Tematiche etico-sociali

L’assedio. Si, Roma da quando Capitale d’Italia, assediata dalla criminalità

Il libro di Enzo Ciconte

Roma, 22 marzo 2021 –  “L’Assedio. Storia della criminalità a Roma da Porta Pia a Mafia Capitale”, di Enzo Ciconte, in libreria dal 25 Febbraio.

Enzo Ciconte insegna Storia delle mafie italiane all’Università degli Studi di Pavia. È stato consulente della Commissione Parlamentare Antimafia.

Con “L’Assedio. Storia della criminalità a Roma da Porta Pia a Mafia Capitale”,  Enzo Ciconte  racconta di una storia criminale, a Roma Capitale, che comincia già dopo la breccia di Porta Pia con gli scandali della Banca Romana che dagli anni settanta dell’ 800 aveva profuso forti finanziamenti a ministri e politici, che portò giustamente all’ istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta che stabilì che Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio, per i suoi rapporti con Bernardo Tanlongo, Governatore della banca, fosse l’unico politico coinvolto per cui quale il giorno seguente le sue dichiarazioni in Parlamento rassegnò le dimissioni. Nel 1894, però, Giolitti presentò alla Camera documenti che provavano rapporti di molti Deputati con la Banca romana, verso la quale era indebitata anche la famiglia di Francesco Crispi che nel frattempo era nuovamente diventato Presidente del Consiglio. Vicenda tipicamente italiana!!

Sull’argomento mio articolo del 2013 su questa testata https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/napoleone-colajanni-oltre-centanni-fa-descriveva-mafia-e-corruzione-mali-endemici-del-paese-1778/.

In tempi più vicini, la criminalità si rafforza con la presenza di mafiosi di importanza internazionale per lo spaccio di droga dopo la fine della Seconda guerra mondiale e si organizza decenni dopo con la comparsa della banda della Magliana e infine dilaga con la recente inchiesta su Mafia Capitale, che ha puntato i riflettori su un’associazione a delinquere arrivata al cuore della politica e dell’amministrazione capitolina, e che tuttavia la Corte di Cassazione non ha ritenuto di qualificare come mafia. Questo libro, a firma di uno fra i massimi esperti di criminalità organizzata, fa luce sul groviglio di interessi e sull’anima oscura della città, lì dove traggono forza i poteri che per conquistarla si sono di volta in volta alternati, combattuti e alleati.

Iniziamo la lettura di parti salienti del libro.

“”Prologo. Nel giro di appena due giorni, dal 16 al 17 giugno 2020, l’opinione  pubblica è stata investita da tre notizie che hanno squarciato il velo su una realtà complessa e a tratti nascosta di Roma, sottoposta nel corso di vari anni a un vero e proprio assedio criminale. La prima notizia è la condanna in Corte d’ Assise d’Appello di tre rappresentanti del clan Spada di Ostia, una famiglia sinti venuta dall’ Abruzzo, come appartenenti a un’associazione di stampo mafioso. La seconda riguarda un’importante operazione della Procura della Repubblica di Roma che ha portato all’arresto di una ventina di persone legate ai Casamonica, un esteso gruppo familiare di origine nomade, accusate di essere mafiose. La terza notizia è la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare di Massimo Carminati, il “Fascista2  o “il Cecato”.  Con un lungo curriculum criminale – ha collaborato con la banda della Magliana e ha fatto parte dei NAR – Carminati era stato prosciolto dall’accusa di essere uno dei capi dell’associazione mafiosa denominata Mafia Capitale con la sentenza della Corte di Cassazione del 22 ottobre 2019 che aveva ordinato alla Corte d’ Appello di rideterminare le pene.  Il processo d’appello non s’è potuto svolgere perché la Cassazione ha reso pubbliche le sue motivazioni il 12 giugno, dopo otto mesi dalla sentenza.””

