CALCIO.ADDIO ALL’ALLENATORE COL COLBACCO

Roma, 8 agosto – Oggi, all’inizio dell’alba, ci ha lasciato Gustavo Giagnoni, che era nato ad Olbia il 23 marzo 1933 e che è stato allenatore, tra le altre, del Mantova, del Torino, del Milan, del Bologna, della Roma e del Cagliari nel calcio degli anni ’70 e ’80. Una persona ricca di umanità, piena di temperamento e carica agonistica. Per ricordarlo usiamo le parole scritte nel comunicato del Torino Calcio, la squadra che più di ogni altra gli è appartenuta, visto che con essa, nella stagione 1971-72 sfiorò lo scudetto: “Erano gli anni del tremendismo granata e lui, l’allenatore col colbacco, seppe esaltare quell’orgoglioso senso di appartenenza sfiorando con il Toro lo scudetto nella stagione 1971-72 e ponendo le basi per la vittoria del campionato nel 1976. In carriera ha forgiato generazioni di calciatori. Nel 1982-83, a Cagliari, anche Walter Mazzarri, attuale allenatore del Torino”.

Per tutti Giagnoni è stato l’allenatore col colbacco, il tipico copricapo russo invernale che metteva sempre quando arrivavano i mesi freddi. Un cappello che, nei turbolenti anni ’70, divenne anche l’emblema della rivolta granata al potere della Juventus dei padroni della FIAT in una Torino scossa da manifestazioni e violenze. Con il suo Toro Giagnoni provò ad interrompere il potere bianconero in campo, ma sfiorò solo l’impresa. Anni belli, per lui, che lo portarono sulla panchina del Milan e poi, nella seconda metà degli anni ’70, anche su quella della Roma, alla quale arrivò dopo l’addio di Nils Liedholm. Troppo pesante l’eredità che raccolse dal Barone, che in giallorosso, con il terzo posto del 1974-75, era già diventato un’icona. La Roma che gli venne affidata, poi, non era una grandissima squadra e con essa Giagnoni ebbe solo delusioni, tanto che nel campionato 1978-79 venne esonerato dopo una sconfitta interna proprio contro il suo amato Torino. La gente era inviperita con lui, che forse non aveva neanche tante colpe per la situazione e dalla Monte Mario, mentre usciva dal campo, piovve sul terreno di gioco anche un water, scardinato dalle latrine dello stadio. Un’uscita indecorosa per il mister sardo, che non la meritava. La squadra di più non poteva fare, tanto è vero che, con i suoi successori (il duo Valcareggi-Bravi) si salvò solo all’ultima giornata. Poi Anzalone la dette a Dino Viola, in panchina tornò Nils Liedholm e cominciò il ciclo vincente degli anni ’80. Ma questa è un’altra storia.

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