Politica

Lo spacchettamento referendario sta creando un tormentone estivo

Referendum costituzionale 0Roma, 17 luglio  – Renzi ha finalmente capito (oppure gli è stato fatto capire), che la sua smoderata supponenza e la sua inveterata faciloneria potrebbero rispedirlo a casa assieme al suo governo.

Non v’è alcun dubbio che la pesante sconfitta del suo partito nelle ultime elezioni amministrative abbia pesato molto, specialmente il risultato di Torino, tanto da costringere il Premier a moderare i toni abituali e mostrarsi disponibile a qualche apertura nei confronti della minoranza interna e del Parlamento.

D’altra parte sarebbe un grave ed imperdonabile errore considerare gli Italiani un popolo beota e smemorato, disposto a trangugiare tutte le fanfaronate del cosiddetto “uomo solo al comando”.

Stomachevole ed apparentemente immotivata la polemica ,“di bassa lega”, tra Renzi e D’Alema riguardo la rispettiva permanenza a Palazzo Chigi; ce la potevano risparmiare.

Non entriamo nel merito anche perché sono stati gli stessi protagonisti ad eviscerare i fatti e le circostanze e sicuramente gli elettori se ne ricorderanno quando saranno chiamati alle urne.

A movimentare questa calda estate, i nostri politici hanno pensato di salvare “capre e cavoli”  inventandosi uno spacchettamento referendario che è diventato un vero e proprio tormentone estivo.

L’autentico pomo della discordia è la tanto discussa nuova legge elettorale, perché sussiste il fondato pericolo di essere governati  da un solo partito (non è in discussione la colorazione politica), che raggiunga soltanto il 25 % degli aventi diritto al voto e, quindi, compatibile con un sistema totalitario.

Questa iniziativa credo serva un po’ a tutti per guadagnare tempo, tranne che alle forze di opposizione,  dal momento che salta la tempistica prevista dalla legge dovendosi pronunciare la Corte di Cassazione e la stessa Consulta.

L’impressione dominante è che nonostante i giravolta dei verdiniani ed altri, non ci sarà alcuna crisi di governo e la legislatura durerà fino alla scadenza naturale, 2018, perché nessun parlamentare vuole assolutamente lasciare la propria poltrona per tornarsene a casa e rimanerci per sempre.

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