– da pag.95. “”Criminali, mafiosi e banda della Magliana. La mala capitolina e il clan dei marsigliesi. Il mondo romano del crimine degli anni Sessanta era stato caratterizzato da piccoli traffici, riciclaggio, contrabbando di bionde e qualche rapina; ogni quartiere aveva i suoi boss e i contrasti spesso si risolvevano ancora a coltellate, secondo un codice d’ onore che tutti rispettavano. Insomma, una criminalità tradizionale, che non destava eccessivo allarme sociale.  Gli inizi degli anni Settanta sono all’insegna del cambiamento. È in realtà il periodo di gestazione di altri fenomeni criminali estremamente violenti che di lì a poco avrebbero sconvolto il panorama locale e che avrebbero avuto come attori principali uomini appartenenti al sottobosco romano e altri di provenienza francese.  Proprio questi ultimi, giunti a Roma all’ inizio degli anni Settanta, parlano un linguaggio criminale nuovo, più diretto, più crudele, più sanguinario.  Nella guerra scatenata dai marsigliesi cadono Sergio Maccarelli, Carlo Faiella, Ettore Tabarrani e Umberto Cappellari, criminali di vecchio stampo che, come capita per alcuni mafiosi di peso siciliani e calabresi, sono refrattari ad accettare e a praticare il traffico degli stupefacenti. A Roma, operavano Bergamelli, Berenguer e Bellicini. A contrastare questo nuovo fronte di criminalità si trovarono i Magistrati Ferdinando Imposimato e Vittorio Occorsio. Grazie all’ inchiesta di Occorsio, il clan dei marsigliesi fu sgominato nel 1976 e i componenti della banda condannati nel 1981. Berenguer e Bergamelli alla fine chiuderanno tragicamente la loro carriera criminale.  Saranno trucidati in carcere da detenuti comuni senza un apparente motivo, il primo nel penitenziario di Nizza nel 1990, il secondo nel carcere di massima sicurezza di Ascoli Piceno da Paolo Dongo, ergastolano, brigatista rosso e rapinatore che vi si trovava da poche settimane.  Bellicini, invece, evaso dal carcere di Lecce nel 1976, fu riacciuffato mentre beveva champagne in un ristorante nel centro di Roma.””

– da pag.111. “”Droga e usura, il salto di qualità. Da allora cominciò una prolungata fase d’ inaudita violenza che si accompagnò all’ incremento del traffico di stupefacenti e alla ripresa del reato di usura.  Per quanto riguarda il controllo dei traffici e del mercato della droga, nella seconda metà degli anni Settanta esso ebbe un ruolo sempre maggiore tra le attività dei membri della banda della Magliana.  I bravi ragazzi della banda furono favoriti dal fatto che sin dal 1979 si era trovato un canale di rifornimento della droga tramite il mafioso Pippo Calò, che allora operava con lo pseudonimo di Mario Aglialoro. Contestualmente ai profondi cambiamenti del mondo degli stupefacenti, anche quello degli usurai in quel periodo subì una significativa trasformazione.  Si giunse infatti a praticare il prestito a strozzo. Ad esempio, Domenico Balducci, Mimmo il cravattaro, aveva un negozio di elettrodomestici a Campo de’ Fiori, dove in bella evidenza c’ era scritto «Qui si vendono soldi»,  un cartello leggendario per la sua impudenza. Era entrato in contatto con la banda della Magliana attraverso Danilo Abbruciati, che lo uccise nel 1981 quando Balducci cercò di tenere per sé una somma di denaro destinata al mafioso Pippo Calò. Ernesto Diotallevi, il cui figlio ebbe come padrino Pippo Calò, era uno dei componenti più importanti della banda della Magliana ed era legato a Danilo Abbruciati, Flavio Carboni, Francesco Pazienza, nonché collegato a Licio Gelli.  Giuseppe Calò, Pippo come lo chiamavano tutti, affiliato nella stessa famiglia di Tommaso Buscetta, era un mafioso palermitano molto legato ai corleonesi di Riina e di Liggio.  Quando venne arrestato, nel 1985, negò di conoscere gli elementi della banda della Magliana, ma fu smentito da Buscetta stesso.””

