Spettacolo

Teatro Golden – “Cotto e Stracotto” con Marco Falaguasta

La jungla dai mille cavilli

Roma, 9 febbraio 2019 – Il Teatro Golden è una certezza romana: qui si viene per divertirsi e lo si fa in modo intelligente, perché si ride e tanto, ma la risata scava dentro e il pubblico esce con la consapevolezza di avere aperto una breccia dalla quale può penetrare in se stesso per conoscersi e orientarsi nella realtà che lo circonda.
Se poi, l’open space del teatro ospita uno spettacolo come “Cotto e Stracotto”, con l’attore Marco Falaguasta (anche co-autore con Alessandro Mancini), può capitare che ci si trovi nel mirino di disgrazie, di scontri inevitabili nel consorzio umano, di tutti quei lacci che si chiamano obblighi, divieti, prescrizioni e regole, regole, regole che tessono una intricatissima rete attorno all’uomo sociale appena accenna a muoversi o a voler agire.
Allora la risata diventa liberatoria e amara perché sottolinea il fatale adattamento, l’accettazione quasi a-critica, la resa all’ingiustizia che colpisce l’uomo comune a causa dello strapotere incoercibile del Moloc burocrazia.
Il quasi monologo di Marco Falaguasta (in realtà in scena indispensabile alla sua personificazione c’è la brillante Sara Sartini), nasce dalla rabbiosa considerazione che se non ci si vuol perdere nella jungla dei mille cavilli della elefantiaca burocrazia, bisogna adattarsi alla non azione, alla rinunzia al sia pur minimo tentativo di mettere a punto una qualsivoglia attività.
Il monologo ha un percorso drammaturgico ben preciso, che nasce dalle suggestioni dell’adolescenza, quando Marco andava a comprare il suo trancetto di pizza a taglio nella bottega vicino casa, ora chiusa. Il sogno per lui è far rivivere quell’attività. Un desiderio che mal si sposa con il suo percorso professionale d’attore, ma che potrebbe prospettarsi come un felice investimento e una certa tranquillità economica per il futuro. Ma quando il desiderio si scontra con le regole, allora la volontà di fare, malgrado l’approccio più ottimistico, si arena, perché la trappola si attiva immediatamente, attraverso la longa manus di tutte le figure burocratiche che si attivano immediatamente per controllare e far rispettare il corposo carnet di regole previste. Alcune sono così stranianti da apparire frutto di menti sofisticate e confuse dall’uso di sostanze, come quando Marco racconta le difficoltà di comprendere come adeguarsi alle disposizioni messe a punto per l’accesso ai servizi igienici dei disabili, o la follia che prescrive per l’unica porta d’accesso una targa ben visibile che ne sottolinei l’utilizzo come uscita di sicurezza.
Né miglior sorte attende chi voglia navigare le acque tempestose di un rimborso da parte dello Stato per una ammenda ingiustamente comminata, malgrado una sentenza a favore del cittadino si scivola allora nella trappola esasperante della grottesca incomunicabilità degli stessi apparati dello stato fra di loro e per risalire la china bisogna accettare prospettate folli soluzioni.
Moltissime le notazioni che colpiscono con il loro allure surreale in questo spettacolo così ben scritto e recitato, pungente e veritiero, che ha spassosi suggerimenti da proporre al cittadino comune, come quello di adottare a distanza un cassonetto dell’immondizia per favorire la risoluzione dell’annoso problema romano dei rifiuti. E che nel desolante panorama offre un motivo di speranza nei giovanissimi, i millennians che parlano con incomprensibili slang tecnico/mediatici, che vivono sempre connessi e sanno costruire fittissime reti di comunicazione planetaria, l’unico mezzo forse per sfuggire al regno della carta da bollo. Ma siamo davvero certi che la Burocrazia non trovi modo di introdursi nel nuovo sistema?

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