Politica

Qual’è il rischio, adesso?

renzi contaRoma, 31 agosto – Il terremoto è come la guerra; le conseguenze non si fermano al suo avvenimento ma vanno oltre e sono disastrose; distruzione. Alla distruzione deve seguire la ricostruzione è questo è uno dei tanti problemi che ne derivano; il più importante e il più drammatico. L’obiettivo è uno solo, le popolazioni colpite dal sisma non possono continuare a vivere nelle tende e fra quattro mesi siamo a Natale e fra pochi giorni, inizierà l’anno scolastico.

Le necessità premono e le risoluzioni sono urgenti. Questo si scontra con una situazione ben nota a tutti. In un paese come il nostro, l’economia, dopo una crisi inesistente, non parte (il decollo sarebbe chiedere troppo) e abbiamo un PdC che pretende di reggerla mediante bonifici e bonus per raccogliere consensi. Questo rende la situazione ancor più problematica e drammatica.

A questo punto, il costo della ricostruzione è stato quantificato; occorre una cifra colossale, 150mld. Una cinquantina, presi da un fondo di solidarietà, non meglio identificato, è stata stanziata. L’EU manderà le briciole equivalenti al 5% del fabbisogno e questo ha prodotto il primo problema delle trattative. A causa dell’evento, il governo chiede maggiore flessibilità della legge finanziaria, che sarebbe il bilancio, e l’estrapolazione da questo di tutte le spese richieste dagli interventi per le zone terremotate. Siamo sulla strada della sicurezza? Proprio per niente in quanto 2 + 2, per la matematica, continua a fare 4 e non “2468” e la matematica non si lascia “affascinare” dalle parole del PdC. La situazione che si profila all’orizzonte da molti mesi, perciò, non cambia e non è promettente.

Aziende, pressate dalle tasse, chiudono, consumi sempre in diminuzione, (diversamente le aziende non chiuderebbero), la disoccupazione è altalenante sempre sui medesimi valori che non cambiano mai; ogni tanto, per riguadagnare posizioni perdute, Renzi sbandiera la creazione di 500.000 posti di lavoro, ma non si capisce come e da che cosa li crei e, alla fine, questi rivelano la loro natura, posti a giornata.

Fra le varie emulazioni del nostro PdC, in questo settore può darci che ci sia anche quello dei “sette milioni di baionette” risultanti dalle solite mille che giravano tutta l’Italia!

 In questo eden, le pressanti necessità della ricostruzione, aprono sentieri tortuosi ai quali Renzi, che non sa a quale santo votarsi, non rinuncia e si fa largo, in lui, il famigerato aumento dell’Iva ventilato qualche tempo fa. Che cosa significa? Una sola cosa; ogni aumento delle tasse dimostra le incapacità di economisti e di politici a far fronte alle situazioni.

Questo non è da meno e a questo punto una domanda irrompe spontanea nei nostri cervelli. Si rende conto, il nostro PdC, di che cosa significherebbe un provvedimento del genere, proprio oggi? Possibile che non ci arrivi, lui e i ministri addetti all’economia? In un’economia già affossata, dove la deflazione impera sovrana e piccoli sotterfugi, sotto le sembianze di provvedimenti populistici, dimostrano la loro natura strumentale ma soprattutto la loro inefficienza, qualsiasi aumento delle imposte indirette, sarebbe la fine. Qualsiasi consumo, oggi soprattutto per la sopravvivenza, toccherebbe il fondo e gli operatori degli esercizi commerciali piccoli e grandi, “incrocerebbero le braccia” non già per protesta, ma per mancanza di attività.

Qual’è il rischio che si profila, in questa situazione? Servono 150 mld? L’unica fonte per far fronte alla situazione, sarebbero i fondi destinati alle calamità facenti sempre parte dei conti pubblici che, in questa situazione, non hanno incremento per cui, escluso Obama, che non è generoso fino a questo punto, esclusa la Merkel, prodiga soltanto di “baci e abbracci”, esclusa Bruxelles, a cui preme soltanto la quadratura di un bilancio che non potrà quadrare mai, ed esclusi altri provvedimenti strumentali e assurdi, proposti da politici pronti a “lavarsene le mani”, da dove si andrebbero a prendere?

O forse, ci sarebbero, ma…

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