Essere o non essere Allegri ma non troppo

Massimiliano Allegri non è più l’allenatore della Juventus

Roma, 19 maggio 2019 – È ufficiale con tanto di conferenza stampa congiunta tenuta con il Presidente Andrea Agnelli: Massimiliano Allegri non è più l’allenatore della Juventus.
Una separazione soft , come nello stile bianconero, con tanto di accordo economico multimilionario per l’allenatore il cui contratto da 8 milioni annuo scade a giugno del prossimo anno.
È emerso chiaramente nell’incontro con i media che Andrea Agnelli ha dovuto cedere alle insistenze dei responsabili tecnici della squadra, ovvero il Direttore Fabio Paratici ed il Vice Presidente Pavel Nedvev.
Per il Presidente, il tecnico livornese, anche se vincente solo in Italia, avrebbe potuto continuare tranquillamente a pilotare la squadra. Per i responsabili tecnici il fallimento in Champions era più che eloquente nei confronti della incapacità del tecnico livornese di essere al passo dei tempi.
Insomma I problemi europei della Juve non erano di scarsità di materiale umano, ma di gioco.
Un concetto chiaro a pochissimi in Italia ma deflagrato in ogni dove di fronte all’evidenza della eliminazione dello squadrone bianconero da parte dell’Ajax, una banda di ragazzini trasformati in formazione stellare da un allenatore moderno, olandese Erik ten Hag, allievo di Guardiola.
Al contrario, nelle parole e nei fatti (in campo) Allegri continuava a sostenere la sua idea che” l’importante non è giocare bene ma vincere” appoggiandosi alle sue vittorie “tutte italiane” (4 Campionati, 4 Coppe Italia) con l’aggiunta di 2 Supercoppe vacanziere di scarso valore effettivo.
Allegri, lo scudetto già cucito sulla maglia molti mesi prima del tempo, ha tentato di spacciare questi pallidi successi come frutto della propria filosofia di gioco e non sulla realtà di disporre di una massa di giocatori tali da poter allestire tre squadre con cui
stravincere altrettanti scudetti.
Ma Il traguardo prefissato juventino era la conquista della Coppa dei Campioni; non già di un “ titolo di Serie B” come, purtroppo, è diventato il massimo campionato italiano.
Per difendere questa visione – condivisa da tanti juventini e da tanti media al seguito dei vincitori – Allegri ha preso a sostenere l’assunto che: “Non importa giocare bene ; importa solo vincere”, ovvero, come dire giocare male meglio. Un controsenso che non è solo dialettico. Un controsenso che ha trovato la simpatia del Presidente Agnelli, ma non dei responsabili bianconeri Fabio Paratici e, soprattutto, Pavel Nedvev, convinti assolutamente che giocare bene aiuti non soltanto a vincere ma ad essere più forte anche della malasorte e soprattutto a far divertire il pubblico attirato dallo spettacolo che i campioni in campo possono fornire.
L’Ajax di ten Hag. Il Manchester di Guardiola, il Tottenham di Pochettino non praticano tutti lo stesso modello di gioco. Ciascuno ha sviluppato un proprio stile. Ma tutti giocano bene , vincono quando possono e, sempre, soprattutto, divertono.
Il bel gioco viene meglio se a praticarlo sono dei campioni. O no!? È questo tipo di squadra cui la Juve mira. Un assieme che non annoi con prolungate meline a difesa di una striminzita rete ottenuta su calcio da fermo. Un football che non mortifichi una gloria mondiale come Ronaldo in vana attesa di una manovra che gli faccia pervenire
un pallone appena gestibile per la gioia del pubblico di ogni fazione.
Una Juve di formato veramente Europea è quella che si vuole allestire a Torino. Un compito non impossibile date le basi tecniche di partenza con qualche ritocco per reparto. Manca soltanto il tecnico adeguato!
L’indennizzo milionario – che ad Allegri renderà meno sofferto il divorzio – è un chiaro segnale che Andrea Agnelli, superato il sincero dispiacere per la separazione del “suo” allenatore preferito, non baderà a spese per reclutare l’uomo giusto per
conquistare l’Europa. È difficile rifiutare le offerte di una società nobilissima come la Juventus.
Fino a che Allegri resta in panchina a dirigere la squadra – per il residuo scorcio di stagione e gli addii a Barzagli – sarà impossibile ogni anticipazione plausibile sul nome del nuovo allenatore. Lo impone lo stile Juve.
Potrà essere tanto un tecnico celebrato quanto un talento emergente. La competenza e la intelligenza della dirigenza bianconera è fuori discussione.
Ciò metterebbe fuori gioco ogni cavallo di ritorno come Conte o tecnici bravi e celebrati ma superati. Tanto varrebbe tenersi Allegri! Sarri ancora non l’hanno capito a Londra.
Qualcuno che se ne intende – ed ha stima per Nevdev – ha due nomi in testa: lo juventino Gian Piero Gasperini, guru dell’Atalanta o l’olandese ten Hag talent scout dell’Ajax.

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