– da pag.176. “”La ‘ndrangheta, una potenza vitale. Alcuni gruppi familiari, gli Alvaro-Palamara, i Pelle-Vottari-Romeo, i Giorgi-Romano, i Nirta-Strangio, hanno «concentrato i loro interessi nell’economico-sociale della capitale, tramite la costituzione di società fittizie aventi per oggetto la gestione di bar, paninoteche, pizzerie, pasticcerie e ristoranti. Non ci sono gli omicidi, ma c’è una presenza molto forte di importanti e rappresentative famiglie della ‘ndrangheta – in tutto una trentina di nuclei familiari – che sono attive in campo economico. Gli uomini di ‘ndrangheta hanno deciso di essere presenti in modo permanente in città; per questo hanno acquistato negozi, ristoranti e altri locali.  La loro presenza non è effimera.  I beni utilizzati sono dati in gestione a uomini fatti venire apposta dalla Calabria: dando da lavorare aumenta il loro consenso e nello stesso tempo riescono a mantenere le loro posizioni sul territorio.  Gli ‘ndranghetisti sono a Roma perché hanno scelto la Capitale come un punto nevralgico della loro espansione territoriale al di fuori della regione d’origine. In un rapporto del GICO della Guardia di Finanza le ‘ndrine importanti della Locride e della Piana di Gioia Tauro sono descritte come il «terminale delle attività economiche finanziarie»; esse guardano «sempre con più attenzione alla Capitale, ai suoi interessi economici, riciclando fiumi di denaro».  Ci sono anche altri, oltre agli ‘ndranghetisti.  Sono tanti, vecchi e nuovi agglomerati.  Non c’è più la banda della Magliana, ci sono gli «invisibili», come li definisce De Ficchy.  Il territorio di Roma è un groviglio di vecchie e nuove mafie.  L’Osservatorio tecnico-scientifico sulla sicurezza e la legalità della Regione Lazio ne redige la mappa nel 2010: al Flaminio Nord ci sono le ‘ndrine dei Morabito, Bruzzaniti, Palamara, Speranza, Scriva;  a Ostia esponenti dell’ex banda della Magliana, i Fasciani, i Cuntrera-Caruana, il clan Triassi legato a cosa nostra e i Senese, un raggruppamento camorristico della Nuova famiglia campana, che sono anche a Ciampino-Centocelle;  a San Basilio c’ è la ‘ndrina dei Sergi-Marando;  a Borghesiana gli Ierinò;  a Tor Bella Monaca e Romanina gli Alvaro e i Casamonica, attivi anche ad Appio, Tuscolano, Anagnina. Nel territorio erano presenti 25 cosche della ‘ndrangheta, 17 della camorra, 14 di cosa nostra, 2 della sacra corona unita.  A quella data risultavano confiscati 189 immobili. Le mappe, realizzate con il contributo del giornalista della RAI Fabrizio Feo, componente dell’ Osservatorio, delineano una situazione in movimento e molto preoccupante.

Il giro grande dei Casamonica. In questi anni s’affaccia un altro agglomerato, molto diverso da quelli che si sono descritti sinora: è quello dei Casamonica, destinato a un successo criminale che perdura tutt’oggi. I Casamonica spacciano, fanno estorsioni, strozzano imprese e commercianti.  Insomma, fanno quello che di norma fanno le altre organizzazioni mafiose, impiegando una modalità analoga anche se per il momento nessuno li ha mai condannati in via definitiva per mafia.  Sono infatti abilissimi nel ripulire i soldi utilizzando le leggi dello Stato e in particolare lo scudo fiscale ideato, per altre ragioni, dal ministro Tremonti.  Anche se i giornali del 2004 avevano titolato “Decapitato il clan Casamonica”, esso era vivo e vegeto sei anni dopo, quando i membri della famiglia compaiono in un provvedimento della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Roma.  In quell’occasione furono sequestrate 15 aziende e svariate quote di società.  Vennero alla luce «contatti sia con la ‘ndrangheta calabrese per il porto di Gioia Tauro che con il clan dei casalesi per altri appalti aggiudicati nella Regione Campania».””

