Carlos Monzon

Avrebbe compiuto 80 anni uno dei più forti pugili della storia.

Roma, 7 agosto 2022.

 

Il 7 agosto 1942, ottant’anni fa, nasce in Argentina, in un contesto politico e sociale alquanto instabile, uno dei fenomeni sportivi più importanti di quel Paese: Carlos Monzon.

E’ una bella lotta tra Monzon e Maradona per la considerazione di idolo sportivo più importante d’Argentina, al netto del fenomeno planetario del calcio rispetto al pugilato.

Carlos Monzon è il nono di tredici figli e non cresce certamente nell’oro, anzi si abitua subito alle durezze della vita forgiando fisico e carattere alle difficoltà estreme.

A dispetto di un grave problema di salute, nella prima fase adolescenziale, Monzon sviluppa un fisico alto 183 centimetri per un peso intorno ai 70 kg.

E’ un fascio di nervi e muscoli, senza un filo di grasso, con gambe temprate da estenuanti viaggi a piedi per raggiungere i maggiori mercati e vendere le mercanzie della propria famiglia.

Scopre il pugilato, intuendo che potrebbe essere l’unico mezzo per poter uscire dalla sua precaria situazione e la svolta arriva come la stella cometa.

Nella palestra che ha preso a frequentare incontra Amilcar Brusa un manager competente, oltre che di boxe, anche nella conoscenza delle persone.

Brusa nota subito in Monzon un talento grezzo, una ferocia non comune, che ha bisogno di essere incanalato nelle regole della disciplina pugilistica.

Dal punto di vista stilistico Monzon è l’antitesi della <noble art>, in special modo se lo paragoniamo, nell’ambito dei pesi medi, la sua categoria, ad un’icona come “Sugar” Robinson.

Brusa non lo molla un attimo, lo segue, lo forgia, cercando di limitare le sue irrequietezze frequenti e centellinando lo sviluppo della sua carriera.

Il momento tanto atteso arriva a 28 anni suonati, dall’altra parte dell’oceano, nella sfida al Campione del Mondo dei pesi medi Nino Benvenuti.

Monzon non è neanche in testa alle classifiche che determinano le gerarchie per ottenere la chance di combattere per il titolo e non lo conosce praticamente nessuno.

L’organizzatore Sabbatini è convinto che per Benvenuti il match sia più una fase di passaggio, per poi incontrare i primi del ranking.

Ma la sera del 7 novembre 1970, al Palaeur di Roma, il verdetto dell’incontro è paragonabile ad un secchio di acqua gelata in faccia agli sportivi italiani, perché Monzon abbatte Benvenuti per KO tecnico al 12° round.

Dunque Carlos Monzon è il nuovo Campione del Mondo dei pesi medi e così sarà fino al 1977 quando decide di appendere i guantoni al chiodo dopo 14 difese vincenti della corona mondiale.

In tutti questi anni Monzon, nel frattempo diventato personaggio di caratura mondiale anche al di fuori del ring, ricchissimo, riceve le lusinghe di chi gestisce il potere in Argentina.

Anni difficili, con i generali che gli fanno la corte e che lui snobba riconoscendo gratitudine e considerazione solo al suo mentore, il manager Brusa.

Anni turbolenti anche dal punto di vista sentimentale, con relazioni portate avanti sempre sul filo del rasoio.

Il giorno di San Valentino del 14 febbraio 1988, Carlos pone fine ad un litigio furibondo con la moglie Alicia scaraventandola dal balcone dell’appartamento dove si trovano.

Nella feroce colluttazione anche Monzon cade giù insieme alla moglie, solo che Alicia ci lascia la pelle e lui se la cava con la frattura della clavicola e due costole rotte.

Il più grande campione di boxe argentino, l’idolo delle folle, viene condannato, un anno e mezzo dopo, ad undici anni da scontare nel carcere di Las Flores.

La popolarità scende repentinamente anche e soprattutto per la ricerca, da parte della nuova politica argentina, di un capro espiatorio nel tentativo di far vedere che le cose stanno cambiando dopo l’orribile periodo delle dittature militari.

Le cronache tra il 1993 ed il 1994 tornano ad occuparsi di Monzon, per l’interessamento di personaggi internazionali e vecchi amici dell’ex campione.

Spiccano i nomi di Nino Benvenuti ed Alain Delon che si fanno carico di perorare istanze per la scarcerazione di Carlos approfittando di buone relazioni col presidente della repubblica argentina Carlos Menem.

Monzon intanto, come detenuto modello, ottiene un regime di semilibertà dove può uscire durante il giorno per poi rientrare in serata nel penitenziario.

Il destino però è in agguato e la domenica dell’8 gennaio 1995, in una giornata di caldo torrido, vista l’estate australe, Monzon tira tardi dopo una grigliata tra amici.

Si mette al volante della sua Renault 19 e spinge l’acceleratore come fosse ad un gran premio automobilistico.

Vuole fare in tempo a rientrare, perché non intende deludere il direttore dell’Istituto di pena.

E’ un attimo, a più di 150 km.orari, Monzon perde il controllo della vettura, esce di strada e muore sul colpo.

Carlos Monzon cessa la sua esistenza, vissuta sempre all’eccesso, a 52 anni.

Una vita gestita probabilmente oltre le proprie capacità, in un tormento caratteriale continuo.

 

 

 

 

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