadino italiano per un reato commesso all’estero. Per procedere in Italia in questi casi, è necessaria la richiesta del ministro della Giustizia Carlo Nordio. È l’unica autorità che può compiere il passo politico necessario per dare il via al processo in Italia. I legali della Salis hanno infatti dichiarato che è solo necessario un passo da parte della politica, la richiesta di procedere del ministro della Giustizia.

Cosa comporta il processo di Ilaria Salis in Italia

Adesso però se davvero l’Italia processasse la Salis, il nostro Paese sarebbe sotto i riflettori del mondo. Qualora da noi la sentenza facesse discutere, come ne uscirebbe sotto il profilo dell’immagine Roma?

Un bivio politico e giudiziario per Roma

La vittoria di Ilaria Salis al Parlamento Europeo è un trionfo simbolico per lei e per le forze che vedono nello Stato di diritto un argine contro i venti autoritari. Tuttavia, il respingimento della revoca dell’immunità sposta il baricentro della questione da Bruxelles a Roma, mettendo il Governo italiano di fronte a una scelta di altissimo profilo politico e diplomatico.

L’applicazione dell’articolo 9 del Codice Penale, invocata dalla Salis e dai suoi legali, aprirebbe la via a un processo in Italia su richiesta del Ministro della Giustizia. Questa mossa, pur rispondendo all’esigenza di garantire un processo equo, come richiesto dall’eurodeputata, innescherebbe immediatamente una grave crisi diplomatica con il governo di Viktor Orbán, che percepirebbe la decisione come una palese violazione della propria sovranità giudiziaria.

Di conseguenza, il processo italiano diventerebbe un affare internazionale, una vera e propria arma a doppio taglio per l’immagine di Roma. Mentre potrebbe esaltare la difesa dei diritti e della sovranità nazionale, un esito controverso – in termini di assoluzione o condanna percepita come troppo mite – esporrebbe l’Italia all’accusa di aver manipolato la giustizia per ragioni politiche. Il rischio maggiore è quello di non riuscire a dimostrare in maniera inattaccabile la superiorità del proprio sistema giudiziario, minando la credibilità internazionale di Roma proprio sui valori democratici che si sono voluti strenuamente difendere.

La palla è ora nel campo della politica italiana: la richiesta di procedere non è solo una formalità legale, ma un gesto che definirà i rapporti diplomatici con l’Ungheria e il posizionamento dell’Italia sul palcoscenico della giustizia europea.

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