– da pag.189. “”Mafia Capitale. Mondo di mezzo. Il 12 dicembre 2012 “L’ Espresso” pubblica un’inchiesta di Lirio Abbate presentata con riferimento a Massimo Carminati, Giuseppe Fasciani, Michele Senese e Peppe Casamonica. L’inchiesta di Abbate non aveva scovato il quinto re, Salvatore Buzzi. A individuarlo, il 2 dicembre 2014, fu l’operazione “Mondo di mezzo”.Trentanove persone finirono agli arresti ordinati dal GIP su richiesta del Procuratore Giuseppe Pignatone e dell’ aggiunto Michele Prestipino, coordinatore della DDA. L’impatto in città e in tutt’Italia fu forte non solo perché erano coinvolti a vario titolo personaggi del mondo criminale e di quello politico, ma anche per le accuse di aver costituito un’associazione mafiosa al cui vertice si trovava Carminati. E sul terreno della burocrazia illecita, il vero dominus è Salvatore Buzzi che è «organo apicale di tale articolazione di Mafia Capitale».  Buzzi è un personaggio singolare.  Nel 1980 è un bancario: ruba gli assegni in filiale e poi li gira a Giulio Gargano, «un balordo nato ad Avellino», per l’ incasso.  Ma qualcosa s’inceppa in questo sodalizio e il 27 giugno di quell’anno Buzzi uccide il suo complice con 34 coltellate. Condannato a 30 anni di reclusione inizia una seconda vita, riuscendo a trasformare la pena in un’opportunità di rinascita personale. In questa nuova veste Buzzi conquista settori politici di sinistra, ma anche democristiani e liberali che ne riconoscono il percorso di cambiamento.  Nel 1994 Oscar Luigi Scalfaro gli concede la grazia che precede la riabilitazione. Nel frattempo,  l’inchiesta continua ad allargarsi e il 29 maggio 2015 il GIP ordina l’arresto di 48 persone, completando il quadro delle attività di Mafia Capitale.  Si va dalla corruzione all’ interno del Consiglio comunale di Roma, alle turbative d’asta, alla corruzione nella gestione dei centri di accoglienza dei richiedenti asilo.  Un mondo di malaffare che era penetrato in profondità nel “mondo di sopra” grazie alla divisione dei compiti e dei ruoli tra Carminati e Buzzi. Carminati, capo indiscusso, un passato – come si è visto – nei NAR, è «personaggio assolutamente non nuovo nel panorama criminale, la fama del quale è riconducibile, in particolare, alla notoria banda della Magliana. Ne emerge un quadro particolarmente grave, anche per le funzioni dei soggetti coinvolti che comprendono esponenti di rilievo di destra e di sinistra, consiglieri regionali e comunali di entrambi gli schieramenti e di entrambe le amministrazioni – Alemanno per la destra e Marino per il PD -, Andrea Tassone, ex presidente del municipio di Ostia che era del PD,  dirigenti e funzionari del Comune.  Sono quasi tutti personaggi noti e influenti, con un potere rilevante nelle scelte economiche e politiche.””

