Politica

Sì della Camera alla responsabilità civile dei magistrati

Più uno scivolone della maggioranza che un blitz del Carroccio (con la “complicità” dei grillini).

Roma, 12 giugno – Il sì della Camera alla responsabilità civile dei magistrati (un emendamento del leghista Gianluca Pini alla legge Comunitaria, votato a scrutinio segreto) ha sgambettato il governo (battuto per 7 voti, 187 a 180), messo a nudo la spaccatura nel Pd (nel mirino i franchi tiratori, 34, e anche Roberto Giachetti che ha ufficializzato il suo sì), reso felice Fi-Lega-M5s. E fatto infuriare l’esecutivo (è un ”pasticcio da correggere subito”, ha attaccato il ministro Orlando) e così pure i magistrati che hanno letto in quella che giudicano una ‘provocazione’, una ‘lesione’ ai principi di indipendenza e di autonomia.

Tutto ciò è accaduto mentre Giorgio Napolitano, ricevendo al Quirinale i membri dell’assemblea generale della Rete Europea dei consigli di giustizia, puntualizzava come l’indipendenza dei giudici non sia affatto un privilegio, bensì una garanzia. Il capo dello Stato ha fatto presente che anche le esigenze dei cittadini devono essere soddisfatte ”coniugando equità e tempestività”. Il ”gravissimo colpo di mano”, per dirla con la Dem Donatella Ferranti, ha fatto virare repentinamente la giornata politica verso il caos, con Matteo Renzi che, impegnato nella mission orientale, ha trattenuto a stento l’arrabbiatura. Quel che è filtrato dalla lontana Pechino è una sdrammatizzazione (”è una tempesta in un bicchiere d’acqua” avrebbe detto ai suoi) da parte del premier per il quale si potrà rapidamente cambiare verso a quella norma al Senato dove è ora approdata la legge comunitaria. Ma il presidente del Consiglio non mancherà di certo l’occasione, sabato prossimo all’assemblea del partito, per stringere i ranghi, e inchiodare il partito alle sue responsabilità che sono direttamente proporzionali a quel 41 % uscito dalle urne che – ha già avvisato – non consente ”cincischiamenti” pena la ”morte”. Rabbia su rabbia, dunque, perché dietro quel voto c’è un drappello Pd di franchi tiratori forse in combutta con i ”gattopardi” (come li definisce angelo Rughetti).

Il risultato, come si è visto è una miscela esplosiva, che ha generato il cortocircuito tra Governo e toghe con il Pd a fare da cuscinetto garantendo che quella norma anomala verrà cancellata e non sarà quindi una ”clava contro le inchieste”. In questo modo – ha attaccato infatti l’Anm – si ”indebolisce l’azione dei giudici impegnati nella lotta alla corruzione”, si finisce cioè con il ”condizionare” le toghe con una ”forza intimidatoria”.

Altrettanto allarmato il vicepresidente del Csm Michele Vietti che ha fatto scudo al principio dell’indipendenza delle toghe. Preoccupata anche Magistratura Democratica. Ma dal Pd si sono subito precipitati a inviare segnali rassicuranti alla magistratura. ”Alla Camera è stato commesso un errore – è il leitmotiv Dem – che verrà sanato rapidamente a palazzo Madama”. Sconsolato il ministro della Giustizia Andrea Orlando: indiscutibilmente ”è un pasticcio che non aiuta”. Un pasticcio che ha mandato in brodo di giuggiole i 5 stelle felici di aver ”portato alla luce la spaccatura nel Pd”, ma che al Senato – come ha annunciato il capogruppo Maurizio Buccarella – voteranno in modo compatto contro quella norma. Strafelici gli azzurri che hanno coronato (per via indiretta) il sogno di una vita (toghe alla sbarra). ”Caduto il tabù”, ha esultato tra gli altri Simone Baldelli, ”ora chi sbaglia paga”, gli ha fatto eco Anna Maria Bernini.

ANSA

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