Cultura

Nuovo libro di Gigi Di Fiore: Gli ultimi giorni di Gaeta

Intervista all’autore
copertina

Inviato speciale del Mattino di Napoli, già redattore al Giornale di Montanelli, Gigi Di Fiore (premio Saint Vincent per il giornalismo nel 2001) ha al suo attivo una dozzina di libri pubblicati in una ventina d’anni con più editori napoletani, poi con la Utet e infine per la Rizzoli. Saggi sulla criminalità organizzata e sulla storia del Risorgimento con particolare attenzione alla fine del regno delle Due Sicilie e al brigantaggio post-unitario, alcuni premiati e ristampati. E’ da poco in libreria il suo ultimo libro: “Gli ultimi giorni di Gaeta – l’assedio che condannò l’Italia all’unità” edito da Rizzoli .
Ne parliamo con l’autore.
 
Di Fiore, di cosa si occupa nel suo ultimo libro?
“Dell’assedio di Gaeta, una pagina del Risorgimento quasi del tutto ignorata dai libri di testo scolastici. Eppure, durò cento giorni dal novembre 1860 al febbraio 1861 e segnò la fine del regno delle Due Sicilie e l’annessione definitiva del sud al resto dell’Italia. Costò anche la vita a oltre mille soldati meridionali”.
 
Perché ha deciso di scrivere proprio dell’assedio di Gaeta?
“Perché, nell’imminenza delle celebrazioni per i 150 anni di unità d’Italia, Gaeta resta la vicenda simbolica più significativa nei mesi che portarono all’unificazione. Più dell’assai citata e raccontata epopea garibaldina. Si fronteggiarono due eserciti regolari, quello del nord piemontese, e quello del sud napoletano. Fu una pagina in cui si vide il meglio e il peggio delle nostre caratteristiche nazionali”.
 
In che senso?
“Ci furono tradimenti, sotterfugi, ma anche eroismi, scelte di fedeltà alla propria nazione fatte dai napoletani nonostante la loro fosse ormai una resistenza senza speranze. E poi, alcune cose incredibil,i scoperte in documenti inediti custoditi dall’ufficio storico dell’esercito”.
 
Di che si tratta?
“Nelle carte del ministero della Guerra e negli scritti del generale Cialdini, comandante piemontese all’assedio, emerge che il bombardamento scientifico contro obiettivi anche civili fu teorizzato per provare l’efficacia dei potenti cannoni a lunga gittata. Era un’arma tremenda che fu sperimentata per la prima volta a Gaeta contro i soldati napoletani e i civili”.
 
Ci furono vittime tra i civili?
“Diverse centinaia, nonostante a parole quella fosse una guerra, mai dichiarata, dell’esercito piemontese sceso al sud per liberare gli italiani da oppressori stranieri. Gaeta fu rasa al suolo, distrutta. Tanti civili morirono sotto le bombe. I danni furono ingenti: un’economia distrutta, una città snaturata mai risarcita dai vincitori. E poi si verificò un paradosso”.
 
Quale?
“L’assedio costò all’esercito piemontese 25 milioni di lire. Quei soldi furono poi inseriti tra i debiti del bilancio italiano, che all’alba dell’unità ammontavano già a 500 milioni. Morale della favola: gli abitanti di Gaeta, diventati cittadini italiani, pagarono le tasse per risanare debiti contratti anche per le bombe lanciate contro di loro”.
 
Un Risorgimento inedito nelle sue pagine?
“Sì, come racconto da anni nei miei libri. Una storia poco scolastica e celebrativa, ma rigorosamente documentata su un’unità nata male. Le mie ricerche sull’eccidio di Pontelandolfo dell’agosto 1861 sono ormai citate da tanti autori, in quella cittadina in provincia di Benevento all’inizio dello scorso agosto ho ricevuto il premio Landolfo d’oro per i documenti scovati su quella triste pagina unitaria”.
 
Che scelta stilistica ha adottato?
“Come sempre, ho tentato di coniugare uno stile narrativo, con il rigore di documenti. Ci sono note, bibliografie, appendici documentarie, ma il racconto non è pedante, né accademico. Una scelta mista, per poter risultare godibile alla lettura senza dimenticare il rigore e la credibilità che possono dare le fonti citate”.
 
Dove presenterà il libro?
“Ho in calendario una serie di appuntamenti. Il primo sarà alla Fnac di Napoli. Poi, il 6 novembre, sarò a Gaeta su invito dell’amministrazione comunale”.
 
 
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