– da pag. 208. “”Ostia feudo dei Fasciani e degli Spada. Ostia, la spiaggia di Roma, è un agglomerato urbano di circa 200.000 abitanti.  Fa parte del X Municipio di Roma capitale (ex XIII), che detiene il triste record di essere stato il primo municipio d’ Italia sciolto per condizionamento mafioso, travolto dall’inchiesta Mafia Capitale.  È successo nell’ agosto 2015, con decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, su proposta del Ministro dell’ Interno Angelino Alfano. La giornalista Valeria Scafetta ha ricostruito le vicende criminali dagli anni Ottanta, quando «dettava legge Nicolino Selis», agli anni Novanta, che «registrano l’affermazione» dei Cuntrera, imparentati con l’ altra famiglia mafiosa dei Caruana, dei Triassi, direttamente dalla Sicilia, e soprattutto degli uomini di don Carmine Fasciani.  La posizione di quest’ ultima organizzazione si è rafforzata, tra gli anni Settanta e Ottanta, al punto che, come nota il collaboratore di giustizia Sebastiano Cassia, la famiglia Spada è «relegata a un gradino più basso rispetto al clan guidato da don Carmine Fasciani» che ha assicurato sul territorio una presenza sempre più asfissiante.  Quest’ ultimo, nato a Capistrello in provincia dell’ Aquila e arrivato a Ostia negli anni Settanta, nel tempo è riuscito a conquistare l’ egemonia sul litorale romano.La situazione a Ostia e negli altri quartieri che compongono il X Municipio è peggiorata dagli anni Novanta a causa dell’incapacità da parte dello Stato di contrastare adeguatamente le presenze criminali e soprattutto di coglierne per intero la caratura delinquenziale. In questa terra di nessuno alcuni omicidi e gambizzazioni scandiscono le vicende criminali modificandone gli assetti e gli equilibri di potere.  Nel 2002 fu ucciso Paolo Frau, il quale si era insediato a Ostia quando si era sciolta la banda della Magliana.  All’epoca, la zona era più tranquilla di quella romana perché «non ancora oggetto degli appetiti di altri gruppi criminali».  Qui Frau aveva dato «vita ad un’ associazione per delinquere di tipo mafioso».  Con il suo omicidio gli equilibri erano mutati perché gli Spada stavano facendo di tutto per affermarsi.””

Sin qui l’interessante libro che va letto.

Concludiamo con questa recente notizia. Su “ la Repubblica” del 10 marzo: “Dieci anni di reclusione per l’ex militante dei Nar Massimo Carminati e 12 anni e 10 mesi all’ex capo delle cooperative Salvatore Buzzi. È l’esito del processo d’appello bis al ‘Mondo di Mezzo’, disposto dalla Cassazione solo per la rideterminazione delle pene per venti imputati, a seguito della sentenza del 22 ottobre del 2019 che faceva definitivamente cadere il reato di mafia. L’ex Nar, presente in aula, ha trascorso 5 anni e 7 mesi di carcere preventivo. Per Buzzi la corte d’appello di Roma ha stabilito anche l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione per tre anni, mentre a Carminati da una parte ha revocato la misura della libertà vigilata, dall’altra ha comminato 4 mila euro e confermato la misura di sicurezza dell’assegnazione a una colonia agricola o casa di lavoro per almeno due anni e tre mesi. Tra le pene ricalcolate ci sono quelle che riguardano, tra gli altri l’ex consigliere comunale Luca Gramazio (5 anni e 6 mesi),  l’ex Ad dell’Ama Franco Panzironi (3 anni e 6 mesi). La speranza è che la politica riesca a dare una rapida risposta al Paese, rendendo impraticabili tali strategie”.

Ma la politica farà qualcosa? Certo, lo si spera, purchè si inizi subito a varare Leggi che sostituiscano quelle che in tanti anni hanno depotenziato il quadro normativo favorendo le mafie; poi, che si accordino alle Polizie gli strumenti necessari di incremento degli organici, di ordine economico, materiale ed anche morale.

Finisco, facendo riferimento ai recenti e interessanti libri del grande Prof. Ciconte che ho avuto il piacere di leggere e che sono stati presentati su questa testata, di cui è Direttore il giornalista Salvatore Veltri: “La grande mattanza. Storia della guerra al brigantaggio” (Laterza, 2018)( https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/la-grande-mattanza-storia-della-guerra-al-brigantaggio-di-enzo-ciconte-45802/ )

 

e  “Alle origini della nuova ’ndrangheta. Il 1980. Le reazioni del Pci e le connivenze della politica e della magistratura” (Rubbettino, 2020) (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/il-libro-di-enzo-ciconte-la-nuovandrangheta-il-1980-46190/)

 

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