Tematiche etico-sociali

“Noi, gli uomini di Falcone”

noi uomini falcone copertinaNon sono pochi gli appartenenti al Comparto Sicurezza dello Stato che, preferibilmente, raggiunta la meta della quiescenza, dismesse manette e arma d’ordinanza, impugnano la penna e si mettono a scrivere libri di memorie ovvero anche romanzi, all’interno dei quali l’autore si racconta, narrando le proprie esperienze personali e professionali.
Ci siamo già cimentati nella recensione di libri scritti da grandi Combattenti della Legalità, tra i quali il Generale Giuseppe Messina, con il suo: “Nel secolo fedele – L’Italia del novecento vista da un ufficiale dei Carabinieri“, del 27 Febbraio 2012, e “Il coraggioso memoriale antimafia del Generale De Gregorio“, del 10 Gennaio 2014. Sono pagine di autentica non romanzata storia dell’antimafia che parlano al cuore ed alla coscienza del lettore.
Venendo ora al recentissimo libro di Angiolo Pellegrini, Generale dell’Arma anch’Egli, (Sperling & Kupfer, marzo 2015, pagg.232), curato con il giornalista Francesco Condoluci, con l’autorevole prefazione di Attilio Bolzoni, dal titolo: “NOI, GLI UOMINI DI FALCONE- LA GUERRA CHE CI IMPEDIRONO DI VINCERE”, constatiamo che si tratta di storia vera e inedita della più terribile stagione della guerra alla mafia, raccontata da uno dei suoi maggiori protagonisti. Sì,uno dei protagonisti di quella impari lotta è proprio l’autore del libro, Angiolo Pellegrini, il mitico “Capitano Billy the Kid”, come lo chiamavano i suoi uomini e i suoi nemici, ben noto in tutti i rami del pianeta Sicurezza dello Stato per il suo importante passato.
Desidero presentarlo con le parole di Francesco Condoluci nella presentazione del libro: “Angiolo Pellegrini è uno degli ultimi protagonisti ancora in vita di una stagione tragica e irripetibile – di vinti più di vincitori- che ha segnato la storia non soltanto della Sicilia, ma dell’intero Paese. Quella degli investigatori e dei Magistrati “con la schiena dritta” che negli anni ottanta combatterono  in nome e per conto dello Stato una guerra che nessuno aveva chiesto loro di combattere…”  Aggiunge Pellegrini: “Una guerra che ci impedirono di vincere (perché) potevamo arrestarli tutti, mafiosi e pezzi infedeli dello Stato, ma qualcuno, in alto, si è tirato indietro sul più bello”; le parole dell’Ufficiale sono forti e dolorose come frustate, similari ai colpi che purtroppo decimarono tanti Agenti di Polizia, Carabinieri e Magistrati, caduti in quella guerra contro la mafia che, ancora, non è stata vinta e mai forse si vincerà.
Pellegrini non fa sconti a nessuno, come suo costume, tanto che riporta una domanda di un suo superiore appena giunto in Sicilia: “Sei anche tu iscritto alla Massoneria?…”. Ce n’erano tanti, racconta l’autore del libro, di Carabinieri di rango e Funzionari di Polizia che avevano simpatie per logge e circoli segreti, che frequentavano i salotti della città-palude, che facevano finta di non vedere i latitanti…….”. Ma l’autore fa ovviamente anche riferimento a superiori illuminati e coraggiosi, come il Generale Giuseppe Siracusano, Comandante della Divisione di Napoli, che a seguito della lucida analisi di Pellegrini in una riunione operativa con tutti i responsabili della Sicilia in cui aveva affermato: “Siamo all’inizio di un’indagine che potrebbe assumere proporzioni impensabili prima d’ora. Ecco perché, signor Generale , se necessario, infrango le regole…”. Per tutta risposta, Siracusano rispose (pag.81): “Va bene, mi hai convinto. Da questo momento hai carta bianca, autorizzo io ciò di cui hai bisogno. Anzi se a partire da domani il tuo reparto si troverà in difficoltà, rivolgiti direttamente a me….”.
