Racconti di sport

Ricky e … Albertosi

Lo scudetto col Cagliari, quello della stella col Milan, la nazionale e Messico ‘70.

Roma, 22 marzo 2024 – Sono sempre stato affascinato dai portieri e negli anni ’70, quando ero bambino, ce ne era uno che ammiravo più di tutti: Enrico “Ricky” Albertosi.

In quella seconda metà degli anni detti “di piombo” giocava nel Milan.

Lui era già nella parte declinante della sua lunga e bella carriera, che lo aveva già portato a vincere lo storico scudetto col Cagliari di “Giggirriva”.

Io ero un bambinetto di una decina d’anni che tifava per la Roma, che ammirava il suo portiere Paolo Conti, ma che era incantato dal pirata con il maglione giallo-adidas che difendeva la porta del Milan.

Ricky Albertosi, appunto. Capelli lunghi, baffi, sguardo da paravento (un po’ lo era davvero) e voli pindarici da un palo all’altro per provare ad andare a parare l’imparabile.

Cosa che spesso gli riusciva, perché di fisico, di classe, di tecnica ne aveva da vendere.

Non a caso era stato il portiere titolare della nazionale nei mitici Mondiali di Messico ’70 e della Fiorentina e di quel Cagliari di cui ho scritto.

Solo che io ero ancora troppo piccolo per ammirarlo già a quei tempi. Mentre quando era al Milan ero già cresciutello e in grado di capire quanto fosse forte davvero.

Sempre con quel maglione giallo-adidas addosso, che indossava in ogni sua figurina della Panini di quegli anni.

E dato che in porta aveva lui, quel Milan vinse lo scudetto della stella nel 1979 strappandolo al “Perugia dei miracoli” di Castagner e di quel Malizia di cui ho scritto recentemente sempre su attualita.it.

Perché come quella tra le due squadre, anche la rivalità tra Albertosi e Malizia fu bella ed entusiasmante da vivere.

Con il vecchio leone milanista che ogni domenica sfidava l’emergente numero uno perugino a suon di tuffi e parate, tanto erano spettacolari tutti e due.

Ricky Albertosi, nato in Toscana, a Pontremoli, il 2 novembre del 1939, oggi ha 84 anni, vive con un rene solo ed è cardiopatico. Il tempo passa per tutti, anche se per uno che è stato mito passa un po’ meno degli altri.

Ma a me piace ricordarlo sempre come lo vedevo allora: col maglione giallo-adidas, i capelli lunghi, i baffi da pirata e la faccia da impunito.

Mi piace ricordarlo come uno dei più grandi portieri di sempre del calcio italiano, che di numeri uno forti ne ha prodotti tantissimi.

Da quelli di ieri (Combi, Sarti, Zoff, Zenga, Tancredi, Bordon, Galli, Peruzzi, Marchegiani, Buffon, tanto per citarne alcuni) a quelli di oggi.

Alle spalle di Donnarumma, infatti, stanno crescendo molto bene Vicario, Falcone, Di Gregorio, Provedel, Carnesecchi, Meret, Silvestri, Caprile. E mi fermo qui.

Tanti diversi interpreti di un ruolo che è l’unico che agisce al contrario in uno sport di squadra in cui lo scopo è far gol usando i piedi: il portiere.

Un solitario che deve evitare il gol e che può giocare anche con le mani.

Un ruolo che Enrico “Ricky” Albertosi ha interpretato alla grande. Lo scriviamo soprattutto per voi che non lo avete visto giocare.

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