Spettacolo

Teatro Golden – “Generazione di precari”, autore e regista Toni Fornari.

teatro generazione precariLa soluzione flessibile

Roma, 25 dicembre –  Il nemico subdolo, la piaga insanabile in questo tumultuoso inizio di millennio, quello che ha surclassato altri pressanti problemi, che investe la gioventù e non solo, infischiandosi di valori come capacità, merito, cultura, formazione è certamente il precariato. Talmente diffuso ormai da avere fagocitato tutta una generazione che si è vista scivolare dai valori di generazione di mille euro a questa ancora più inconsistente Amara constatazione: perché se la generazione di mille euro al mese, insufficienti per vivere, ma almeno in grado di assicurare una forma minima di sopravvivenza, quella di precari vive di astrazioni, pronta ad essere ghermita da un ulteriore rischio che sta contagiando diffusamente la società di oggi, che se ne va inutilmente in cerca di qualsivoglia stabilità: la sindrome del  formicaio, una patologia che impone impossibili convivenze di persone diverse animate da stimoli vitali differenti. Argomento fin troppo serio che il teatro, specchio dei tempi, non può ignorare, ma che si presta ad elaborazione ironico-comiche che possono diventare feroci.

Così nel testo di Toni Fornari, una piacevole commedia, presentata con successo al teatro Golden, uno spazio ormai ben inserito nel territorio che fa davvero un’operazione encomiabile, facendo passare messaggi attuali con il veicolo di un linguaggio brillante e divertente che tuttavia induce a pensare e non solo a ridere delle battute. In questa “Generazione di Precari” quattro giovani dai quattro angoli della società cercano un  appartamento in affitto da condividere per ripartire le spese. Sono: Laura, una pluri-laureata che insegue il posto fisso e nel contempo colleziona titoli e competenze, Lina, precaria, ma anche chiromante, maga, ingenua quanto basta per fidarsi di un vegano, poi Enrico, pubblicitario in cerca di slogan, segreto figlio di qualcuno molto in alto, al quale non chiederà mai un aiuto ad integrarsi, anzi, ma non disdegna di rubargli pregiatissime bottiglie di amarone. Infine c’è, un Duccio, musicista che cerca nel pentagramma quella magica combinazione di tre note (ma forse quattro, o anche cinque) che hanno decretato il trionfo mondiale di Modugno e del suo Volare.

Malgrado l’impegno dei quattro i giorni, le settimane corrono e la fine del mese porta con sé lo spettro dello sfratto perché in cassa non c’è mai abbastanza per pagare la pigione ed è un  continuo stillicidio di preoccupazioni, che costringono l’intraprendenza e la fantasia a giocare il proprio ruolo, come temporeggiare spedendo ad esempio per qualche giorno il padrone di casa in una vacanza forzata per la quale il poveraccio pensa di essere invitato mentre si ritroverà un conto non indifferente da pagare. E mentre ci si arrabatta, i quattro amici che vivono anche dinamiche sentimentali che li coinvolgono, devono persino sopportare i politici che impazzano nei diversi canali televisivi pronti a vantare l’interesse e l’impegno che li anima verso i giovani, validi pilastri della società, per i quali gli organi di governo preposti stanno lavorando alacremente e che in tempi brevissimi, giurano, sconfiggeranno la piaga della disoccupazione e del precariato, attraverso felici soluzioni come la flessibilità. Parole ventose, ma così irritanti che possono portare a comportamenti sconsiderati. Specie se, l’appartamento preso in affitto dista meno di cento metri dal carcere e il politico di turno, ministro del lavoro, sarà presente proprio lì a concionare gli astanti con le sue rosee promesse, mobilitando circoli e agenti per la sua sicurezza e facendo accendere le luci di mille telecamere. E avviene così, quasi per gioco e certo per fortuna, che il navigato imbonitore, malgrado l’apparato di difesa, finisca per essere rapito e portato nell’appartamento vissuto in condominio dai quattro amici che con un bel riscatto contano di appianare i problemi più urgenti.

Al rapito, legato come un salame e debitamente imbavagliato, i quattro si attrezzano per mostrare le maschere di colleghi politici ben noti, rispettando la par conditio. Poi, un po’ per l’impreparazione, un po’ per l’ingenuità che nulla può di fronte all’ eloquio del lusingatore istituzionalizzato, rimesso in funzione dopo aver tolto il bavaglio, accade che…
La commedia si avvia verso un’ amara soluzione. Ma la risata è stata costante per tutti i novanta minuti di spettacolo, vuoi per la leggerezza dell’apparato linguistico, vuoi per il giusto dosaggio di livelli emozionali e l’equilibrio delle parti, per la opportuna scelta degli attori, Claudia Campagnola, Carlotta Proietti, Marco Morandi, Matteo Vacca e Maurizio Di Carmine, tutti assai motivati e brillanti, vuoi per la formula di commedia brillante con musiche orecchiabili ( c’è persino un travolgente tango in scena ) scritte da Enrico Blatti, vuoi per la regia che ha sfruttato i suoi attori/personaggi in un prologo, ponendoli ai quattro angoli della sala, per poi dare inizio allo spettacolo nello spazio più canonico.

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