Allarme smog a Pechino

La città, dall’8 ottobre, è nuovamente avviluppata da una spessa coltre di smog che si estende su quasi tutte le regioni del nord-est della Cina.

Pechino (RC), 13 ottobre – Puntuale come l’autunno sulla capitale cinese e sulla immensa megalopoli che la circonda è arrivata la cappa velenosa dello smog, ed oggi le autorità per l’educazione pubblica di Pechino hanno chiesto alle scuole di valutare la decisione di sospendere le lezioni a causa di un’allerta smog arancione che si protrae da tre giorni e che è l’anticamera, sembra certa, della dichiarazione dell’allerta rossa, il massimo livello di pericolo, che farebbe scattare la chiusura obbligatoria delle scuole di ogni ordine e grado, misura che i genitori e l’opinione pubblica chiedono fin da quando è stato decretato l’allarme smog arancione, perché molte scuole non hanno purificatori dell’aria.

Il centro meteorologico nazionale cinese il 9 ottobre aveva portato ad arancione l’allerta gialla decretata il 7 ottobre e le autorità pechinesi e delle altre province colpite hanno cominciato a consigliare di rimanere all’interno delle case e di portare mascherine anti-smog all’esterno.

La capitale cinese è nuovamente avviluppata dall’8 ottobre da una spessa coltre di smog che si estende su quasi tutte le regioni del nord-est della Cina, compresa la provincia del Liaoning. L’accademia cinese di ricerca nelle scienze ambientali ha ammesso che «Le direttive anti-smog emesse dalle autorità per il pubblico e le misure coordinate non sono sufficienti per far fronte alla gravità dell’inquinamento dell’aria nella regione». A settembre il viceministro per la protezione ambientale, Zhai Qing, aveva avvertito che «I controlli dell’inquinamento non possono essere attuati pienamente perché il coordinamento e l’interazione tra gli organi governativi sono ancora inefficaci».

Anche se l’ondata di freddo che ha raggiunto ieri Pechino potrebbe dissipare la nebbia, i pechinesi si aspettano un altro autunno/inverno segnato dalla nebbia venefica.

Secondo quanto scrive oggi l’agenzia ufficiale Xinhua, nella capitale «un totale di 365 imprese hanno interrotto la produzione e 74 altre hanno ridotto le loro emissioni del 30%» ed è proprio sull’abbattimento dei consumi di combustibili fossili che sembra puntare la misura annunciata oggi dal governo centrale comunista: «La Cina aumenterà il livello delle tasse per il petrolio greggio ed il gas naturale. Questo tasso passerà dal 5% al 6% a partire dal primo dicembre, al fine di rafforzare il risparmio energetico».

Il ministero delle finanze ha spiegato attraverso Xinhua che «Il cambiamento segna gli sforzi recenti della Cina per far progredire le riforme riguardanti le tasse sulle risorse. Interviene in seguito all’annuncio fatto sabato riguardo una nuova tassa sul carbone che, entro l’1 dicembre, sarà basata sulle vendite e non sulla produzione. Il nuovo livello della tassa sulle risorse per il carbone sarà compreso tra il  2% e il 10% e sarà deciso dai governi provinciali».

La Cina nel 2010 ha introdotto la tassa sulle risorse basata sulle vendite  per il greggio ed il gas e il governo ha annunciato che le istituzioni finanziarie cinesi «continueranno le riforme riguardanti le tasse sulle altre risorse energetiche».

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