Racconti di sport

Passione derby e non solo…

Trionfo Lazio nel derby-scudetto del 1974.

Roma, 31 marzo 2024 – Domenica 31 marzo 1974, cinquant’anni fa, è una giornata plumbea a Roma con scrosci di pioggia più o meno intermittente.

Il divieto di prendere l’auto nelle giornate di festa, il periodo di “austerity”, è sostituito, da qualche giorno, da una circolazione a targhe alterne sempre nell’ottica di una politica di risparmio energetico.

La città è in fibrillazione per il derby di ritorno Roma-Lazio, ventitreesima giornata, sentitissimo da ambo le parti con opposte motivazioni.

I giallorossi viaggiano a centro classifica e vogliono vendicare la sconfitta dell’andata e cercare d’invertire una tendenza negativa che si protrae già dalla precedente stagione.

I biancocelesti sono primi con tre punti di vantaggio sulla Juventus e quattro sul Napoli e rincorrono il sogno scudetto, sfuggito tragicamente nell’ultima giornata del torneo precedente.

Di prima mattina ci si prepara per raggiungere, già dall’apertura dei cancelli, i migliori posti in curva nord insieme al mio solito amico Marco con cui divido fremiti biancocelesti.

Siamo un manipolo che occupa poco meno della metà della curva, al confine della tribuna Monte Mario, dal momento che è la Roma che gioca in casa con i suoi abbonati.

L’attesa è spasmodica e passiamo il tempo a proteggerci da una pioggia che non vuole smettere.

Finalmente entrano le squadre in campo in un frastuono incessante, il cuore a mille, con la paura che proprio i cugini possano rovinarci il cammino verso il sogno.

Dopo appena tre minuti dal fischio d’inizio uno spiovente innocuo dalla fascia sinistra giallorossa viene mal gestito dal portiere laziale Pulici, che nel tentativo di bloccare il pallone, se lo porta dentro la porta.

A dirla tutta neanche la moviola della “Domenica Sportiva” riesce a chiarire la situazione, ma tant’è il VAR è di là da venire…

Dunque Roma in vantaggio e durante tutto il primo tempo la reazione della Lazio è più di pancia che ragionata, con più di un giocatore in confusione.

Ce n’è uno che lotta, sgomita, sbuffa, e non accetta lontanamente il vantaggio giallorosso: Giorgio Chinaglia.

Un episodio connota il furore e la voglia di non arrendersi del centrattacco durante il primo tempo quando in un tentativo di andare a rete, contrastato da Santarini, finisce di slancio con lo sbattere addosso ad un fotoreporter, fuori dal terreno di gioco, che stava lì sulla sua seggiolina per svolgere il suo lavoro.

Giorgione si rialza dolorante, aiutato dallo stesso Santarini, prende la borsa del fotoreporter e la scaraventa in terra con rabbia rientrando verso il centro del campo.

Finisce il primo tempo con la Roma in vantaggio e sinceramente siamo preoccupati visto il gioco espresso dalla nostra Lazio, con l’aggravante di un tempo infame che non induce all’ottimismo.

Ma all’improvviso, durante l’intervallo, ecco l’entrata in scena del sole che finalmente sgombra il cielo da qualsiasi nube e ci ricorda eventi a noi favorevoli accaduti negli ultimi due anni.

E succede anche stavolta, proprio al primo minuto della ripresa, con il pareggio di D’Amico che riprende una corta respinta della difesa romanista a seguito di una bordata di Chinaglia.

Tale e quale all’andata con il debuttante Franzoni che all’inizio di secondo tempo pareggia le sorti dopo il vantaggio romanista.

Quando si dice la magia…

La Lazio ritrova vigore ma la Roma reagisce con una penetrazione di Cordova che fa fuori mezza difesa laziale e si presenta davanti a Pulici, leggermente spostato a sinistra, colpendo il palo.

Sul rovesciamento di fronte lancio lungo verso il mediano laziale Nanni che entrato in area viene strattonato e finisce a terra.

L’arbitro Gonella indica il dischetto del rigore, che Chinaglia trasforma spiazzando l’estremo difensore Conti e nello slancio tira il pallone verso la curva sud, in segno di sfida.

Ribaltamento effettuato in appena cinque minuti dall’inizio della ripresa, da quando è uscito il sole…

Giorgione viene immortalato da Marcello Geppetti, fotografo insieme a Rino Barillari della dolce vita romana, nell’iconico gesto del dito verso i tifosi romanisti come a dire: <adesso non parlate più?>.

Al di là dell’adrenalinico gesto del centrattacco c’è da sottolineare che sia all’andata che al ritorno, i supporters giallorossi, durante l’intervallo tra il primo e il secondo tempo, si lasciano andare a manifestazioni di giubilo un tantino anticipate, non tenendo conto che le gare durano novanta minuti…

L’Olimpico è una bolgia; i laziali rinvigoriti per il rovescio del risultato a favore, i romanisti increduli, scioccati, con qualche tifoso che vuole farsi giustizia (?) da solo cercando d’invadere il campo.

Gli atleti inevitabilmente risentono dell’atmosfera e vola qualche colpo proibito unitamente ad occasioni da rete, da ambo le parti.

La sofferenza è tanta, l’orologio sembra inchiodato, però c’è il sole e non possiamo pareggiare.
Le ombre funeste di fine primo tempo sono solo un pallido ricordo al momento del triplice fischio dell’arbitro che sancisce il nostro trionfo, con il guadagno di un punto sia sulla Juventus che sul Napoli.

Impazzisce il manipolo laziale in curva nord con i nostri giocatori che vengono a salutarci e ci sentiamo tutti dei “Leonida alle Termopili”, resistenti, mai domi, contro il preponderante nemico persiano/romanista.

La ciliegina sulla torta poi ce la regala Giorgione Chinaglia che idealmente ci trascina fin sotto la curva sud, all’altezza dell’entrata negli spogliatoi e senza le protezioni offerte dai celerini, incurante di un bombardamento di arance, corpi contundenti vari, che piovono dagli spalti.

Al di là dello sfottò, dell’aspetto goliardico, Chinaglia pagherà duramente l’atteggiamento di sfida verso la tifoseria giallorossa, ricevendo in cambio minacce, intimidazioni varie, estese anche ai suoi familiari e che provocheranno, due anni dopo, la definitiva partenza verso gli Stati Uniti.

Potete immaginare l’irrefrenabile gioia di chi scrive che già pregustava le prese in giro nei confronti dei cugini e l’avvicinarsi concreto del sogno scudetto.

Mai però potevo credere che la data del 31 marzo sarebbe rimasta scolpita nella mia mente, soprattutto nel mio cuore, a prescindere dal trionfo del derby vinto, perché esattamente dieci anni dopo, sarei diventato padre della mia primogenita.

Me l’avessero detto durante quel sofferto, vincente, pomeriggio in curva nord allo stadio Olimpico li avrei fatti arrestare tutti per direttissima…

E questo è anche un doveroso omaggio a Giorgio Chinaglia, di cui domani 1 aprile, ricorrono 12 anni dalla sua scomparsa…

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