Intensi i sentimenti che trapelano nel dialogo tra Angiolo Pellegrini e Giovanni Falcone, a Campo Calabro, in provincia di Reggio Calabria, dove era stato ucciso il Magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti. Non si vedevano da tempo, in quanto Pellegrini era stato destinato ad altra situazione d’impiego fuori dalla Sicilia….Parla Falcone (pag.223), esponendo quello che aveva riferito ad un Ufficiale dei Carabinieri che aveva chiesto un colloquio proprio in relazione al trasferimento di Pellegrini : “…mandarti via da Palermo è stata la cosa più sbagliata che potessero fare in quel momento….Gli ho detto anche che io i collaboratori li scelgo, non me li faccio imporre….”. La chiacchierata tra i due continuò, ed in quella circostanza Falcone disse: “Angiolo, una via d’uscita c’è. Sto portando avanti un progetto di grande importanza. Una cosa grossa, per la quale tu e i pochi rimasti della stagione del maxiprocesso sarete sicuramente chiamati..”. Si lasciarono con un …”arrivederci a presto..”.
Si sapeva che Falcone aveva accettato di andare a Roma (pag.226) al Dicastero della Giustizia su invito del Ministro Martelli, soltanto dietro promessa di poter coordinare le proposte di riforma legislativa e la collaborazione tra i vari organismi internazionali. Si trattava della Direzione Nazionale Antimafia, la Superprocura, e la DIA, un organismo investigativo interforze che avrebbero visto la luce l’anno successivo.
Pellegrini, per meriti indiscussi, e soprattutto su indicazione di Falcone, sarebbe diventato Capo Centro della nuova superpolizia investigativa a Reggio Calabria, dove avrebbe operato altrettanto bene come in Sicilia, in difesa dello Stato e dell’ordinamento democratico. Per lumeggiare l’attività di Pellegrini nell’altrettanto difficile Terra di Calabria, voglio riportare quello che nell’agosto 2013, in occasione della prematura scomparsa di un altro eccellente Combattente dell’antimafia calabrese, il Colonnello Antonino Fazio, ebbe ad esprimere in un’intervista il dottor Salvatore Boemi, storico Magistrato di punta nella lotta alle ‘Ndrine.… “Chi ha fatto indagini in un certo modo ha avuto la carriera stroncata, anzi bloccata….Parlo, ad esempio, di un Colonnello che firmò 5500 pagine dell’informativa “Olimpia”; il Colonnello Angiolo Pellegrini….”.
Ci rendiamo conto di cosa è accaduto ai danni di chi ha operato contro mafia e colletti bianchi in Calabria e anche in Sicilia come in altri fronti? Insomma, dice autorevolmente Boemi, che “figure come  Pellegrini sono state vittime del senso del dovere che altri non hanno avuto come loro. Quindi, come nefasto risultato, non è una  persona sola ad essere discriminata, ma tutto un sistema efficiente di investigazione che si disperde….”.
Secondo il Magistrato calabrese, esisterebbe un sistema per il quale o si appartiene e ci si collega a centri di potere romani, o rischi di finire nel dimenticatoio di una qualsiasi anonima situazione di impiego.
Davvero una denuncia impietosa e allarmante ….
Concludo, con la convinzione che il volume in questione vada letto da tutti, e non solo  da parte degli operatori di Legge in uniforme e non (per i quali alle Scuole dovrebbe costituire libro di testo commentato da persone adeguate e non già da burosauri che abbondano), ma soprattutto dai più giovani, sempre attenti, checché se ne dica, ai problemi sociali.
Sono pagine che parlano al cuore ed alla coscienza del cittadino su una summa di esperienze importanti di oscuri eroici grandi combattenti della legalità sui vari fronti della guerra alle mafie, pagine arricchite da tanti e tanti episodi di calda umanità ed affettuosa ricordanza nei confronti non solo di collaboratori, colleghi e superiori intelligenti, in una vita piena di sentimenti intimamente vissuti praticati e sofferti.
Insomma, un libro che arricchisce davvero, da leggere tutto d’un fiato, dalla prima all’ultima pagina. Grazie Angiolo, per questa tua grande testimonianza di fede, onore, audacia e alta italianità, come anche onorato di essere con “Peppino” Messina ed altri valorosi Colleghi, Tuo Compagno di corso nel grande 5° Applicativo!
Sull’argomento, l’articolo: “Ricordando Capaci“, del 24 Maggio 2012

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